strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Ma nessuno ha voglia di provarci

Ieri il mio vicino di cella, Alex Girola ha fatto un post sul suo blog Plutonia Experiment, discutendo dell’attuale stato dell’editoria di genere, e in particolare delle strategie adottate negli ultimi anni dai piccoli editori specializzati in fantastico.

Onestamente non sono particolarmente interesato alle strategie dei piccoli editori – non mi riguardano come autore, e si tratta di scelte commerciali legittime (per quanto possano non piacere ad alcuni), ed in ultima istanza esiste una selezione darwiniana che premia o punisce proprio tali scelte.
Sono un paleontologo, ed ho studiato l’evoluzione abbastanza a lungo da sapere – sapere, non immaginare, credere o ipotizzare – che nessuno può tenere sotto controllo tuttel le variabili.
La selezione naturale può essere ostacolata, ma non arrestata.

e640012b3bfe7f0f63569bd3d876af09C’era però una frase, in quel post, che mi ha dato da pensare…

Recentemente ho visto nascere almeno una mezza dozzina di collane erotiche, spesso in seno a CE che inizialmente erano al 100% votate al fantastico.

Anche questa, naturalmente, è una scelta che verrà premiata o punita dalla selezione naturale.
Ciò che però mi sono domandato, leggendo quella frase, e pensando ai cataloghi di alcuni dei piccoli editori in questione… ecco, mi sono domandato perché nessuno pubblichi fantascienza e fantasy erotici.
Attenzione, non storie erotiche al sapore di fantascienza o di fantasy.
Intendo storie erotiche che siano tali per elementi che al di fuori della fantascienza o del fantastico sarebbero impossibili.
E no, sesso col licantropo o con il robot, da solo, non basta.
Dire semplicemente È il 1899, ci sono le navi volanti, e Jack e Jill fanno sesso non significa scrivere steampunk erotico – al limite, appunto, erotico (se è scritto bene) al gusto di steampunk.
Che è circa il 90% di ciò che viene venduto come fantascienza erotica, o erotic fantasy.

Esistono storie diverse?
Nelle quali la miscela sia bilanciata e omogenea, fra fantastico ed erotico?
Sono possibili? Continua a leggere


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Piramidi, canali e altre reliquie del passato

Come ho scritto altrove, documentare una serie di storie con una ambientazione pseudostorica è una fatica improba.
Perché su una storia singola si può anche giocare di prestigio, ma su una serie bisogna avere ben chiara l’immagine del mondo nel quale si muovono i protagonisti.

Il lato positivo di tutto ciò, naturalmente, è che ci si può togliere la soddisfazione di tornare a leggere libri di storia e di archeologia per il piacere di leggerli – e con la giustificazione di “fare ricerca”.

1120788The Ancient Engineers, di Lyon Sprague de Camp non è un testo recentissimo, ma la semplice idea di fondo lo rende esilarante – narrare la storia della civiltà non dal punto di vista degli eventi politici o militari, ma dal punto di vista degli ingegneri, quelle persone che con perseveranza e applicazione delle tecnologie disponibili crearono il progresso della nostra specie.

Il volume, ancora disponibile per i tipi della Ballantine, tocca tutto il passato classico – Egitto, Mesopotamia, Grecia e mondo ellenico,e poi la Cina e tutto quanto il resto…
Trattandosi di un testo che ha una cinquant’anni (l’ultima revisione è del 1963), mancano molte delle scoperte più recenti, ma come solida base per comprendere l’impatto di alcune semplici tecnologie sul nostro passat, rimane straordinario.

Sprague de Camp è un divulgatore non meno dotato del suo vecchio compare Ike Asimov – e a differenza del buon dottore, ha uno spirito ed una sana dose di cattiveria che rendono i passaggi sulla piramidologia e sulle pseudoscienze un assoluto spasso.
Certo, l’autore era famigerato per il suo spirito tranciante nei confronti di certe baggianate.

