strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Scrittori ed Editor

Io ho un amico che si chiama Germano Hell Greco che fa l’editor.
Non il correttore di bozze, non il cacciatore di refusi.
Non quello che va su Facebook a raccontare stizzito quanto sono presuntuosi gli autori che edita e che neanche sanno l’italiano.
Non quello che dice che gli scrittori sono capre, e la qualità è tutta merito suo.
Non fa il pavone.
Germano fa l’editor.

editor

Che per il mercato nazionale è una figura misteriosa, ma che per chi scrive è come il confessore. È la persona alla quale affidiamo ciò che abbiamos critto, e lui lo sistema.
Trova le scemenze.
Elimina le brutture.
Suggerisce modifiche per rendere la storia più robusta, più veloce, più incisiva, migliore.
Come una canzone dei Daft Punk.

Se scriviamo, trovare un buon editor è la cosa migliore che ci possa capitare.
Io sono stato fortunato. Ho avuto degli ottimi editor.
Ne ho anche incontrati di pessimi? Certamente.
Ma quelli si lasciano alle spalle, e ci si tiene stretti quelli buoni.
Il rapporto di fiducia fra autore ed editor è assolutamente sacro.

Ma notoriamente io sono una persona senza vergogna, che scrive in pubblico davanti a tutti, per cui se ne parlava, con Germano, del fatto che la maggior parte delle persone pensa che un editor sia quello che elimina le d eufoniche e converte le miglia in chilometri, e ci si domandava come fare a far capire com’è veramente.
Quanto vale veramente.

La risposta?
Farlo in pubblico.

Per cui eccoci qui – stiamo ancora cercando una data che vada bene per entrambi, ma ciò che abbiamo in mente di fare è questo: io scriverò un racconto in una serata, usando Google Documents, e condividendo il link come ho fatto in passato, in modo che tutti possano guardare.
E poi passerò la palla a Germano, che editerà la storia, e ancora una volta il link sarà pubblico, e tutti potranno vedere cosa succede.

Per data e oram vi farò sapere quanto prima.


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Scrivere per un pubblico di idioti

La cosa è cominciata ieri con il post comparso su Plutonia Experiment, nel quale Alex Girola si chiedeva se il lettore debba essere coccolato o ammaestrato.
Se non l’avete visto, fateci un salto.

Fatto?
Ok.
Io cambio domanda – e se il lettore ci limitassimo a rispettarlo?

Monty-Python-Holy-Grail

Discutiamone.

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Come siamo cambiati

Questo post nasce dalla collisione di due discussioni fatte in due ambiti differenti, qui nel Blocco C della blogsfera.
Riguiardo alla scrittura – tanto per cambiare – ma non nel solito modo.
Per cui avevo pensato di farci un post, ma in realtà ne farò due.
Perché è vero che le idee mi vengono dallo sfregare insieme quelle due discussioni, e ricavandone qualche scintilla, ma rimangono due ambiti separati.
Complicato?
Non quanto sembra.

Beatles_Evolution_by_acantarelaIl primo di qesti due post lo state leggendo, e si intitola, Come siamo cambiati.

L’idea (che poi resta sempre da verificare, ma teniamola per buona) è che ai vecchi tempi l’autore era quella persona che si faceva venire un’idea (non importa come) o tre, e poi ci scriveva una storia (non importa di quale lunghezza), che poi spediva a un’altra persona, e questa persona faceva il suo lavoro.
Se quella persona era un agente, allora si dava da fare per trovare un editore interessato a comperare l’opera dell’autore, e veniva compensato per ilsuo lavoro con una percentuale sulla cifra intascata dall’autore.
Se quella persona era un editor, allora si dava da fare per verificare che il lavoro fosse conforme allo standard (quale che fosse quello standard) e decideva se acquistarla o meno in vista della pubblicazione.
Bello liscio.
Intanto l’autore ripeteva il procedimento da capo – idee, storia, spedizione, (dita incrociate), pagamento.

Insomma – nei tempi antichi l’autore faceva l’autore.
Poi magari aveva un secondo lavoro (magari faceva l’agente, o l’editor), ma quando faceva l’autore, faceva l’autore e basta.

Oggi le cose sono cambiate. Continua a leggere


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Il rituale

Cerchiamo di sgranchire i muscoli del freelance.
Il ritornello ormai lo sapete – borsa di studio agli sgoccioli, si torna a battere le vecchie strade in cerca di un piccolo introito mentre i CV viaggiano alla volta di altri lidi.

Chissà perché se cerco “Freelance Writer” in Google, trovo un sacco di giovani donne piacenti col laptop…

Io scrivo.
Nel mio paese questa viene considerata una curiosa eccentricità, una pratica sciocca che dovrei comunque svolgere gratuitamente per il godimento del mio colto pubblico.
Se poi vuoi mangiare, trovati un lavoro vero (qualunque cosa sia).
Ma nel resto dell’universo non è così – scrivere è un lavoro, e il lavoro si paga.
Magari poco.
Magari con tempi lunghi.
Ma si paga.

La conseguenza è ovvia – si lavora per l’estero.
Più possibilità.
Più mercati.
Più lettori.
Più rispetto.
Più quattrini.

Per scrivere come freelance esistono delle regole.
Diavolo, esistono – in inglese – dei manuali.
Gli anglosassoni hanno un manuale per tutto.
Ne ho letti un paio o due.
Le regole, come sempre, non sono scolpite nel basalto trachitico.
L’elasticità è utile.

La procedura è piuttosto semplice. Continua a leggere