È il 1914 quando Edgar Rice Burroughs, ormai un autore “emergente” di successo grazie al doppio whammy di A Princess of Mars e Tarzan of the Apes, decide di ampliare il proprio catalogo costruendo un nuovo ciclo di romanzi.
Se il ciclo di Tarzan esplora il Continente Nero e John Carter si proietta verso l’esterno fino ad arrivare su Marte, il nuovo eroe di Burroughs, David Innes, ha una destinazione piuttosto diversa e inaspettata.
David Innes và… dentro.
L’idea che la Terra sia cava, ed ospiti al proprio centro una massa fiammeggiante che illumina la superficie interna della sfera come un sole, non è farina del sacco di Burroughs.
Frutto di mal digerite ipotesi geologiche e pseudoscienza diversa, l’ipotesi della Terra Cava è stata, alla fine dell’800, il cavallo di battaglia di un gentiluomo di nome Cyrus Teed, alias Koresh, che in una serie di pamphlet piuttosto divertenti (e completamente dementi) è arrivato a ipotizzare che non solo la Terra sia cava, ma noi si viva sulla superficie interna, che Copernico, Keplero e Galileo non abbiano capito nulla, e che lo spazio che vediamo quando alziamo gli occhi al cielo sia in effetti una sfera solida, che ci pare quel che è per una specie di illusione ottica.
Solo Cyrus Teed ed i suoi seguaci, naturalmente, hanno capito la verità*.
Burroughs conosce bene le teorie di Teed (ha insegnato geografia nel periodo in cui erano maggiormente popolari), e quindi, perché no?
Ecco allora che nel primo volume della nuova serie, At the Earth’s Core, il giovane David Innes partecipa ad un esperimento – del quale è anche principale finanziatore: il professor Abner Perry ha progettato e costruito (coi soldi di Innes) una colossale trivella autopropulsa, The Prospector, una sorta di talpa meccanica che dovrebbe rivoluzionare l’industria mineraria.
Ma durante il collaudo la macchina sfugge al controllo, e dopo un ottovolante attraverso la crosta terrestre, deposita i suoi due passeggeri… beh, al Centro della Terra (il romanzo si intitola così, ci sarà un motivo).

Noto ai suoi abitanti come Pellucidar, il mondo interiore è popolato di creature primitive, di dinosauri e mastodonti, di bande di umani retrogradi, e di una pericolosa razza di pterodattili telepatici che tiranneggiano ogni altra forma di vita.
Starà a Innes – classico eroe Burroughsiano – e al suo improbabile sidekick Perry, affrontare la minaccia rettiliana, portare la pace e la libertà agli umani oppressi, e magari trovare la via per tornare alla superficie.
La struttura, è quella classica della narrativa di Edgar Rice Burroughs, un modello strutturale che appare inaffondabile a un secolo di distanza dalla sua prima comparsa – narrazione in prima persona (spesso direttamente all’autore, in veste di disorientato testimone), capitoli costruiti su sorpresa, azione e un cliffhanger che trascina il lettore nel capitolo successivo.
Paesaggi esotici.
Bestie feroci.
Eroi molto eroici.
Donne bellissime.
Malvagi al di là di ogni redenzione.
Funziona.
Nell’arco dei cinquant’anni successivi, Burroughs scriverà altri sei romanzi nella serie: Pellucidar (1915), Tanar of Pellucidar (1929), Tarzan at the Earth’s Core (1929), Back to the Stone Age (1937), Land of Terror (1944) e Savage Pellucidar (1963).
Nei diversi volumi, altri eroi si alterneranno a Innes nell’esplorazione di Pellucidar – e non manca, come si può vedere, un crossover con la serie di Tarzan.
I romanzi di Pellucidar sono meno popolari di quelli di John Carter e di Tarzan – nonostante il primo titolo del ciclo abbia avuto una trasposizione filmica negli anni ’70, col solito Doug McClure – ma costituiscono comunque una lettura divertente.
David Innes è meno monolitico di Carter o Tarzan, e la figura di Perry offre all’autore americano un utile contrappunto comico.
In effetti, ho letto Pellucidar (l’edizione Signet riprodotta qui sopra è sul mio scaffale) in parallelo con John Carter e – forse per motivi che sarebbero col tempo diventati professionali – ho trovato la lettura particolarmente congeniale.
Le storie sono invecchiate relativamente bene – anche grazie al fatto che la premessa è a tal punto scollata dalla realtà (con buona pace di Cyrus Teed), che qualunque critica di tipo pseudoscientifico sulla maggiore o minore credibilità o “dignità scientifica” delle storie sarebbe semplicemente patetica.
Si tratta di fantasy, di ottimo fantasy, ben scritto, e che fila come un diretto, popolato di personaggi divertenti e costellato di colpi di scena.
Non li fanno più così – o per lo meno, ne fanno maledettamente di meno**.
Per chi fosse interessato – a parte le sontuosissime ristampe della Bison Books/Università del Nebraska, i testi sono reperibili gratuitamente tramite le pagine del Progetto Gutenberg e del Progetto Gutenbeg d’Australia.
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* Sì, potrebbe essere un0idea interessante fare un post su Cyrus Teed ed i suoi seguaci.
Fondarono anche una città…
** Non manca naturalmente un ciclo di competenti pastiches prodotti dal solito Lin Carter, e dei quali ho parlato altrove.
Ed un improbabile fumetto, Tarzan vs Predator at the Earth’s Core, che mantiene tutto ciò che il titolo promette.