Lost Continents by L. Sprague de Camp, Dover P...E infatti, a partire dagli anni ’60, Sprague De Camp – insieme con molti altri autori – si trovò ostracizzato da Campbell, che lo considerava colpevole di aver sbeffeggiato la Dianetica di Ron Hubbard.
A fronte della scomparsa del suo principale mercato letterario, l’autore si mise allora in cerca di qualcos’altro che gli permettesse di sbarcare il lunario – e cominciò a produrre volumi di archeologia e storia antica, spesso cucendo insieme articoli comparsi su diverse riviste di divulgazione.
La produzione di Sprague De Camp fu piuttosto interessante, con titoli come Lost Continents (ancora oggi il miglior testo su Atlantide disponibile sul mercato – da noi lo tradusse Fanucci e si trova ancora su bancarelle), questo The Ancient Engineers o il più raro (e costoso) Citadels of Mystery.
Sempre con un taglio molto razionalista, e un atteggiamento alquanto divertito.
Ottima saggistica, una lettura quanto mai raccomandata.

Massiccio, molto ben illustrato e divertentissimo, questo bel paperback che pare un mattone sumero è un buon modo per passare un paio d’ore a cavallo della cena.
Con dei post-it a portata di mano, per prendere appunti.


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In viaggio nel tempo – una specie di Top Five

Ferragosto, un post anomalo che interrompe la nostra serie di post sul rosa.
Quasi un post del piano bar del fantastico, anche se la richiesta non è stata esplicita.
Anzi, proprio non c’è stata.
La colpa è della mia amica LaClarina, che nel suo post di ieri solleva l’interessante questione – avendone la possibilità, meglio visitare il passato con una macchina del tempo, o i mondi immaginari della letteratura?

Ora, per quanto io apprezzi ed idolatri Il Castello d’Acciaio, di Sprague de Camp & Fletcher Pratt, in fondo i mondi della letteratura io li ho già visitati leggendo, giusto?
E per quel che riguarda il viaggio nel tempo… io penso al futuro.
Però però…

Tutto questo mi ha portato a pensare ai viaggi nel tempo – ed ai libri, sui viaggi nel tempo.
Il viaggio nel tempo come sottogenere.
Ce n’è abbastanza per compilare una top five?
Di romanzi che io considero fondamentali, che trattano di viaggio nel tempo, e che – mettiamoci un bonus – potrebbero piacere ad una persona che non frequenta e forse non ama la fantascienza… chessò, per qualche strano trauma giovanile?

Vediamo…

5266123104_ac2f9db4c0The Big Time (Il Grande Tempo) – di Fritz Leiber
L’opera centrale del ciclo della Guerra del Cambio è un romanzo breve.
Attraverso i secoli, le due fazioni note come i Ragni e i Serpenti si combattono cambiando la storia. Per i soldati di questa guerra, esistono “locali notturni” popolati di personaggi strappati al proprio tempo, il cui scopo è aiutare i reduci a distrarsi.
Un giocatore della Louisiana, un commediografo elisabettiano, due “ballerine”, dei soldati, una sacerdotessa minoica che parla in rima, dei poeti, delle creature aliene (a cominciare dal simil-satiro Sevensee).
Una bomba atomica.
Impianto teatrale che rispetta le unità aristoteliche di azione, luogo e… ehm, tempo, un cast spettacolare, mistero, dialogo superlativo, più idee di quanto autori meno brillanti riuscirebbero a infilare in un romanzo spesso sei volte tanto, e una straordinaria visione “cosmica” del tempo.
Assolutamente indispensabile.

dancers-at-the-end-of-timeDancers at the End of Time (mai tradotto, dannatevi!) – di Michael Moorcock
In un futuro così lontano che l’universo si sta contraendo, la Terra è un paesaggio surreale popolato da creature post-umane dai poteri divini, che passano il tempo inventandosi strani hobbies, studiando la storia passata e collezionando nei propri zoo personali i viaggiatori del tempo.
Perché chiunque viaggi nel tempo, prima o poi finisce qui, in questa sorta di mar dei sargassi temporale.
L’arrivo della vittoriana Miss Amelia Underwood getta nello scompiglio la società – e in particolare il romantico Jarek Carnelian… quali possono essere gli effetti dell’impatto, su di una società che non conosce inibizioni, di una persona che di inibizioni sa assolutamente tutto?
H.G. Wells fa una comparsata, e l’opera è dedicata a George Meredith.
Forse c’è anche Mick Jagger.
Probabilmente il lavoro di Michael Moorcock che preferisco – comico, intelligentissimo, molto divertente e scritto benissimo, con una capacità pirotecnica di spiazzare il lettore e demolire con eleganza ogni possibile tabù.

