Mi hanno chiesto perché non ho mai proposto un corso di scrittura, o scritto unmanuale a riguardo.
Sì, c’è gente che ha delle idee abbastanza strane.
La ragione per cui non ho mai fatto cose del genre – ho partecipato al vecchio corso di scrittura sponsorizzato da Acheron Books, parlando di giochi di ruolo – è che non credo di poter fare di più o di meglio di ciò che è già stato fatto.
Ho letto letteralmente dozzine i manuali, e sono tutti validi – e se nessuno di questi contiene la Verità (e se qualcuno vi dice diverso, sono sciocchi o disonesti) certamente tutti contengono qualcosa di utile.
Ho elencato altrove quelli che considero migliori – potrei aggiornare la lista.
Io direi, così, in breve … Continua a leggere →
Quindi, si diceva, l’idea era di scrivere una storia a comando, e agganciarla a una piattaforma di crowdfunding, e vedere cosa succede.
Buon compleanno.
Perciò ho chiesto ai cospiratori di darmi loro un’idea dalla quale partire per scrivere una storia.
Perché così è molto più divertente – per me e, si spera, per chi vorrà leggere.
E pensavo a quella volta che poposero ad Harlan Ellison di scrivere in una giornata una storia che doveva avere come tema la mummia atlanteana di ventimila anni incinta.
Cose che i primi dieci minuti non li passi a fissare la pagina bianca, li passi a domandarti ma che diamine…
Però è divertente. Continua a leggere →
non deve essere rivolta a un autore.
Gli scrittori, che in effetti non sanno da dove vengono le idee, si sentono a disagio, quando devono rispondere a simili domande e – sostiene Gaiman – diventano cattivi.
Cattivi come solo gli scrittori sanno essere.
vi prenderanno in giro e vi faranno sentire sciocchi
In effetti, Harlan Ellison sosteneva di trovare le idee per le proprie storie a Schenectady (NY), e una volta raccontò di essere iscritto al Club Dell’Idea del Mese – pagavi dieci dollari e loro ti mandavano una buona idea per una storia al mese.
Ci fu chi gli chiese l’indirizzo.
Ma se il dove trovi le tue idee è un classico, c’è un secondo classico, meno popolare, ma che tutti coloro che scrivono prima o poi hanno incontrato. Ed è quello di cui vorrei parlare oggi. Continua a leggere →
Chiedevo ieri, in maniera assolutamente retorica, alla mia amica Chiara, com’è che quando siamo sovraccarichi di lavoro, allora e solo allora ci vengono le idee migliori.
Perché succede.
A me, a lei, a un sacco di persone che conosco.
E si è giunti alla conclusione che tale è la natura delle cose*.
Quasi nelle stesse ore, mi ritrovavo invece a chiacchierare con la mia amica Marina riguardo a questo:
Che ammettiamolo, sulla carta non pare male, ma ha lasciato ad entrambi alcuni dubbi. Continua a leggere →
È incredibile il genere di cose che si scoprono cercando documentazione per le proprie storie.
Per dire – forse non tutti sanno che uno dei rischi che si corrono, a guidare lungo le strade secondarie del Canada – e soprattutto dell’Ontario – è quello di investire un orso.
Ora l’orso è il genere di animale che potrebbe non gradire la collisione – come spesso scoprono a proprie spese i motociclisti canadesi – ma che non riesce comunque ad avere la meglio su camion e SUV.
Novità: c’è un editore disposto a pagarmi per una storia, a patto che io riesca a scriverla entro il ventotto del mese, e che sia una buona storia.
Non è una cosa così straordinaria – forse la parte più straordinaria è che un editore paghi per un racconto breve.
Ma, certo, non è un editore italiano.
Se i tempi stretti sono problematici, d’altra parte ho ampia libertà per ciò che riguarda il genere, la lunghezza e la trama della mia storia.
L’importante è che la storia si adatti alla copertina dell’antologia nella quale potrebbe comparire.
Un post estemporaneo, per il pomeriggio.
Un pork chop express.
La cosa nasce da una chiacchierata fatta ieri con alcuni amici, durante l’ora d’aria, qui nel Blocco C.
Si parlava – indovinate un po’ – di scrittura, ed inparticolare di un paio di autori che ci sono particolarmente odiosi.
No, no, nessuno che conoscete.
Ed è venuto fuori qualcosa di interessante – a dimostrazione che anche dalle chiacchiere più vuote ed inutili, qualcosa di buono si può ricavare.
Ma prima, fatemi divagare un attimo.
