strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


8 commenti

Documentazione & Narrativa

Un argomento interessante è venuto fuori un paio di giorni addietro nei commenti di questo blog.
La questione è – posso utilizzare la narrativa come fonte di documentazione?

English: A photo of the Difference Engine cons...

Posso, in altre parole, riciclare informazioni raccolte da racconti, film, fumetti, per rimpolpare la parte documentaria della mia storia?

Se voglio scrivere una storia steampunk, diciamo, mi basta dare un’occhiata a The Difference Engine di Gibson & Sterling per avere l’infarinatura minima riguardo alle macchine di Babbage?
Posso scrivere una storia di ambientazione marziana avendo letto Sabbie di Marte di A.C. Clarke e basta?

Io sostego di no.
O meglio, è chiaro che tutto è possibile, e che non esistono leggi e regole scolpite nella roccia per ciò che riguarda la scrittura, ma io sono fermamente convinto che utilizzare un pezzetto d’informazione buttata lì in un romanzo o in un film, e riciclarla in una mia storia, sia sbagliato, e maledettamente rischioso. Continua a leggere


6 commenti

Una voce

1711-1-non-fiction-booksParlavo con un’amica, un paio di settimane or sono, del fatto che negli ultimi tempi mi sono trovato a divertirmi molto di più a scrivere i miei saggi che non la narrativa.

Entrambe le attività restano, per quel che mi concerne, attività artigianali – non sono posseduto dalla musa, travolto dall’ispirazione e non cado in trance riversando in automatico pagine e pagine di prosa in automatico.
Scrivere è un lavoro.
Ma se non altro è un lavoro divertente.

Ora, badate bene, scrivere racconti continua a divertirmi – non scriverli in italiano, ma scriverli continua a divertirmi.
Però scrivere saggi è un divertimento differente – ed al momento, un divertimento maggiore.
O migliore.

La cosa interessante è che, a monte, il lavoro di documentazione non è diverso – e questa è una cosa che mi ha sorpreso: il rapporto pagine scritte/lavoro di documentazione rimane praticamente lo stesso.

Ed anche la procedura di scrittura, alla fine, è la stessa.

Una volta messa sulla pagina l’idea, una volta definita la storyline, si crea una outline, e poi si cerca una voce.
E si comincia a scrivere.

La fondamentale differenza è -per quel che mi riguarda – proprio la questione della voce.
Io non credo all’ipotesi che la saggistica* debba essere stilisticamente neutra – proprio come ho sempre obiettato alla tesi (propugnata a suo tempo dal buon vecchio Ike Asimov) che la fantascienza debba essere stilisticamente neutra.

Un buon libro, una buona storia, deve avere una buona voce.
E nello scrivere saggistica, la voce diventa indispensabile – perché se è sbagliata, mette a dormire il lettore.

Dai commenti ricevuti sia dai miei beta reader che dai miei lettori – sì, il famigerato feedback – pare che il tono dei miei saggi sia adeguato.
Il che è bene, perché in alcuni casi, ho ricominciato da capo due o tre volte, per trovare il ritmo e lo stile giusti.

È questo che mi rende la scrittura di saggi più piacevole della scrittura di racconti?
Forse.
C’è anche il fatto che i personaggi di cui scrivo non mi tormentano per sapere cosa fare nel prossimo capitolo, sulla prossima pagina – le loro imprese e le loro azioni sono definite (beh, più o meno definite) ed io devo solo raccontarle, nella maniera meno noiosa possibile.
Ma trattando io di solito di cialtroni, la noia diventa una questione – ancora una volta – puramente stilistica.

E sì, qualora fosse sorto il dubbio, c’è un nuovo saggio in preparazione.
Due, in effetti.
Per ora siamo in fase di documentazione e di delineatura.
Poi si tratterà solo di trovare il tempo di scriverli.
E la voce con cui scriverli.

—————————
* o, a dirla tutta, la scrittura accademica.


13 commenti

Tre riviste

L’editoria elettronica, oltre a dare nuovo ossigeno ad un genere, il pulp, e ad un formato, la novella, ha anche rivitalizzato un panorama che non aveva poi questa gran quantità di ossigeno – quello delle riviste di genere.
Oh, Asimov’s o Analog stanno bene e vi salutano tutti, e sono allegramente disponibili, in formato elettronico, per una cinquantina di euro l’anno in abbonamento.

Ma… e il resto?
Ho già parlato ampiamente di Black Gate Magazine, ormai la testata di riferimento per la sword & sorcery in ogni sua forma.
Rivista che sfiora le 300 pagine ad ogni nuova uscita, zeppa di recensioni, racconti, approfondimenti editoriali.
Tutto materiale di qualità altissima – e palestra per parecchi autori che ormai sono riconosciuti come la nuova generazione del genere fantasy avventuroso.

Ed ho accennato in un recente post a Noir City, sontuosissima rivista dedicata alla saggistica sul cinema noir, finanziata da una fondazione che i vecchi noir li recupera e li restaura.

Ma ora, lasciamo queste vette patinate e scendiamo un poco nei bassifondi.
Occupiamoci di cose recenti, e non di vecchie corazzate dell’editoria indipendente come Black Gate o Noir City…
Oggi parliamo di non una, non due, ma tre riviste che potrebbero solleticare alcuni dei lettori di questo blog.
Di sicuro, solleticano il sottoscritto.
Continua a leggere


10 commenti

Leggere per sopravvivere

È Natale fuori stagione.

La cosa è partita da lontano, da una discussione sui personaggi che amiamo, cominciata qui di fianco, nel braccio femminile del Blocco C della Blogsfera, sul blog della Clarina.