the_flight_of_the_horse_fThe Flight of the Horse (in italiano, I Tempi di Svetz) – di Larry Niven.
Io e Larry Niven abbiamo un rapporto strano – è certamente l’autore che mi piace meno che ha scritto più cose che mi piacciono. Niven è al suo meglio quando scrive storie brevi e si vuole divertire – e con Svetz fa esattamente quello.
La teoria: se viaggiare del tempo è scientificamente impossibile, allora se costruisco la macchina del tempo, e funziona, sono in un fantasy.
Proveniente da un futuro in crisi e dominato dal nepotismo, Hanville Svetz, ultima ruota del carro, viene mandato indietro nel tempo per recuperare animali estinti* – come il cavallo; anche se quelli nelle foto non avevano il corno in fronte, probabilmente glielo tagliavano per sicurezza. O la lucertola del Gila, che però chi si sarebbe immaginato che fosse così grossa e sputasse fuoco…
E poi avanti fa spettri, danze macabre, licantropi…
Oltre ai racconti esiste anche un romanzo – Rainbow Mars, in cui vengono cooptati tutti i marziani della letteratura.
Ma per i miei soldi, i racconti originali sono meglio.

p0001440Up the Line (in italiano, Paradosso del Passato) – di Robert Silverberg.
“Cosa succederebbe se tornassi indietro nel passato e uccidessi tuo nonno?”
È probabilmente il paradosso più utilizzato in letteratura quando si parla di viaggi nel tempo. Robert Heinlein ci ha scritto All of You Zombies, che è un classico, e così lo abbiamo anche citato e siamo tutti contenti.
Nel 1969, un Silverberg particolarmente tonico prova a rigirare la frittata – in un futuro in cui il turismo temporale è cosa normale, una laurea in storia o archeologia è un buon modo per diventare guida turistica, e rimorchiare alla grande.
Magari fare anche un po’ di contrabbando.
E poi, è possibile tornare nel passato e sedurre le proprie antenate.
La pena se si viene beccati è la morte, ma c’è chi è disposto a rischiare.
Cattivo, ironico, scollacciato, divertentissimo.
La dimostrazione che anche Robert Silverberg ha un senso dell’umorismo.
Perfido.

in-the-garden-of-idenIl ciclo della Compagnia del Tempo, di Kage Baker (ampiamente tradotto in italiano da Urania)
La Compagnia è una azienda che ha sviluppato – e non divulgato – tutta una serie di tecnologie che hanno permesso ai dirigenti di diventare come divinità.
Gli agenti della compagnia – individui modificati, cyborg, mutanti – sono distribuiti attraverso il tempo ed hanno solo uno scopo: fare in modo che la storia vada nella maniera più conveniente alla Compagnia.
Sempre.
E poi, sì, procurare campioni, mercanzie, informazioni…
Fra gli agenti, emerge in molti romanzi la figura di Mendoza, donna cresciuta nella spagna medievale, trasformata in cyborg e rimessa in gioco in maniere spesso spietate.
Cinico, crudele, intelligentissimo, qua e là steampunk, il ciclo della Compagnia è forse la cosa migliore uscita negli ultimi anni quando si tratta di viaggi nel tempo.
Kage Baker, scomparsa prematuramente, geniale scrittrice, persona squisita, insegnante di inglese elisabettiano, piratessa, mescola tragedia e commedia in dosi generose e racconta delle storie divertentissime.

deCamp-1-600Years in the Making (tarduzioni sparse qua e là, le poesie sono inedite in italiano) – di Lyon Sprague de Camp
Collezione delle storie di viaggio nel tempo di Lyon Sprague de Camp – da ricchi perditempo che vogliono andare a caccia di dinosauri, a filosofi greci alle prese con armi impossibili, ad assicuratori e ingegneri sbalzati altrove nel tempo…
Logica ferrea, gusto per il paradosso, l’ottica spesso disincantata dello storico e il rigore dell’ingegnere, e la mano felice di uno scrittore nel suo momento migliore: non manca un dotto saggio sulle forme verbali utili ai viaggiatori temporali per descrivere eventi nel proprio passato che si trovano in effetti nel futuro dell’interlocutore.
Il volume – edizione NESFA, splendido – include i romanzi The Wheels of If e Lest Darkness Fall.
Oltre, naturalmente, a The Isolinguals.
Harry Turtledove scrive l’introduzione.

