strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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#ioleggoperché

d1433422f216233edfcc17fd1833fc56928b6daAllora, diciamo che celebrare la Giornata Mondiale del Libro in un paese nel quale il lettore medio legge 0,76 libri l’anno è un po’ come festeggiare la Giornata della Cucina Vegetariana in un villaggio di cannibali.

E poi c’è la faccenda dell’hastag #ioleggoperché .

Ora, io posso anche farlo un post sul perchè leggo – perché no – ma di fatto le possibilità sono due.
O siete lettori, e non serve che io vi racconti nulla.
O siete non lettori, e allora non ha importanza.

Ma stiano al gioco… #ioleggoperché… Continua a leggere


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Il miglior gioco in città – 2. Leggere

Secondo post storto in questo dittico, ispirato a discorsi fatti con persone ottime attraverso il web.
Loro ci hanno messo le buone idee.
Io le ho solo distorte e banalizzate.

I was just sweet sixteen
When I saw Saint Steven
Standing on a corner of
The street of dreams
When I needed someone
Badly to believe in
Steven was the answer to my prayer…

L’ho detto… l’ho scritto, in effetti, qualche giorno addietro su un blog qui vicino…

1) A che cosa proprio non sapete resistere?
A un buon libro. Tutto il resto passa in secondo piano.

Che è vero.
Ed è una condanna.
Una maledizione.
L’ammissione di un fallimento orribile.

E quindi ragioniamoci su – nel post precedente abbiamo visto gli inaspettati lati positivi dello scrivere.
Ora diamo una buona occhiata ai lati veramente negativi del leggere.
Buttiamo un occhio all’abisso, e lasciamo che l’abisso butti un occhio a noi.

Mia mamma, che si preoccupava che io potessi venire su un po’ strano con tutti quei libri di fantascienza. mi domandava spesso…

Ma non sarebbe meglio leggere libri che parlino della realtà?

E lei pensava a romanzi storici, a biografie…
Ed era piuttoisto difficile allora spiegare che, per dire, Dune parla molto di più della realtà di quanto non faccia, chessò, la biografia di Caterina de’ Medici.
O meglio, che la realtà come è gestita in Dune è più utile, più immediatamente fruibile, costituisce un miglior allenamento per il futuro, della biografia di una vecchia maneggiona morta da secoli.

Però c’era un nucleo di verità, in quella domanda che mi rivolgeva la mia mamma, ed il nucleo si ottiene con un semplice edit… Continua a leggere


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Due sole chiavi

Trovo questa frase pubblicata da Caitlin Rebekah Kiernan, e mi pare che centri in pieno un sacco, ma proprio un sacco di problemi.
E di soluzioni.

Se avessi un figlio – che non ho e, nel bene e nel male, non avrò mai – gli o le insegnerei questo: ci sono due cose, solo due cose che devi imparare, ed avendole imparate sarai in grado di fare qualunque cosa tu desideri. Oh. Potresti non essere in grado di guadagnarti da vivere con qualsiasi cosa tu desideri. Ma avrai i mezzi intellettuali. Impara a leggere e impara la matematica, ed il mondo potrà, in teoria, essere tuo.

Beh, lo sottoscrivo in toto.
Io ho imparato a leggere bene fin da subito.
Con la matematica è stato un po’ più complicato.
Ma senza queste due chiavi, dove sarei ora?

Che bello sarebbe poi, se ci spiegassero che la matematica e la musica sono due espressioni diverse dello stesso linguaggio!
Leggere, far di conto e suonare.

Continua a leggere


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Narrativa & Depressione (o viceversa)

… e come se non bastasse, uno studio recente ha rilevato che a leggere non si va in depressione.

Uno studo condotto su un gruppo di adolescenti riguardo all’utilizzo di sei media “classici” – film & televisione, giornali & riviste, musica, internet, libri e video games – ha prodotto dei dati piuttosto interessanti.

... che poi magari sarà un disco divertentissimo, eh. Però...

