strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Sono arrivato in fondo alla scala

Oh, and there we were all in one place
A generation lost in space
With no time left to start again

Don McLean

Domani è il venti di luglio 2019. A meno che non siate molto distratti, vi sarà capitato di sentire da qualche parte che è il cinquantenario del primo allunaggio umano sulla luna.
Venti di luglio 1969, Apollo 11. Cinquant’anni fa.
Ci saranno molte celebrazioni, molte commemorazioni.
Io però vorrei cominciare da una data diversa.
Io vorrei cominciare dal 2 di novembre del 2000.

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WTF, Tim O’Reilly e il lavoro

tim_oreillyRiprendiamo le trasmissioni con l’anno nuovo.
E cominciamo a parlare del futuro, vale a dire degli ultimi cinque anni.
Ho trascorso la giornata della Befana ascoltando vecchi dischi, pianificando un paio di esperimenti in porogramma per i prossimni giorni, e leggendo What’s the Future of Work? di Tim O’Reilly.
Il sottotitolo Esplorando la trasformazione economica avviata da software e connettività è abbastanza chiaro: il libro di O’reilly guarda a come nuovi modi di organizzare, amministrare e coordinare il lavoro abbiano inciso sull’economia e sulla vita degli individui, e come questo impatto si espanderà nel futuro.

“My grandfather wouldn’t recognize what I do as work.”

Per chi se lo fosse perso, Tim O’Reilly è il fondatore della O’Reilly Media, quelli che pubblicano tutti quei manuali tecnici e libri di informatica. O’Reilly è anche l’organizzatore di un certo numero di conferenze annuali sullo stato dell’arte della tecnologia e dell’economia e si occupa in particolare di tenere d’occhio gli alpha geek, vale a dire quelle persone che, sviluppando o adottando per prime nuove tecnologie e soluzioni, fanno da apripista per gli sviluppi a venire.
Mica robetta. Continua a leggere


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Non oscurità, ma ignoranza

Madman, thou errest. I say, there is no darkness but ignorance, in which thou art more puzzled than the Egyptians in their fog.
(William Shakespeare, Twelfth Night, Atto II, scena IV, pagina 3)

Ho appena letto un lungo, interessante articolo che descrivevsa internet come la distopia terminale – il trionfo, in termini cyberpunk, delle megacorporazioni, la riduzione dell’individuo a utente, consumatore di servizi, produttore di dati, entità infinitamente manipolabile.

L’articolo, se vi interessa, lo trovate qui, ed è molto ben scritto, molto ben argomentato.
Ed è, a mio parere e tutto questo genere di cose, un elemento perfettamente integrato di quella situazione che va a descrivere – un vettore memetico, se volete, della distopia che ci presenta.

Il segnale, sempre a mio parere, si ritrova proprio nel riferimento al cyberpunk.
E davvero è indubbio che noi si stia vivendo una fase molto molto simile ad una versione molto molto squallida dei peggiori incubi del cyberpunk. Leggo quotidianamente sul giornale notizie che sono trascrizioni quasi letterali delle partite giocate a Cyberpunk 2020 negli anni ’90.

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Ma…
Lo sapevate che stava per arrivare un “Ma”, vero? Continua a leggere


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Birra a un euro

Urbino non sa decidere se spennare i turisti o mungere gli studenti – e nel dubbio, prova a gfare entrambe le cose.
Ma i tempi stanno cambiando.
La pizza margherita è il piatto più frequentemente ordinato in pizzeria, insieme con una birra piccola o una minerale grande.
E non c’è una ressa particolare, nelle pizzerie – al punto che quando l’affamato solitario entra ed ordina, immancabilmente, una margherita e una minerale, il personale, specie nelle cucine, reagisce stizzito – come se fosse uno sbattimento inadeguato all’incasso.
Ed in effetti…

In compenso sono parecchi i locali che espongono il cartello “Birra a 1 euro” – ed hanno un sacco di successo.
In fondo, la birra è pane liquido – gli egizi la usavano per alimentare gli operai che lavoravano alle piramidi.
E qui la futura elite culturale del paese… bah, ok, gli elementi ai quali dovremmo dedicare il meglio delle risorse, perché a loro appartiene il futuro, questa sera salta la cena – o si prende un taglio di pizza o un kebab – e poi si scassa di bionda a un euro.

No, ok, stanotte non sono umano – ho otto ore di viaggio sul groppone, un inizio di raffreddore, e la prospettiva di altre otto ore di viaggio domani.
Sotto alla mia finestra, un gruppo di ragazze si tiene per mano, formando un anello, e canta una stonatisdsima versione corale di una canzone di Gigi D’Alessio.
Il cinema è chiuso.

E non venitemi a fare il discorso di quei cialtroni degli universitari che si fanno mantenere dal papà invece di andare a lavorare*.
Non dopo che ho incontrato i liceali, che quotidianamente si sentono dire dai propri insegnanti** che tanto non serve a nulla, che non c’è futuro.

Urbino è una città universitaria da 506 anni.
Dal 1506, a Urbino si è pensato – in un modo o nell’altro – al futuro.
Ma a quanto pare, ora il futuro non sta più qui.
C’è la birra a 1 euro.

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* Dove? A fare cosa?

** Non tutti, certamente, non tutti…


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Ventiquattresimo giorno, ventitreesima lezione

futureisjapanIl futuro è noioso.
Nel senso che – come in italiano – per i verbi in –masu il futuro è come il presente.
L’anno prossimo andrò a Tokyo = l’anno prossimo vado a Tokyo = Rainen Tokyo e kimasu.
Le cose si complicano appena appena col verbo desu – essere nel senso di identità – che per il futuro diventa ni narimasu.
Fine.
Beh, no, ok, ci sarebbe un sacco di altra roba, ma di fatto questo corso offre una grammatica semplificata, per cui può bastare questo.
Tanto che per portare la lezione al numero standard di pagine, ci sciroppiamo due paginette sulle credenze religione giapponesi e una breve introduzione al Natale e Capodanno.


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Il ritorno degli Acquanauti

Vengon fuori strane cose, mentre si cercano indirizzi ai quali spedire dei curricula…

Fu durante la seconda guerra mondiale che Jacques Cousteau cominciò a fare esperimenti con quell’aggeggio che sarebbe poi diventato l’Aqualung – l’apparato per la respirazione subacquea, non il disco dei Jethro Tull.

E tuttavia, da quei tempi gloriosi, meno persone hanno vissuto sotto la superficie del mare in insediamenti stabili, di quante abbiano visitato lo spazio oltre l’atmosfera del nostro pianeta.
Abbiamo avuto più astronauti che acquanauti.
Non che le occasioni siano mancate -a partire dagli anni ’70, una serie di progetti si sono susseguiti, nelle profondità dell’oceano, per valutare la possibilità di stabilire insediamenti stabili.
Ma non ne è venuto fuori nulla.
E se ormai abbiamo apparentemente voltato le spalle all’esplorazione ed alla colonizzazione spaziale, beh, pare che lo stesso valga per l’esplorazione e la colonizzazione subacquea.
Oh, abbiamo una gran voglia di trivellare, di raccattare i noduli di manganese, di sfruttare i giacimenti attorno ai fumatori neri del Medio Atlantico.
Ci scarichiamo molto molto volentieri i nostri rifiuti.
Ma andare a viverci?
Naaa… 

Ma non è scritto da nessuna parte che debba essere per forza così. Continua a leggere