Scritto, spedito, pubblicato.
Piacerà? Non piacerà?
Nel frattempo, come ha fatto chi mi ha preceduto, metto giù un po’ di note riguardo alla genesi di questo episodio, per coloro che fossero interessati.
Non sarà una cosa ordinata.
Tanto per cominciare, questo è il terzo episodio della nuova stagione.
Meglio, è solo il terzo episodio.
Ci sono altri venti autori in coda dopo di me, con le dita che prudono. Devo quindi essere ben conscio che questa non è la mia storia, ma è la loro.
E nello specifico, io sono qui per fornire loro appigli, spunti, materiale sul quale lavorare.
Il mio capitolo dovrà sollevare più domande che dare risposte.
Le risposte sono un problema altrui.
Questo significa che in questo capitolo non comparirà Rebel Yell.
Lo so, Reb è estremamente popolare, e molti lo vorrebbero vedere in scena, ma Reb è un risolutore, non un propositore.
E a questo punto nella storia bisogna proporre.
Le soluzioni (che poi per Reb sono solitamente abbastanza spicce) sono in mano ad altri autori.
È diverso il motivo per cui invece non compare Derek, alias Shock (to the System) forse l’Old Timer al quale sono più affezionato (e no, non l’avete visto granché in azione, ma dategli tempo); qui entra in gioco il mio egoismo di fondo – Derek è mio, e non intendo lasciarlo gestire da altri proprio per l’affinità che sento nei confronti del vecchio super londinese.
E poi, sarebbe stupido, e di cattivo gusto – oltre che contrario alle regole di campo – usare personaggi e situazioni comparsi in spin-off e storie con le quali il pubblico e gli altri partecipanti potrebbero non avere familiarità.
Solo un idiota farebbe una cosa del genere.
Quindi, se Old Timer dovrà essere, sarà un nuovo Old Timer, evocato apposta per Nativity.
Sarebbe bello. Continua a leggere →
Volevo l’avventura.
Andai giù in messico, e presi tutti i soldi che avevo ed acquistai un somarello, alla perifera di Mexico City, per novanta dollari. Un somarello molto piccolo.E partii in groppa al somarello, lasciando Mexico City e prendendo su per le montagne verso Cuernavaca – che è parecchio lontana. Il somarello se la cavò bene per le prime trenta miglia, ma alla fne mi resi conto che avrei cciso quella povera bestia perché era troppo piccolo. Era un piccolo bastardo minuscolo. Quando incontrai un ragazzino lungo la strada, gli diedi semplicemente il somarello, e poi feci l’autostop fino a Cuernavaca. Quando ci arrivai, cominciai a cercare altri americani – perché Cuernavaca era una specie di località turistica, all’epoca – e riuscii a trovare un lavoro in un negozio di Huarache, fabbricando sandali.
Una sera, venni invitato a questa cena a casa di qualcuno, insieme con un gruppo di altri espatriati che vivevano laggiù. Ed uno degli ospiti era questa cantante d’opera con calvizie incipiente. Era praticamente l’anima della festa, perché era molto spiritosa. Ad un certo punto, mi fissò e fece una lettura psichica a freddo. Mi disse, “Ti vedo come un soldato. Sei stato un soldato di basso grado in molte guerre diverse. Ti vedo picchiare sul portello di un carrarmato in fiamme nella Prima Guerra Mondiale, mentre cerchi di uscirne.” E poi disse, “Sei stato un soldato in ogni vita, fino a questa. Ora sei ben deciso a diventare un artista.”
Dopo quel fatto, partii per Tepotzlan, che è più su nelle montagne, affittai una stanza e cominciai a dipingere.
Not Bad, For a Human, è l’autobiografia di Lance Henriksen, scritta a quattro mani con il regista e documentarista Joseph Maddrey.
Ora se devo spiegarvi chi è Lance Henriksen, siete probabilmente sul blog sbagliato.
Ma ci proviamo lo stesso…
Ci sono domande?
L’autobiografia di Henriksen è strana (ma strana bene) fin dall’inizio – ha il formato di un albo a fumetti, una copertina spettacolare.
All’interno, oltre a poche foto essenziali, ci sono i ritratti di Henriksen ad opera di Bill Sienkiewicz, Mike Mignola, Asley Wood, Eric Powell, Tim Bradstreet, Tom Mandrake e Kelly Jones.
Si tratta di un volume autoprodotto, pubblicato dalla Alexander Henriksen Press, in collaborazione con la Bloody Pulp Books.
Ed è un libro molto molto soddisfacente.
Henriksen parla brevemente della propria infanzia, prima di partire con i ricordi dei set, delle interpretazioni, delle storie.
Scopriamo intanto che è un pittore piuttosto apprezzato, un vasaio.
Scopiamo che è stato analfabeta fino all’età di trent’anni – quando ha imparato a leggere guardando film con il copione aperto in grembo.
Scopriamo la sua passione per fantascienza e horror.
Scopro con una certa sorpresa che Lance Henriksen esordisce come “attore parlante” in Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani, nella parte di un detective della polizia che i coleghi prendono in giro perché “ha la faccia buffa”.
E non mancano le riflessioni sulla personale filosofia di vita che l’attore ha maturato nel corso degli anni.
Le 214 pagine del volume includono – oltre alle immagini già citate e alle riproduzioni di alcuni dipinti di Henriksen – anche una filmografia (ma quanti film ha fatto?!) ed una bibliografia.
Un eccellente acquisto, ed una lettura un po’ diversa dal solito – per staccare.
E poi, diversa dal solito…
Su uno scaffale qui in casa, nella mia biblioteca, ci sono due delle più divertenti e interessanti autobiografie che mi sia capitato di leggere. If Chins Could Kill, del sempre colossale Bruce Campbell. All Those Moments, di Rutger Hauer.
Beh, questo libro va a completare un terzetto ideale, e per più di un buon motivo.