Tanto per cominciare, gli adolescenti che ascoltano prevalentemente musica – come parte della loro fruizione dei media – sono otto volte più portati alla depressione rispetto a tutti gli altri.
E, considerando la musica che circola, posso anche capire perché.

Ma la seconda parte divertente è che nessun gruppo mostra una maggiore refrattarietà alla depressione dei lettori forti.

Resta da vedere ora come interpretare il fatto che, fra i teenagers, la lettura sia in calo mentre tutti li altri media (più “depressivi”, o per lo meno, meno “antidepressivi”)  sono in crescita.
Che gli piacci essere depressi?
Che il mercato li voglia depressi, poiché esiste un legame fra depressione e “leisure spending”?

E poi torniamo a guardare al nostro povero paesello, e ci domandiamo, ma non sarà che è perché da noi non leggono a oltranza, che poi…


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Empatia e Narrativa (o viceversa)

Questa è meno che ovvia, ma sono sicuro che la capirete.

Ecco una cosa rapida per oggi – considerando che sarò off-line per gran parte della giornata, mi pare il caso di lasciarvi con qualcosa di interessante da leggere, o sul quale meditare.

Un recente articolo sembra indicare una forte correlazione fra il grado di empatia delle persone, e la loro abitudine alla lettura di narrativa.

Resta da stabilire, naturalmente, quale sia il rapporto causale.
Forse leggere narrativa accresce la capacità del lettore di percepire e comprendere le emozioni dei propri simili.
O forse, le persone più empatiche sono naturalmente attratte dalla narrativa.

Di sicuro, è una notizia interessante, che solleva interessanti problemi.
Ad esempio – non sarà che viviamo in un paese che va alla deriva, circondati da esemplari umani di serie B, cinici e squallidi, a causa della scarsissima propensione alla lettura dei nostri connazionali?
È per questo che ignoranza e intolleranza sembrano andare di pari passo attorno a noi?

C’è di che preoccuparsi.
Ma anche di che rallegrarsi.
Ancora una volta, siamo un po’ meglio di quanto credevamo.


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Ordine e Caos

Io odio il sistema scolastico che ha formato la generazione di mio padre.
Vorrei avere fra le mani quegli insegnanti – salesaiani, nel caso specifico di mio padre – per poter infliggere loro quanto di più doloroso ed umiliante io riesca ad immaginare… ed io ho una grande immaginazione, badate bene, scrivo fantascienza.
Poi, ovviamente, mi dico che riempirli di botte, continuamente e costantemente, giorno dopo giorno, per settimane, sarebbe un esercizio vuoto di violenza, e non risolverebbe i danni che questi incompetenti figli di puttana hanno commesso.
Magari anche in buona fede.

Parliamo di obbligare i mancini a scrivere con la destra a forza di botte.
Salvo poi rifiutare di correggere i loro scritti perché la grafia, scrivendo con la destra, non era abbastanza pulita.

Parliamo di sminuire ed avvilire sistematicamente ogni piccolo trionfo che un ragazzino dai sei ai dieci anni può ed anzi deve ottenere.

Parliamo di utilizzare la lettura come punizione.
Sei stato cattivo?
Allora per la settimana prossima mi leggi sessanta pagine…

Oggi per me è stata una buona giornata.
Nonostante il torpore estivo sia ormai calato su tutti i sistemi della Repubblica, uncorriere è riuscito ad aprirsi la strada fino a casa mia ed a consegnarmi la mia ambitissima copia di Into the Media Web, una collezione di saggi di Michael Moorcock usciti fra il 1956 ed il 2006, raccolti da John Davey e pubblicati da Savoy.
Proprio ieri Moorcock ci scerzava sopra…

‘Some early embarrassments in there! I didn’t see it until it appeared in print and probably wouldn’t have chosen everything John chose. Also, I’ve had to employ a sturdy boy to carry it around and hold it for me on his back when I want to read it. Still, sturdy boys are easily acquired in the Marais. The least Savoy could have done for the older reader would have been to include a free wheelbarrow with every copy.’