C’è un film, una vecchia pellicola degli anni ’80, con Tom Selleck e Paulina Porizkova, intitolato Her Alibi– in Italiano, Alibi Seducente.
Si tratta della storia abbastanza sciocca di un giallista in crisi che decide di dare un alibi ad una giovane donna accusata di omicidio, nella speranza di ricavarne un’ispirazione che ravvivi la sua carriera ormai alla canna del gas.
E lei naturalmente è molto attraente.
Ora, al di là dei meriti e dei demeriti del film – che non è esattamente il massimo – ciò che mi interessa è il modo in cui viene rappresentato il processo creativo del protagonista, che siede al PC (usa un venerando Zenith laptop 8086, macchina che all’epoca costava un capitale ed era quanto più d’avanguardia si potesse immaginare) e comincia a riversare prosa orribile nel word processor, sostanzialmente dando un’aura hard boiled e pacchianissima ai propri eventi domestici.
È una scrittura orribile, chiaramente figlia di un autore che non riesce a dimenticare se stesso quando scrive.
Fa ridere.
Fa molto ridere, a tratti.
È scritto per far ridere.
E fa particolarmente ridere se mai avete conosciuto certe persone che lo fanno per davvero.
La vita imita l’arte, e tutto quel genere di cose.
Per cui torniamo al punto interessante della chiacchierata di ieri – ciò a cui pensiamo quando ci mettiamo a scrivere.
No, ok, lo so, pensiamo alla storia, ciascuno nella sua maniera diversa – e non esiste una maniera giusta o sbagliata.
No, non quello.
Prima.
Più a fondo.
È il solito discorso, in realtà, lo abbiamo già fatto.
Se mi siedo al PC pensando “Ora vi faccio vedere io!” (o peggio ancora “Ora ti faccio vedere io, <nome e cognome>!”), i risultati saranno orripilanti.
sarò ridicolo e pacchianissimo, come Tom Selleck in quel film.
Devo esserne consapevole.
Eppure ci sono quegli autori che pare di vederseli, che si siedono alla tastiera pensando
Eccomi, bello come un dio greco, pronto a illuminare le masse decerebrate dei rudi meccanici con la mia arte, la mia prosa meravigliosa, i miei concetti sublimi! Ah, come sono bello! Sono davvero bello bello bello in maniera assurda! <sospiro>
Che poi scrivano racconti, manuali di scritura o pagine di blog, cambia poco – lo sentite anche voi, quella disperata infatuiazione per se stessi si riversa sulla pagina, quel voler essere loro – e non la storia – al centro dell’attenzione dei lettori.
Fa inacidire ogni riga, ogni paragrafo.
Il fatto è che se si scrive una storia, o un post, o una lista della spesa, ciò che conta è la storia, o il post, o la lista della spesa.
Non devo scrivere pensando all’immagine che i lettori ricaveranno dell’autore.
Non devo scrivere pensando ai numeri – di battute, di pagine, di parole, di lettori, di hit.
Non devo pensare alle mie vendette o alle mie faide personali.
Non devo – e questo dovremmo averlo imparato al liceo – scrivere per far colpo su una ragazza.
Se scrivo, scrivo.
La storia è la storia, non un piedistallo per il mio ego.
Ed è dura, è durissima, perché di solito chi scrive – anche se scrive solo post su un blog o liste della spesa – ha un ego in qualche modo ingombrante.
Ecco, di questo, siamo finiti a parlare, durante l’ora d’aria di ieri nel Blocco C.
Il che, lo ammetterete anche voi, è molto zen.
E siamo giunti alla conclusione che forse la cosa migliore a cui pensare, quando ci si dispone a scrivere, è…
Il post sul decluttering di lunedì ha portato ad un curioso fraintendimento – e ad un’idea per un secondo post.
Il fraintendimento nasce dal fatto che, con alcuni amici, avevo parlato di “eliminare il ciarpame e scrivere meglio” – e molti avevano pensato che stessi preparando un post sulla scrittura.
Invece, come dicevo lunedì, l’idea è che nell’ordine e in un ambiente non affollato, si scrive meglio.
Ma poi il mio amico Marco Siena mi ha fatto notare, d’altra parte, che un pezzo su decluttering e scrittura non sarebbe stato male.
E allora, perché no?
Distinguiamo tre livelli –
l’affollamento ed il disordine nell’ambiente e negli strumenti che usiamo per scrivere.
l’affollamento e il disordine nel modo in cui affrontiamo la scrittura