anubisgatesThe Anubis Gates (Le Porte di Anubis) – di Tim Powers
Comincia con una escursione attraverso una anomalia temporale – proprio una gita turistica nel passato.
O forse comincia con una maledizione egizia.
O comincia con un misterioso poeta vittoriano.
O con un orrido clown.
In parte dramma dickensiano, in parte avventura avanti e indietro nel tempo, ricco di spunti grotteschi e di situazioni orrifiche, questo rimane probabilmente il romanzo più popolare di Tim Powers, altro autore che merita di essere letto per le qualità letterarie oltre che per le idee.
Non il mio titolo preferito del suo catalogo, ma certamente una perfetta aggiunta per questa specie di top five.

E buon ferragosto.

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* Su un’idea molto simile, Connie Willis ci costruirà, vent’anni dopo, una carriera costellata di premi.
E così abbiamo citato anche lei.


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Conan il Pirata

pirataIl volume 26 della Fantacollana è Conan il Pirata, ovvero Conan the Freebooter, collezione di cinque racconti originariamente uscita nel 1968.
La copertina è di Frank Frazetta, ma non ha granché a che vedere coi contenuti del volume.

La filastrocca è ormai nota – Conan vende, e la Fantacollana, che ne ha acquisito l’intero catalogo agli albori della propria esistenza, ne mette sul mercato volentieri una nuova collezione pochi mesi dopo la precedente.

Conan the Freebooter include tre racconti di Howard e due “collaborazioni postume” con Lyon Sprague de Camp.
La prima di queste, che apre il volume, è in effetti una riscrittura di una storia di Howard che con Conan non c’entra affatto – Falchi su Shem nasce infatti come Hawks over Egypt.
Stesso destino per La Strada delle Aquile (sì, i rapaci vanno forte, in questo libro), che nasce come The Way of the Sword – racconto ambientato nell’Impero Ottomano scritto da Howard, probabilmente, per Oriental Stories.
Entrambe le storie hanno un forte debito con l’opera di Harold Lamb.
E si lasciano leggere, ma non sono esattamente il massimo (gli originali, senza innesti hyboriani, sono meglio).

Diverso il discorso per le tre restanti storie – Black Colossus, (Iron) Shadows in the Moonlight e A Witch Shall Be Born.
Si tratta di tre solidi lavori howardiani.
Black Colossus riutilizza l’espediente – frequente nel canone di Howard – dello stregone resuscitato con piani di dominazione mondiale.
In questo caso, si tratta del sinistrissimo Natokk.
Shadows in the Moonlight (il titolo originale includeva un “Iron” che – è opinione universale – dava un sapore ben diverso all’intera faccenda, ma che De Camp decise di eliminare perché le ombre non possono essere fatte di ferro) è un bel baraccone con fanciulla in pericolo, malvagio opportunamente sadico, pirati, antiche maledizioni e bestie selvagge (in questo caso, dei gorilla).
conan_D01_002Nascerà una Strega è infine una delle migliori prove tecniche di Howard, storia concisa e feroce, con elementi scollacciati per il piacere del pubblico di Weird Tales (complice la copertina di Margaret Brundage) e con la singola scena più epica dell’intera carriera del cimmero – quella crocifissione che è a tal punto sopra le righe ediconica, che oltre ad entrare nel film di John Milius, è stata inflitta “per simpatia” anche al povero Solomon Kane nel film omonimo.

Nel complesso, quindi, una buona raccolta, ancora una volta.
I lettori affezionati della Fantacollana, d’altra parte, potrebbero cominciare a questo punto a lamentare una certa monotonia.

Sciocco dettaglio personale – non ce l’ho.
Sì, conoscete la storia, prestato e mai restituito.
D’altra parte le tre storie di Howard le avevo già lette, all’epoca, nei volumi Berkeley curati da Wagner.
Un grave buco nella mia collezione, ma ahimé non l’unico.


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Conan di Cimmeria

02383Il volume numero 24 della Fantacollana è Conan di Cimmeria, vale a dire… beh, Conan of Cimmeria, di Robert Howard, Lin carter e Lyon Sprague de Camp.
La copertina è di Frank Frazetta – e ci torneremo.

Howard vende, e la Fantacollana fa seguire una raccolta di Conan al più variegato Skull Face.
Potremmo discutere a lungo sull’opportunità di tale scelta, ma non avendo né i dati di vendita né le reazioni dei lettori, sarebbe un esercizio abbastanza vuoto.

