strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Il KaravanCast

Il mio produttore1 mi suggerisce di segnalare il nuovo episodio del KaravanCast anche qui su strategie

“Ma è in inglese.”
“Chettefrega, facessi anche due ascoltatori in più, son due ascoltatori in più.”

E chi sono io per contraddire il mio produttore?

Perciò ecco qua, il secondo episodio del KaravanCast è online, e per chi fosse curioso, potrete sentirmi parlare a vanvera di un misconosciuto romanzo di Edgar Rice Burroughs intitolato Beyond Thirty.
Ma anche di storia, di Randy Newman, di Doug McClure, del film Things to Come e di Glass Houses, in uno squallido tentativo di autopromozione.

thelostcontinentedgarriceburroughs565Link Utili

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  1. che poi sarebbe mio fratello, che è quello in che ha esperienza in ambito musicale e radiofonico. 


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Il meme dell’egiziana Amenartas

H. Rider Haggard

H. Rider Haggard (Photo credit: Wikipedia)

Passerò il weekend a rivedere un pezzo che spero di consegnare all’editor per il prossimo finesettimana – un bell’articolone sulle razze perdute della narrativa avventurosa, ed in particolare sulle regine che le governano.

Sarà un weekend in compagnia di Ayesha e di La di Opar.
All’ombra lunga, molto lunga, di Henry Rider Haggard.

Rispetto a molti altri autori del genere lost race, Rider Haggard aveva un vantaggio sostanziale – lui l’epica coloniale l’aveva vissuta davvero.

Era stato in Sud Africa, aveva servito come segretario del governatore del Natal, aveva issato personalmente la bandiera inglese su Pretoria all’atto dell’annessione del Transvaal.
Forse per questo le narrative coloniali di Rider Haggard mostrano una vena di disillusione e di pessimismo che non si trova, per dire, in Conan Doyle o, men che meno, in Burroughs.
C’è una simpatia autentica per “i nativi” che disinnesca molti dei borbottii dei moderni commentatori. Continua a leggere


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Un vicolo cieco creativo

Action_Comics_1È agli atti la mia opinione riguardo alla fanfiction – un buon esercizio di scrittura, che di solito cessa di avere una qualche utilità pratica attorno ai quattordici anni.
Dopo i quattordici anni è un vicolo cieco creativo.

Ora, mi viene segnalato un post nel quale viene presentata la seguente tesi

“La fan fiction è un modo in cui la cultura ripara i danni causati in un sistema in cui i miti contemporanei appartengono ad aziende invece che al popolo” (“Fan fiction is a way of the culture repairing the damage done in a system where contemporary myths are owned by corporations instead of by the folk.”)

Il post – che è breve, e trovate qui – è di una “persona che non sopporta le beghe idiote di copyright hollywoodiane su chi possiede cosa del costume di Superman“.

Ecco, è la cosa di Superman, che mi ricorda un dettaglio interessante.
Interessante abbastanza da farci un pork chop express.
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Perché scrivere fantasy?

La settimana passata il mio amico Gianluca, sul suo blog Nella Mente di Redrum, ha fatto un pezzo divertente su come NON si scrive un fantasy.
Ampiamente condivisibile, andate a leggerlo.

Fatto?
Bene, il pezzo di Gianluca mi ha fatto venire in mente che vediamo molto spesso in circolazione articoli – o interi libri – sul COME si possa scrivere un fantasy, ma maledettamente pochi articoli sul PERCHÉ si debba scrivere un fantasy.

Il che è curioso, non credete?
Perché sedersi alla tastiera e inventarsi una storia con certi specifici elementi?
Perché le creature immaginarie, la storia controfattuale, la distorsione delle leggi naturali…?
Perché?

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Nella Terra Cava con Aaron Allston

Aaron Allston at the Deadbacks wrap party, Aus...

Se ne è andato ieri, all’età di soli 53 anni, Aaron Allston – autore di fantascienza e creatore di giochi.
Non lo conoscevo di persona – forse ci scambiammo due parole su qualche forum, anni or sono – ma è stato per anni uno dei miei punti di riferimento nel campo del gioco di ruolo.
Verso Allston sentivo una affinità dovuta a interessi condivisi – non era solo un autore di giochi e di fantascienza, ma aveva una dichiarata passione per il genere pulp e per le vecchie avventure delle riviste.

