I Big Dumb Objects sono un classico della fantascienza, fin dai tempi de La Sfinge dei Ghiacci di Verne.
Artefatti miosteriosi, costellano la narrativa d’immaginazione per svolgervi sostanzialmentedue funzione:
meravigliarci suggerendo tecnologie, psicologie, e storie al di là della nostra immaginazione
fornire un opportuno fuoco dell’azione per i protagonisti del romanzo
I Big Dumb Objects sono un caposaldo della fantascienza degli anni doro – costellano i paesaggi marziani e le rovine di Skaith, si annidano nelle giungle si pianeti in orbita attorno a stelle morenti, rimpiazzano mondi interi.
Pochi autori hanno resistito al fascino del Big Dumb Object.
Arthur C. Clarke ci ha proposto Rama.
Kim Stanley Robinson il suo Icehenge.
Il mondo degli Orthe di Mary Gentle è un campionario di BDO.
The Stonehenmge Gate, penultimo lavoro del compianto Jack Williamson è una collezione di BDO.
Persino l’insospettabile Fritz Leiber piazza un colossale BDO in orbita attorno alla terra – il vagabondo che dà il titolo a The Wanderer.
Larry Niven ha alzato la posta con Ringworld.
Helix, di Eric Brown, è una variante sul tema di Ringworld.
La trama, in brevissimo – una nave in fuga da una terra compromessa a livello terminale dall’inquinamento e dal collasso sociale, esplode e si schianta nel sistema Ofiuco.
I sei membri dell’equipaggio di emergenza risvegliati dal sonno criogenico si ritrovano non su un pianeta alieno, ma su una concatenazione di ambienti-mondo, come un lungo rosario di mondi avvolto a spirale, come una molla, attorno alla stella del sistema.
Con alcune migliaia di profughi da sistemare e poche risorse, i nostri eroi si mettono in movimento per esplorare l’artefatto, e trovare o un ambiente abitabile, o qualcuno che dia loro una mano, muovendosi in un paesaggio nel quale spuntano .
Parallelamente, in un mondo glaciale sotto ad una perenne coltre di nubi, il progettista di dirigibili Herin si trova in una brutta, pessima situazione – il suo vascello migliore potrebbe portare alla scoperta di fatti che contraddicono l’ortodossia religiosa dominante, e procurargli una lenta agonia sotto tortura. Ma il dubbio che il suo non sia l’unico mondo, e la sua specie l’unica specie, è forte…
Brown palleggia abilmente le due linee narrative – la storia di sopravvivenza dei terrestri e la silenziosa ribellione all’oscurantismo di Herin si fanno sempre più intimamente intrecciate, fino all’incontro/scontro fra i due gruppi.
La caratterizzazione è buona, senza avere peraltro vette sublimi, e Brown schiera una mezza dozzina di specie non umane cavandosela egregiamente nel tratteggiarne fisiologia e cultura in pochi paragrafi.
Per tutto il suo contenuto ideologico e filosofico, Helix rimane prima di tutto un bel romanzone avventuroso, con un sacco di salvataggi in extremis ed un cattivo da antologia.
Non c’è della grande scienza, ed anzi, technobabble e infodump sono ridotti al minimo.
Questo significa che – dovendosi confrontare con alcuni autori contemporanei nel settore space opera – Brown risulta forse un po’ light.
Non è Schroeder, non è Vinge, insomma.
Ma ha scritto un buon romanzo, che si legge con piacere e tutto d’un fiato, e che se lascia alla fine il suo più colossale BDO sullo sfondo, ci lascia per lo meno con l’ipotesi di un seguito, o comunque una seconda visita.
Non un romanzo che possa cambiare il volto della fantascienza, ma certo uno che mi ricorda il divertimento di quando ho iniziato a leggerla, tanti anni or sono.
=-=-=-=-=
Powered by Blogilo
44.800928
8.410531