La collezione contiene otto storie.
Di queste, solo due sono presentate (quasi) esattamente come scritte da Howard – e una di queste è La Regina della Costa Nera, uno dei racconti migliori del ciclo di Conan, e che da solo vale il prezzo di copertima.
Storia violenta e scollacciata, ci mostra un Howard capace di costruire una buona storia anche a partire da materiali adolescenziali.
Si è discusso a lungo di come Belit – la Regina della Costa Nera, appunto – costituisca una sorta di summa delle fantasie dell’adolescente medio: la ragazza bellissima e sessualmente disinibita ma castissima fino all’incontro con l’eroe, col quale condivide passioni e interessi.
Al giorno d’oggi, Belit sarebbe un asso a Word of Warcraft.

Battute sciocche a parte, Queen of the Black Coast è scritto benissimo, e narra una storia che perde il proprio tono di fantasia giovanile nel finale tragico – a riprova che Howard si trovava probabilmente più a proprio agio a parlare di morte che non d’amore.

Secondo punto d’interesse del volume è – o dovrebbe essere – The Frost-Giant’s Daughter, un’altra miscela di sesso e morte molto Howardiana, che tuttavia risulta inferiore, nell’editing di De Camp, rispetto all’originale.
Si guadagna tuttavia la copertina.

Integralmente Howardiano è poi Vale of the Lost Women, che Howard completò e non pubblicò mai – e ci lascia col dubbio di come sarebbe stata la copertina di Weird Tales per un tale titolo.

Conan_of_CimmeriaIl resto della raccolta è poi occupato da “collaborazioni postume” fra Howard e De Camp – che si lasciano leggere, ma non sono esattamente memorabili.
Ma i maligni tendono a far notare sghignazzando che Castle of Terror, scritta a quattro mani da De Camp e Carter, sembra molto di più una cosa scritta da un vivo e un morto di quanto non lo siano le collaborazioni postume con Howard.
Ma sarebbe poco caritatevole infierire.

Nel complesso, il secondo volume cronologico delle avventure del Cimmero è una lettura piacevole, con almeno un picco straordinario di qualità.
I lettori della Fantacollana potevano dirsi soddisfatti, alimentati da una stabile dieta di sword & sorcery classica.
Ma da lì a poco, avrebbero avuto una sorpresa inaspettata…

Sciocco dettaglio personale – WordPress odia Conan di Cimmeria, avendo cancellato due volte questo post.
Ed è ironico che io abbia dovuto riscrivere tre volte l’articolo su uno dei volumi che io considero meno affascinanti, della prima parte della storia della Fantacollana.


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Conan l’Usurpatore

nord4Il numero 19 della Fantacollana è Conan l’Usurpatore, alias Conan the Usurper, pubblicato dalla Lancer nel 1967.
La copertina di Frazetta è la stessa dell’edizione americana, ma il volume è attribuito al solo Howard, mentre nell’originale era attribuito a Howard e Sprague de Camp.

La Fantacollana “rientra” sulla sword & sorcery dopo un paio di titoli fortemente atipici, e prosegue nella pubblicazione della serie di Conan, senza rispettare l’ordine di pubblicazione originale – Conan l’Usurpatore (mai vi fu titolo più decampiano)  sarebbe l’ottavo volume in ordine cronologico della serie, e verrebbe immediatamente prima di Conan il Conquistatore, uscito anni prima nella collana Arcano.

Una delle ipotesi che ho sempre fatto, per spiegare a me stesso la decisione di pubblicare Conan fuori ordine, era che i curatori della Fantacollana intendesero prima far uscire i volumi che contenevano il maggior numero di lavori di Howard possibili, lasciando per ultimi i volumi prevalentemente composti di materiale apocrifo.
Conan l’Usurpatore sembrerebbe mandare a gambe all’aria la mia idea – il volume contiene due storie di Howard (The Phoenix on the Sword e The Scarlet Citadel) e due “collaborazioni postume” con De Camp – The Treasure of Tranicos e Wolves Beyond the Border.
Di Tranicos ho già parlato ampiamente in un’altra occasione.
Si tratta certamente della migliore “collaborazione” fra Howard e De Camp, ed è un peccato che da noi non ne sia mai uscita una edizione in volume singolo che riprenda quella illustrata della Ace.
Wolves Beyond the Border, basato su un racconto lasciato incompleto da Howard e rinvenuto fra le sue carte dopo la sua morte, è una strana bestia – un racconto solido, nel quale il Cimmero non compare se non attraverso narrazioni altrui.
Se questa sia una scelta di Howard o un astuto escamotage di De Camp non saprei dire.
Di sicuro funziona, pur restando il pezzo più debole della raccolta.

