Si parlava, qui nel Blocco C della Blogsfera, durante l’ora d’aria, del nuovo film di Indiana Jones.
Pare che sia confermata la presenza di Harrison Ford nel ruolo di Indiana Jones, e che si prospetti Steven Spielberg alla regia.
E i fan nazionali paiono già convinti che si tratterà di una porcheria.
Ed è possibile, badate bene – ma lo sapremo solo se e quando il film arriverà nelle sale… diciamo nel 2017?
Però i fan hanno già deciso.
E questo è stupido, naturalmente.
Per cui si discuteva di questo, noi del Blocco C, mentre gli altri blogger facevano pesi e giocavano a basket, e io mi sono detto, non sarebbe difficile fare un buon film, date le premesse, e se solo Spielberg si decidesse a chiamarmi… Continua a leggere →
Passerò il weekend a rivedere un pezzo che spero di consegnare all’editor per il prossimo finesettimana – un bell’articolone sulle razze perdute della narrativa avventurosa, ed in particolare sulle regine che le governano.
Rispetto a molti altri autori del genere lost race, Rider Haggard aveva un vantaggio sostanziale – lui l’epica coloniale l’aveva vissuta davvero.
Era stato in Sud Africa, aveva servito come segretario del governatore del Natal, aveva issato personalmente la bandiera inglese su Pretoria all’atto dell’annessione del Transvaal.
Forse per questo le narrative coloniali di Rider Haggard mostrano una vena di disillusione e di pessimismo che non si trova, per dire, in Conan Doyle o, men che meno, in Burroughs.
C’è una simpatia autentica per “i nativi” che disinnesca molti dei borbottii dei moderni commentatori. Continua a leggere →
the end of an empire is a messy affair
(Randy Newman)
Sì, lo so, di solito quando si parte a parlare di imperi perduti, si dovrebbe citare qualcosa di diverso da Randy Newman, chessò, Ozymandias o Shutruk–Nakhunte, ma io sono fatto così.
Io cito Randy Newman.
La mia amica Clarina, qui due celle più in giù lungo il corridoio del Blocco C, ha fatto ieri un bel post sui suoi imperi perduti.
Sì, come i grandi eroi dell’avventura classica, anch’io ho delle amiche che hanno i loro imperi perduti.
Ma a parte le mie sciocchezze, date un’occhiata al suo post, che merita.
Fatto?
Bene.
Ora, i miei imperi perduti.
Ah. Sono nato e cresciuto a Torino.
Torino è la città perduta, in più di un senso.
I torinesi soffrono di questo complesso, che tutto è nato qui, ed è stato portato altrove.
A Milano, a Roma.
Per un breve istante, Torino fu la capitale d’Italia, e se lo porta dietro, un po’ come un arto fantasma, quel momento, come qualcosa di irrisolto.
E poi il resto – la rivoluzione industriale, il cinema, la televisione, la robotica…
C’è questa specie di presunzione di saccheggio, delle ricchezze della mia città.
E non è solo nella testa degli abitanti, ma anche nei parchi, nelle vie.
Per cui ci sono degli angoli di Torino, degli scorci, in cui questo spettro fatto di potenziali irrealizzati si sente molto forte.
Via Eleonora Duse.
Piazza Carlina.
Piazza Solferino. Continua a leggere →