David Hasselhoff sostiene di essere stato lui, il responsabile.
Circa un mese dopo la caduta del Muro, vedete, il buon David si arrampicò su un mozzicone di laterizio e intonò una canzone intitolata Looking for Freedom.
Che pare fosse parecchio popolare in entrambe le Germanie – un chiaro sintomo delle cose a venire(*).
O appena avvenute, considerando che Hasselhoff cantò la canzone dal Muro dopo la caduta del medesimo.
Comunque, lui dice di essere stato responsabile.
E vorrebbe una propria foto nel Museo del Muro, a Checkpoint Charlie.
Pork chop express, quindi, a tema storico.
Io francamente non ricordo dove mi trovassi o cosa stessi facendo la notte in cui cadde il Muro di Berlino.
Strano.
Ricordo dov’ero quando Neil Armstrong camminò sulla Luna – ero seduto sul pavimento del soggiorno a casa con i miei.
Ricordo dov’ero al momento dell’esplosione del Challenger – ero a casa di un compagno di scuola.
Ricordo dov’ero quando esplose la centrale di Cernobyl – ero a Ginevra.
E ricordo dov’ero quando crollò la prima delle due torri del World Trade Center – ero nella pasticceria Comba, a comprare la torta per il compleanno di mio fratello.
Ma della caduta del Muro… niente.

Per me, credo di averlo già detto, Berlino sarà sempre quella della guerra fredda, dei romanzi di Len Deighton, dell’agente Palmer, di Bernie Samson…
Grigia, piovosa, infestata di uomini in impermeabile.
La Berlino di oggi, quella dove mio fratello ha amici ed amiche, quella colorata e colorita, multietnica e a misura di giovane è troppo lontana dalle mie percezioni, dalle mie esperienze mediatiche.
Ne stano parlando – della caduta del Muro – in TV e per radio, con toni che mi insospettiscono.
Il 9 novembre 1989 cadde il Muro, ed il mondo non fu più lo stesso.
Indiscutibile.
Ma, meglio?
Discutiamone.
La caduta del Muro non portò pace e felicità al pianeta più di quanto avesse fatto in passato la caduta di Atlantide, della Torre di Babele o dell’Impero Romano.
Anzi – potremmo essere malvagi e revisionisti e sottolineare come la caduta del Muro abbia aperto un ventennio di diffusa, generalizzata e inesauribile guerra a bassa e media intensità.
Niente di globale, certo, niente di termonucleare.
Ma certo non perché ne manchi la volontà.
Guerre e sommosse popolari?
Ci sono.
Crisi economica rampante?
C’è.
Povertà inimmaginabile?
Presente e in buon ordine.
Epidemie?
Garantite.
La feroce, sistematica, spudorata sopraffazione dell’uomo sull’uomo?
Vorrete scherzare…
Ecco che il mondo, nella sua totalità, sembra arrivato finalmente dove da qualche anno mi trovo io a star seduto – e celebriamo con entusiasmo un evento che preannunciava grandi cose che poi non sono accadute.
Siamo stati tutti un po’ traditi.
Tenere in piedi il Muro avrebbe reso il mondo migliore?
Ne dubito.
La società, così come la storia, la fanno gli uomini, non le opere in muratura.
(*) Ritengo un ben peggior presagio delle cose a venire il fatto che negli stessi anni la canzone più popolare in Unione Sovietica fosse Rasputin dei Boney M.
Nessuno ha mai approfondito questo legame fra storia ed hit parade, credo.
E dire che l’idea che la storia la facciano le canzoni l’ho sentita, la prima volta, da Leonard Cohen…
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