lancers_conan_usurper_frontDi maggiore interesse, naturalmente, è Phoenix on the Sword – che sarebbe poi la prima storia di Conan scritta da Howard, riciclando un racconto su Kull di Valusia (By This Axe I Rule)che Farsworth Wright aveva per qualche ragione rifiutato.
La storia uscì su Weird Tales nel 1932.

In generale, Conan l’Usurpatore è esattamente ciò che ci aspetterebbe dalla copertina – una solida raccolta di storie sulla maturità del Barbaro, con tutti gli ingredienti tipici.
Alcuni lettori probabilmente notarono delle somiglianze fra The Scarlet Citadel e Conan il Conquistatore (Howard usò il racconto come base del romanzo) – ma erano passati anni.
Il volume include una dotta introduzione di Lyon Sprague De Camp, che riprende il suo articolo The Trail of Tranicos.
E come in tutti i volumi della serie, c’è una bella mappa del mondo Hyboriano.

Sciocco dettaglio personale – nulla di che.
Era Conan.
Mi piaceva e mi piace tutt’ora.


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Gli ingranaggi del possibile

Virgin_and_the_WheelsLa voglia di rileggerlo me l’ha fatta venire il commento di ieri della Clarina, riguardo all’abbigliamento nell’universo alternativo creato da Randal Garrett.
E così ho ripescato dallo scaffale la mia vecchia copia di The Virgin & the Wheels, un volumetto della ACE che riunisce due storie di Lyon Sprague de Camp – il lieve e vagamente scollacciato The Virgin of Zesh e l’indispensabile, fondamentale The Wheels of If.

De Camp pubblicò The Wheels of If su Unknown, nell’ottobre del 1940.
L’anno prima, l’autore aveva dato alle stampe Lest Darkness Falls, un romanzo tematicamente e strutturalmente simile.
Ma Wheels, se possibile, è ancora più complesso e soddisfacente.

La trama – Alister Park, avvocato newyorkese, si risveglia ogni mattina in un differente universo, leggermente diverso dal precedente, nelq uale egli stesso è una persona diversa, con una diversa storia.
La destinazione finale di Park è l’identità di vescovo Scoglung, patriarca di Nuova Belfast.

Ci troviamo in un universo nel quale, da una parte, Re Oswiu di Northumbria si è convertito alla chiesa celtica e non al cattolicesimo, e dall’altra, la battaglia di Tours ha avuto un esito negativo per i franchi, annientando i presupposti per l’ascesa di Carlo Magno.
Da questi due eventi, De Camp sviluppa oltre mille anni di storia alternativa – in termini di politica, certo, ma anche di sviluppo scientifico e culturale – arrivando ad un continente americano colonizzato dai vichinghi, e sconvolto dalle tensioni razziali fra scandinavi e nativi americani.
E con personaggi dall’improbabile nome di MacSvensson.

3305In tutto questo guazzabuglio, Park/Scoglung deve trovare un sistema per cavarsela, e scoprire cosa abbia innescato la sequenza di transizioni che lo hanno portato in questo luogo.
L’eroe di De Camp è come sempre un uomo di idee più che d’azione, informato dall’antico precetto “Fai agli altri quello che gli altri vogliono fare a te – e possibilmente faglielo prima.”
Poco più che trentenne ma già autore prolifico e rispettato, De Camp è ingegnoso, lieve, spiritoso, coltissimo e divertente.

lfThe Wheels of If è un testo fondamentale della fantascienza, e in particolare della storia alternativa (molto prima che la chiamassero “ucronia” – termine che a me ricorda sempre una malattia di quelle che si curano coi salassi) e degli universi paralleli.
Può sembrare incredibile, ma prima dei lavori di De Camp, la storia non era stata considerata un argomento valido per la narrativa d’immaginazione.
Fu De Camp – che era un ingegnere, ma coltissimo, appassionato di storia, letteratura, mitologia – a cominciare a giocare con la storia per scrivere racconti.
E fu leggendo Lest Darkness falls, il giovanissimo Harry Turtledove decise di studiare storia bizantina, e di scrivere storie alternative.
E ci sono momenti in cui anch’io mi domando se la mia vecchia passione per la storia non sia stata alimentata dai racconti ucronici (urgh) di De Camp, letti da ragazzo.