È vero – è colossale e pesantissimo, stampato su una carta di una qualità inarrivabile, con una copertina con inciso in argento il simbolo del caos.
Mi è costato il sacrificio di un primogenito.
Ma i contenuti… ah!
Moorcock che parla di cinema, di fumetti, di libri.
Ci sono recensioni, memorie, critiche ed attacchi ad personam, polemiche e dichiarazioni di stima.
Moorcock su Leiber!
Moorcock su Hellison!
Moorcock su Peake!
… su Ballard… su Huxley… su Dick… su Elvis Presley!!
Molte cose le ho già lette, ma diciamo pure che il 60% delle oltre 700 pagine del volumone mi è completamente nuovo.

E ve l’ho detto che è illustrato?
Zeppo di foto, e di tavole tratte da fumetti e copertine…

Grande.

Beh, l’allegro corriere mi consegna lo scatolone, io lo ringrazio, mi siedo al tavolo sotto all’ombrellone e lo spacchetto rapidamente.
È proprio lui!
Esclamazione di giubilo.
Spiego a mio padre che si tratta… beh, ok, vi ho già spiegato di cosa si tratta.
E vedo nel suo sguardo la pena che si proverebbe verso qualcuno al quale il corriere abbia appena consegnato una tagliola per orsi, e si appresti a farsela scattare sullo scroto senza rendersi conto del dolore che proverà.

È la pietà che si prova per un povero idiota che passerà l’estate a leggere.
Senza aver fatto nulla di male per meritarselo.

È lo sguardo che ha accompagnato l’ingresso in casa mia di ciascuno dei sei o settemila libri che ne affollano gli scaffali.

È la conferma – se ce ne fosse bisogno – che ci sono cose che resteranno sempre completamente aliene.
Che ci sono cose che non si potranno mai condividere.

Ed io vorrei avere fra le mani quei tre o quattro salesiani – ormai morti e sepolti da decenni, ne sono convinto…
Vorrei averli fra le mani ed infliggere loro tutto il dolore possibile.
Ripetutamente.

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Indispensabile

Mi è stato appena fatto notare che leggere e scrivere sono due attività che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra.
Inutile dire che non sono daccordo.
E mi fa pertanto piacere segnalare, per coloro che potessero anche solo lontanamente pensarla come me, un bel volume di John Mullan – How Novels Work, pubblicato da Oxford nel 2006 e recentemente ristampato in paperback.
Giornalista oltre che docente di letteratura all’Università di Londra, Mullan è stato curatore di alcune recenti edizioni di Defoe, ed è considerato un’autorità sulla letteratura inglese del diciottesimo secolo.
In How Novels Work, con un linguaggio semplice e divertito, Mullan fà essenzialmente il suo lavoro – quello di insegnante di letteratura.
L’idea è quella di vedere quali siano i meccanismi del romanzo, aprire il libro per vedere gli ingranaggi, le molle, i sistemi integrati.
A partire dal titolo.
E poi via, l’epigrafe, il prologo, la prima frase del primo capitolo.
Le scelte di persona narrante, i punti di vista.
I titoli dei capitoli.
I personaggi.
I generi.
Voci, dettagli, stile.
L’importanza dei dettagli.
I trucchi del mestiere.
L’editing.
E si rimane sospesi – cos’è questo, un manuale di scrittura o un manuale di lettura?
E ci si ritrova a fareun giro guidato di quelle cose alle quali l’autore deve pensare, e sulle quali deve lavorare affinché funzionino ma non si vedano, e che il lettore apprezza senza vedere, e che solo successivamente impara a percepire e apprezzare.

Pensato e scritto per i gruppi di lettura, il manuale di Mullan è una lettura sorprendente, che scivola con tranquillità da Poe a Rushdie, da Thackeray a Byatt, da DeLillo a Mitchell.
È, di fatto, un manuale di critica letteraria.
Insieme col già menzionato Artful Sentences: Syntax as Style, di Virginia Tufte, è un testo indispensabile per chi legge, chi scrive e per chi si limita aparlarne.
A meno che non voglia dire sciocchezze.

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