Non solo scrivere di ciò che ci piace ci porta a scrivere meglio, a trasferire parte del nostro entusiasmo sulla pagina.
No.
Uno dei lati divertenti dello scrivere un libro su un argomento che ci affascina è che è possibile leggere un sacco di materiale su quell’argomento, ma proprio un sacco, durante quelle che sono le ore lavorative, divertendosi a morte e comunque fiscalizzando il tutto come ricerca.

È così che, come parte della ricerca per il mio prossimo libro di divulgazione hard sulla statistica, mi sto sollazzando il piacevole, piacevolissimo The Numbers Behind Numb3rs, un dotto saggio di Keith Devlin e Gary Lorden che combina matematica e criminologia, discutendo della realtà alle spalle degli episodi della serie televisiva Numb3rs.
Utile e dilettevole.
Ammetto di aver sempre apprezzato Numb3rs.
Scherziamo – una serie Tv in cui compaiono insieme il Dottor Fleischmann di Northern Exposure, Mr Universe di Serenity e Galen di Dragonslayer?
E poi la scienza e gli scienziati vengono trattati con rispetto, la matematica è credibile e spiegata in maniera divertente, le trame sono ben costruite.
CSI lo lascio ai tecnocrati.
La Stampa, quotidiano torinese e fonte inesauribile di divertimento trasversale, ha dedicato un articoletto al nuovo “fenomeno” pochi giorni or sono, senza rinunciare ai toni da rivista del liceo…
C’erano una volta i secchioni, i primi della classe, evitati, aborriti,
ma anche invidiati. Sgobboni, amati dai prof, detestati da tutti gli
altri, schifati dalle ragazze. Buoni solo in vista dell’esame o del
compito in classe. Palliducci, gracili, spalle strette, occhiali
(spesso) spessi. Grigi come i loro abiti. Ma con pagelle luminose.
Nessuno voleva essere un secchione. Neppure i diretti interessati.
Questa sola frase meriterebbe un saggio di sociologia.
È indiscultibimente vera – e ne vediamo le conseguenze – ma approfondire un poco…
E invece l’autrice prosegue, dopo un’agghiacciante sbandata su La Pupa e il Secchione (cosa c’entra?), con una carrellata di serie televisive nelle quali i nerd la fanno da padroni.
Il primo ad affacciarsi è stato quel Charlie Epps, genio della
matematica prestato alle indagini poliziesche di Numb3rs per via del
fratello agente Fbi. La mente e il braccio. Abilissimo a maneggiare
numeri e algoritmi, teorie e simulazioni, è la pratica che frega
Charlie. Che è pure simpatico, con una vena di distorto umorismo, ma
certo lontano da ogni stereotipo di bellezza.
Bellezza.
Eh, già – è su quello che si fa o si disfa il successo di una serie televisiva.
È l’unico elemento che conti, l’unico criterio di riferimento.
E poi si chiude col botto…
In America il genere impazza perché sono tanti gli adolescenti che si
sentono nerd e sognano una rivincita nel loro garage, tentando di
emulare quei supergeek che sono stati Steve Jobs, Bill Gates o Larry
Page.
Bla bla bla…
Possibile che La Stampa riesca a ridurre qualsiasi cosa a sesso e danaro – o al desiderio inappagato per entrambi?
C’è uno psicanalista in sala?
Eppure sarebbero altri, i discorsi da fare sul successo di una cosa come Numb3rs…
Curioso, ad esempio, che una serie come Numb3rs venga prodotta in un paese – gli Stati Uniti – che hanno in quiesto momento un tasso di analfabetismo matematico paragonabile a quello italiano.
O forse non è poi così curioso – se pochi conoscono la materia, l’uso della medesima per scopi spettacolari risulta più facile.
Resta il problema del perché l’insegnamento della matematica risulti tanto traumatico, se l’argomento può risultare affascinante una volta tramutato in narrativa.
Dov’è il problema?
È perchè l’insegnamento viene condotto essenzialmente da ricercatori falliti (matematici, fisici)?
È perché l’insegnamento manca di una dimensione pratica che permetta di valutarne immediatamente l’utilità?
È perché l’insegnamento manca di una dimensione ludica, che coinvolga ed intrattenga gli studenti invece di annoiarli a morte?
Mistero.
Io intanto mi leggo il libro, e prendo appunti su cosa rubare, cosa imitare, cosa cercare di fare meglio.
Poi, nottetempo, scrivo.