Cosa c’entrano, si domanderà qualcunoa questo punto, gli abiti dei protagonisti di Randall Garrett con i giochi storici e linguistici di De Camp?
Beh, in entrambi i casi, assistiamo alla capacità dell’autore di muoversi da un punto d’origine minuscolo e trascurabile, usarlo per filare e intessere un vasto arazzo storico radicalmente diverso da ciò che conosciamo, è poi riuscire ad evocare nella mente dei lettori immagini, e curiosità, che esulano dalla narrazione, e vanno a contribuire alla creazione di un mondo.


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Conan!

frank_frazetta_manapeIl tredicesimo volume della Fantacollana è Conan!, cronologicamente il primo volume del ciclo di Conan il barbaro, nell’edizione curata da De camp e Carter dell’opera di Robert E. Howard.

La copertina è di Frank Frazetta, ed è la stessa dell’edizione Lancer Books del 1968.

La Fantacollana continua a fornire al pubblico una solida dieta howardiana con un volume che allinea sette racconti – tre di Howard, due completati da De Camp o Carter sulla base di materiale d’archivio di Howard, e due apocrifi.
Il volume è completato dalla prima parte dell’articolo L’era Hyboriana, scritto a suo tempo da Bob Howard in risposta alle richieste di un fan.

L’articolo è particolarmente importante, per tre sostanziali motivi:
. costituisce la descrizione “ufficiale” del mondo Hyboriano di Conan, così come delineata dall’autore,
. costituisce la base della “biografia” di Conan, compilata da Lyon Sprague de Camp, brani della quale compaiono in apertura ad ogni episodio e quindi
costituisce la base della cronologia interna della serie – tanto dell’ordine dei racconti originali, quanto degli elementi apocrifi successivi.

I tre racconti di Howard presenti nella collezione sono decisamente validi, ed includono The Tower of the Elephant, del 1933, certo uno dei racconti migliori in assoluto dell’autore texano.
Il racconto è un buon modello per una narrativa avventurosa ed eroica che tuttavia non si riduce alla semplice ultraviolenza per adolescenti problematici – l’elemento meraviglioso e la dimensione tragica ne fanno un racconto di prima classe.

In tutte e tre le storie originali, Conan esercita la libera professione di ladro e svaligiatore – e nelle sue imprese ladresche si imbatte in situazioni tutt’altro che ortodosse.
Dei due racconti restanti, Rogues in the House vide la luce nel 1934, mentre il più debole (secondo molti, anche a causa dell’editing di De Camp) The God in the Bowl venne scoperto fra le carte di Howard solo dopo la sua morte, ed è, a tutti gli effetti, una detective story (a dimostrare che Howard possedeva moduli e modalità molto più variegati e sofisticati di quanto non si creda normalmente).

Conan_collectionDelle due “collaborazioni postume”, The Hall of the Dead, accreditato a Howard & De Camp è probabilmente il migliore, mentre The Hand of Nergal, di Howard & Carter, scricchiola in un paio di p unti, ma rimane comunque un buon intrattenimento.

I due apocrifi sono altrettanto ineguali e deboli se paragonati agli originali, ma si difendono.
La Cosa nella Cripta è popolarissimo, poiché costituisce un set-piece nell’apertura del film di John Milius.
La Città dei Teschi è un onesto sword & sorcery, e non sfigura nella collezione.
Ma la prosa di Howard era, ovviamente, un’altra cosa.

Sciocco dettaglio personale – probabilmente il mio secondo Conan, dopo L’Avventuriero. La scoperta di Howard destò non poco entusiasmo – lo stile di Howard, così facile da scimiottare malamente ma inimitabile, risultò particolarmente infettivo.
Quei vecchi racconti sonos tati misericordiosamente consegnati all’oblio.
Ma chi non si è macchiato di un pastiche howardiano, una volta nella vita?*

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* Ma erano personaggi miei in un mondo mio, quindi non era fanfiction.