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ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Lo strano caso dello scrittore resuscitato

E così lo hanno fatto.
La Hyperion Books ha annunciato la imminente uscita di …And Another Thing, sesto romanzo nella trilogia della Guida Galattica per Autostoppisti.
Come forse anche i più distratti ricorderanno, Douglas Adams, autore della serie originale di programi radiofonici e poi dei romanzi di Guida Galattica, è scomparso nel 2001, all’età di 49 anni.
Avendo scoperto – probabilmente – da una parte l’alta probabilità di fare una carrettata di danari pubblicando un nuovo volume della serie, e dall’altra la scarsissima probabilità che Adams si decidesse a scriverlo, i vamp… ehm, i dirigenti editoriali della Hyperion hanno affidato la stesura del nuovo titolo a Eoin Colfer, autore della fortunata serie (si dice così?) di Artemis Fowl.
Che non è proprio il massimo, come pedigree.
Riuscirà lo scrittore irlandese a catturare la miscela di arguzia, profonda comprensione della scienza, malinconia e compassione che caratterizzava gli scritti di Adams?

D’altra parte, la resurrezione di autori morti in “sequel ufficiali” e altre sciocchezze è piuttosto lunga e piuttosto nutrita – e sempre di natura abbastanza dubbia.
A partire dal 1977, quando fece uscire il Silmarillion affidando al canadese Guy Gavriel Kay la riorganizzazione di materiale sfuso dagli archivi del padre, Christopher Tolkien ha dato alle stampe praticamente ogni pezzo di carta trovato nello studio di J.R.R. Tolkien – dai raccont perduti e ritrovati (e meglio sarebbe stato se fossero rimasti perduti, a detta di molti), ai dodici volumi della Storia della Terra di Mezzo, al recente I Figli di Hurin.
Nel frattempo, Guy Gavriel Key è cresciuto ed è diventato un solido autore di fantasy – ma non è Tolkien.
Nè ci interesserebbe se fosse una semplice copia carbone del defunto Inkling.
A noi interessano opere originali, giusto?

Dall’altra parte dell’atlantico, il figlio di Frank Herbert, complice Kevin J. Anderson (autore meglio noto come il maggior collezionista al mondo di memorabilia di Guerre Stellari) ha dato finora alle stampe otto volumi di “prequel” e “sequel” ai sei volumi originali del ciclo di Dune – con altri quattro in lavorazione. Tutti, ipoteticamente, basati su appunti di pugno di Herbert padre (che evidentemente anziché scrivere romanzi accumulava appunti per i tempi di magra e per garantire lunga vita e prosperità al figliolo).

Però…
Nel 1998, Robin Wayne Bailey  pubblicò Swords against the Shadowland, volume sulle avventure di Fafhrd e del Gray Mouser basato sui lavori di Fritz Leiber (che rimane citato incopertina come “designer”), e che venne giudicato uno dei sette migliori romanzi fantasy pubblicati nel 1998 – il volume, da tempo introvabile, verrà ristampato prossimamente, in concomitanza con l’uscita di Swords in the Storm, ulteriore aggiunta alla serie.

E che dire degli apocrifi di Conan e di tutto l’opus Howardiano, i sequel di romanzi di Verne e Conan Doyle, di Tarzan, di Marlowe (a qualcuno è piaciuto Poodle Springs?)…
Dove tracciare la linea di demarcazione, quindi, fra bieca operazione commerciale e valido contributo al genere?

È da anni oggetto di ironie e sberleffi il fatto che L. Ron Hubbard abbia pubblicato di più da morto che da vivo – ma d’altra parte, Hubbard, fondatore della Scientologia, aveva sempre sostenuto di possedere poteri semidivini.

Di sicuro, è già difficile competere con la concorrenza dei vivi.
Se anche i morti continuano ad occupare le rispettive nicchie, tempi duri si prospettano per i giovani autori.