Ho parlato altrove del suo romanzo Doc Sidhe, una curiosa miscela di fantasy e hero pulp, un omaggio al classico Doc Savage, ma filtrato attraverso certi elementi tipici di Dungeons & Dragons. Continua a leggere


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Shambleau

clmooreshambleauMi son trovato a parlare di Shambleau, ieri.
Il discorso ruotava attorno a come, in mano ad un autore o ad un regista capace, anche la storia d’amore fra il vampiro e l’umano, fra il predatore e la preda, possa avere degli sviluppi interessanti.
Il che è vero.
Certo, resta sempre il fatto che un vampiro che s’innamori di un essere umano è un po’ come un essere umano che si innamori di un quarto di bue (o di un orto, se preferite un paragone vegetariano).
Ma in effetti, per quanto un’idea possa essere stramba, un buon autore può certamente cavarci qualcosa di buono.
Lo fece P.J. Farmer con The Lovers, giusto?
La storia d’amore fra un umano e un insetto che imita la forma umana, un mimetismo con fini predatori.
Erano gli anni ’60.
Ma prima ancora, non aveva perfettamente sviluppato ed esaurito il tema C.L. Moore, con Shambleau?

E qui devo fermarmi.
Perché per me, a questo punto, mettere giù un po’ di mie idee sul racconto di C.L. Moore sarebbe abbastanza immediato.
Ma viene fuori, chiacchierando, che un sacco di gente non ha letto Shambleau.
Che per me è incredibile.
In primis, perché è certamente uno dei dieci, dodici racconti fondamentali per lo sviluppo del fantastico moderno, e poi perché è un classico dei classici.
Io lo conoscevo e desideravo leggerlo prima ancora che lo la Nord, nella Fantacollana, ne facesse uscire una versione in italiano, tanta era la sua risonanza in articoli e saggi sul fantastico.
Ma come, non avete mai letto Shambleau?!

Però è un fatto innegabile, molti là fuori non l’hanno letto (ma cosa vivono a fare?)
Per cui io ora mi fermo e vi dico – qui c’è il link dal quale scaricare legalmente una copia della storia, in inglese.
Non leggete questo post.
Leggete Shambleau.

Poi, casomai, leggete questo post.
Che da qui in avanti contiene S P O I L E R.
Siete stati avvisati.
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In gita a Pellucidar

n4285È il 1914 quando Edgar Rice Burroughs, ormai un autore “emergente” di successo grazie al doppio whammy di A Princess of Mars e Tarzan of the Apes, decide di ampliare il proprio catalogo costruendo un nuovo ciclo di romanzi.
Se il ciclo di Tarzan esplora il Continente Nero e John Carter si proietta verso l’esterno fino ad arrivare su Marte, il nuovo eroe di Burroughs, David Innes, ha una destinazione piuttosto diversa e inaspettata.
David Innes và… dentro.

L’idea che la Terra sia cava, ed ospiti al proprio centro una massa fiammeggiante che illumina la superficie interna della sfera come un sole, non è farina del sacco di Burroughs.
koreshanityFrutto di mal digerite ipotesi geologiche e pseudoscienza diversa, l’ipotesi della Terra Cava è stata, alla fine dell’800, il cavallo di battaglia di un gentiluomo di nome Cyrus Teed, alias Koresh, che in una serie di pamphlet piuttosto divertenti (e completamente dementi) è arrivato a ipotizzare che non solo la Terra sia cava, ma noi si viva sulla superficie interna, che Copernico, Keplero e Galileo non abbiano capito nulla, e che lo spazio che vediamo quando alziamo gli occhi al cielo sia in effetti una sfera solida, che ci pare quel che è per una specie di illusione ottica.
Solo Cyrus Teed ed i suoi seguaci, naturalmente, hanno capito la verità*.
Burroughs conosce bene le teorie di Teed (ha insegnato geografia nel periodo in cui erano maggiormente popolari), e quindi, perché no?

Ecco allora che nel primo volume della nuova serie, At the Earth’s Core, il giovane David Innes partecipa ad un esperimento – del quale è anche principale finanziatore: il professor Abner Perry ha progettato e costruito (coi soldi di Innes) una colossale trivella autopropulsa, The Prospector, una sorta di talpa meccanica che dovrebbe rivoluzionare l’industria mineraria.
Ma durante il collaudo la macchina sfugge al controllo, e dopo un ottovolante attraverso la crosta terrestre, deposita i suoi due passeggeri… beh, al Centro della Terra (il romanzo si intitola così, ci sarà un motivo).

aecivie

Noto ai suoi abitanti come Pellucidar, il mondo interiore è popolato di creature primitive, di dinosauri e mastodonti, di bande di umani retrogradi, e di una pericolosa razza di pterodattili telepatici che tiranneggiano ogni altra forma di vita.
Starà a Innes – classico eroe Burroughsiano – e al suo improbabile sidekick Perry, affrontare la minaccia rettiliana, portare la pace e la libertà agli umani oppressi, e magari trovare la via per tornare alla superficie.

