Strano.
Strano.
Stranissimo.
Stavo catechizzando, ieri sera, sul sistema a riscatto per l’editoria (soprattutto) autoprodotta creato e perfezionato da Greg Stolze.
Non mi capita spesso, ma ogni tanto capita, di partire per la tangente, salire in cattedra e illustrare sistemi alternativi per campare di ciò che si crea saltando gli intermediari.
Ma quando mi trovo fra persone che criticano il mercato in blocco (scrittori imbelli che pubblicano romanzi illeggibili spacciati da editori filibustieri a lettori idioti) e che sostengono di avere opere da distribuire ma aver ormai abbandonato la speranza di raggiungere il pubblico, io mi lancio.
Visto mai che non si riesca ad avviare qualcosa di nuovo ed eccitante.
Ma ovviamente non funziona.
Anche ieri sera, come al solito, è finita a pernacchie ed accuse di “utopia”, ma per la prima voltami sono state rivolte due obiezioni al sistema che meritano di essere segnalate – in quanto io credo sintomatiche di una certa forma mentale in ultima analisi autolesionista.
Ricapitoliamo.
Il sistema a riscatto funziona così: un artista ha un prodotto che ritiene potrebbe interessare al pubblico.
Non ci interessa che si tratti di un libro, un film, un disco o un software.
Non ci interessa neppure, a questo punto, perché l’artista in questione voglia utilizzare un metodo alternativo per raggiungere il pubblico – forse non trova un editore tradizionale, forse non è interessato a trovarlo.
Di fatto, il nostro eroe decide che, a fronte della distribuzione al pubblico della sua opera, sarebbe giusto per lui guadagnare una cifra X, che comprende anche le sue spese vive (materiali, ricerca, ore lavorate).
Procede perciò in questo modo – annuncia la propria opera, presentandola e documentandola il più dettagliatamente possibile, attraverso i canali che preferisce (di solito la rete).
Annuncia la cifra che ritiene giusta per “liberare” la propria opera, e fornisce un conto corrente sul quale le persone interessate possono versare la cifra che vogliono.
La proposta – quando sul conto si sarà accumulata una cifra pari ad X, l’opera sarà disponibile gratuitamente per tutti in download.
Come bonus, alcuni offrono la possibilità, a riscatto pagato, di ottenere una copia a stampa (o su CD/DVD) dell’opera per un piccolo extra (tramite servizi come Lulu.com), e ne inviano automaticamente una copia, a costo zero, a tutti coloro che hanno versato il proprio obolo.
Bello liscio.
Il sistema funziona bene, specie per prodotti diretti ad un mercato ben definito e che riescono a documentare/garantire una elevata qualità; un autore affermato avrà risultati migliori di un autore esordiente.
Il processo riduce drasticamente i tempi di pubblicazione, e garantisce all’autore un guadagno pari – o leggermente superiore – a quello che sarebbe garantito da un editore tradizionale. Viene oltretutto aggirato elegantemente il problema della pirateria on-line.
Ora, la principale obiezione che mi viene fatta quando propongo questo sistema è “ma perché dovrei pagare, se aspettando che qualcun’altro paghi, poi posso avere l’opera gratis?”
Speculare a questa, c’è poi l’obiezione “Ma come, io pago e poi chiunque può averlo gratis?”
Entrambe le obiezioni hanno la stessa risposta – (esattamente come nell’editoria tradizionale) se nessuno pagasse, l’opera non sarebbe disponibile in alcuna forma.
In altre parole, se ti interessa davvero, forse ti conviene pagare.
Anche poco.
Ieri sera, invece, due nuove obiezioni al modello, che mi hanno lasciato senza parole (salvo insulti, che però è sempre bene trattenere).
Obiezione 1 – in un paese in cui lo stipendio medio è 1000 euro al mese, la gente non fa cose stravaganti come spedire cinque euro a un conto corrente per avere un libro o un film fra sei mesi.
Un ragionamento francamente disonesto – figlio del classico “perché dovrei dare 50 centesimi al lavavetri quando a me nessuno da niente gratis?” un po’ ipocrita e un po’ carogna. Portato alle sue logiche conseguenze, non si fa nulla se non sussistere – avviare qualsiasi attività e impegnarsi in qualsiasi cosa che non sia uno stile di vita da cacciatori-raccoglitori diventa “stravagante”.
Obiezione 2 – ma i bastardi in questo modo ci guadagnano!
Eh, già, la persona che fa il lavoro che a voi magari interessa, e ve lo rende disponibile per una cifra che scegliete voi (anche nulla, se avete pazienza), alla fine della fiera ha un guadagno, e magari va a farsi una pizza.
Il che, a quanto pare, per queste persone è inammissibile.
Ciò che gli interessa non sono disposti a pagarlo, ma lo vogliono, e lo vogliono gratis.
E che sia fatto bene!
L’artista deve morire di fame, per donare a loro il prodotto della propria arte.
Con mentalità come queste all’opera….