At-the-Earths-CoreLa struttura, è quella classica della narrativa di Edgar Rice Burroughs, un modello strutturale che appare inaffondabile a un secolo di distanza dalla sua prima comparsa – narrazione in prima persona (spesso direttamente all’autore, in veste di disorientato testimone), capitoli costruiti su sorpresa, azione e un cliffhanger che trascina il lettore nel capitolo successivo.
Paesaggi esotici.
Bestie feroci.
Eroi molto eroici.
Donne bellissime.
Malvagi al di là di ogni redenzione.
Funziona.

Nell’arco dei cinquant’anni successivi, Burroughs scriverà altri sei romanzi nella serie: Pellucidar (1915), Tanar of Pellucidar (1929), Tarzan at the Earth’s Core (1929), Back to the Stone Age (1937), Land of Terror (1944) e Savage Pellucidar (1963).
Nei diversi volumi, altri eroi si alterneranno a Innes nell’esplorazione di Pellucidar – e non manca, come si può vedere, un crossover con la serie di Tarzan.

tumblr_mekz4rGBKG1qzr8nao1_500I romanzi di Pellucidar sono meno popolari di quelli di John Carter e di Tarzan – nonostante il primo titolo del ciclo abbia avuto una trasposizione filmica negli anni ’70, col solito Doug McClure – ma costituiscono comunque una lettura divertente.
David Innes è meno monolitico di Carter o Tarzan, e la figura di Perry offre all’autore americano un utile contrappunto comico.

In effetti, ho letto Pellucidar (l’edizione Signet riprodotta qui sopra è sul mio scaffale) in parallelo con John Carter e – forse per motivi che sarebbero col tempo diventati professionali – ho trovato la lettura particolarmente congeniale.
Le storie sono invecchiate relativamente bene – anche grazie al fatto che la premessa è a tal punto scollata dalla realtà (con buona pace di Cyrus Teed), che qualunque critica di tipo pseudoscientifico sulla maggiore o minore credibilità o “dignità scientifica” delle storie sarebbe semplicemente patetica.
Si tratta di fantasy, di ottimo fantasy, ben scritto, e che fila come un diretto, popolato di personaggi divertenti e costellato di colpi di scena.
Non li fanno più così – o per lo meno, ne fanno maledettamente di meno**.

Per chi fosse interessato – a parte le sontuosissime ristampe della Bison Books/Università del Nebraska, i testi sono reperibili gratuitamente tramite le pagine del Progetto Gutenberg e del Progetto Gutenbeg d’Australia.

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* Sì, potrebbe essere un0idea interessante fare un post su Cyrus Teed ed i suoi seguaci.
Fondarono anche una città…

** Non manca naturalmente un ciclo di competenti pastiches prodotti dal solito Lin Carter, e dei quali ho parlato altrove.
Ed un improbabile fumetto, Tarzan vs Predator at the Earth’s Core, che mantiene tutto ciò che il titolo promette.


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Vacanze su Callisto

jondarofcallistokenkellyCresciuto fra le città minerarie e i cantieri, veterano di decine di campagne umanitarie, inarruolabile per via di problemi con la sua nazionalità incerta, John Dark pilota un’eliambulanza nei cieli del Sud Est asiatico durante il conflitto del Vietnam.
Abbattuto sulla giungla, Dark si rifugia fra i resti misteriosi di una antica città-tempio Khmer.
Qui, è testimone di uno strano fenomeno, e da questo viene trasportato… altrove.
Solo, su un pianeta misterioso popolato di una flora ed una fauna ostili, John Dark dovrà imparare a cavarsela da solo.
Non sarà difficile, osservando il pianeta gigante e striato che si staglia nel cielo, stabilire che questo non è un pianeta sperduto in qualche lontano sistema solare – questa è una luna di Giove.
Questo è Callisto.
Ribattezzato Jandar dagli indigeni incapaci di pronunciare il suo nome, il pilota americano dovrà affrontare orde di pirati dei cieli, intrighi politici, orrori non umani, e conquistarsi il rispetto di un popolo guerriero.

E naturalmente c’è anche una bella principessa aliena. Continua a leggere