In un commento mi è venuta fuori una frase che mi ha dato da pensare…

Poi, ok, Elvis Cole mi ha insegnato un sacco di cose.
Così come Travis McGee.

E così mi è venuta questa mezza idea di fare una top five dei personaggi dai quali ho imparato qualcosa, e cosa ho imparato.
Ma poi l’idea è deragliata.
Ecco perché…

Perché scavando nel web ho fatto una scoperta interessantissima.
Un breve saggio scritto nel 1985 da John D. MacDonald,. l’uomo dalla macchina per scrivere rovente.
Il Centro per il Libro della Biblioteca del Congresso aveva chiesto a MacDonald di scrivere un breve saggio sull’importanza della lettura, e lui ci aveva lavorato un po’, giungendo infine alla conclusione che il modo migliore per gestire la cosa era di costruire il saggio come un dialogo fra Travis McGee e il suo amico Meyer.

Il tema sarà il terribile isolamento del nonlettore, la sua vita priva di significato o sostanza perché non riesce a comprendere il mondo in cui vive.
Il modo migliore per far sì che le mie parole cadano utili su orecchie sorde è di usare un linguaggio così colorito che sarà citato, prima o poi, alla gran maggioranza dei nonlettori.

Una cosa discorsiva, semplice.
Una dozzina di pagine di dattiloscritto.
Il titolo era Reading for Survival.
Fu l’ultime cosa pubblicata da John D. MacDonald.

“Too dark for reading.” I said.
“I wasn’t reading, Travis.”
“Please excuse me. My mistake. You had the book open and you were staring down at the pages and I thought… foolishly enough…”
“I was thinking about something. A passage in the book started me thinking about something.”
“Like what?”

Il volumetto venne stampato come fascicolo e distribuito gratuitamente dalla Biblioteca del Congresso.
Per un breve periodo circolò poi in rete come pdf.
E stanotte, con mia somma gioia, ne ho trovata una copia disponibile gratuitamente.

Dodici pagine di .doc.
È incredibile.
Una gran densità di idee, informazioni, scienza, cultura… il vecchio pulpster John D. MacDonald dimostra di essere un uomo di una cultura e di una erudizione straordinari, un grande divulgatore scientifico.
Insospettabile.
E tutto passa attraverso un dialogo perfettamente strutturato, ben ritmato, divertente.
È agli atti che a me questa idea della narrativa come veicolo di divulgazione piace, ed affascina.

Se solo avessi il tempo per tradurlo…

“Okay then,” I said finally. “Back in prehistory man learned and remembered everything he had to know about survival in his world. Then he invented so many tricks and tools, he had to invent writing. More stuff got written down than any man could possibly remember. Or use. Books are artificial memory. And it’s there when you want it. But for just surviving, you don’t need the books. Not any more.”
He nodded. “So why are we doing such a poor job surviving as a species, Travis?”
“Last I heard there were five billion of us.”
“In greater danger with each passing day.”
“Is this going to turn into one of your bomb lectures?”

Anche stanotte, ho imparato un sacco di cose da TravisMcGee.
John D. MacDonald era un grande.

Oh, già, che scemo – potete scaricare il testo originale da qui.


11 commenti

L’autopubblicazione di testi accademici

Come forse sapete – o forse no – ho all’attivo tre saggi autopubblicati e disponibili in rete…

Il Crocevia del Mondo

Il Destino dell’Iguanodonte

Marte

Si tratta di agili volumetti lemuriani – vale a dire saggi (relativamente) brevi, su argomenti diversi, fra scienza, storia, e avventura.

E sì, già che ci siamo, qualora doveste leggerli e vi dovessero piacere, potreste sempre offrire una granita al limone all’autore usando il sempre efficiente Bottone di Paypal.

In questo modo, capirete, l’autoproduzione di ebook mi permette di soddisfare due delle tre necessità vitali dell’autore di saggi:

a . ho migliaia di lettori adoranti
b . ho forzieri colmi di dobloni d’oro

Ciò che manca, per rendermi completamente felice e soddisfatto di me stesso, è naturalmente il rispetto e l’approvazione dei miei pari, dell’establishment accademico.

O, per dirla in altre parole, sarebbe bello se i miei agili volumetti contassero qualcosa in termini di curriculum.
Su questo versante, la situazione è ancora piuttosto desolata. Continua a leggere


6 commenti

Tutti i colori del noir

La mia memoria è un setaccio.
Non nel senso che separa per categorie di dimensione le idee che ci passano attraverso – proprio nel senso che non trattiene le idee troppo a lungo.

Tempo addietro avevo ventilato l’ipotesi di un post sui testi essenziali per avvicinarsi al genere noir.
E mi sono scordato di farlo.
Ne avevo una buona metà salvata in bozza da secoli – toccava solo completarla.
Richiamato all’ordine, mi metto all’opera immediatamente.

Aprendo con una nota pedante.
Oggi si usa il termine “noir” per indicare qualsiasi poliziesco che si sia letto, e si voglia far la figura degli intellettuali.
La plebe in stazione legge polizieschi.
Quelli fighi leggono noir.

La distinzione è semplice – il poliziesco è costruito su un meccanismo che prevede un crimine ed una sua analisi e soluzione.
Il noir prevede l’esplorazione di un paesaggio, di una geografia e di una psicologia che possono o meno essere connessi col crimine, ma non esclusivamente.
Il giallo è la narrativa del crimine.
Il noir è la narrativa dell’alienazione – una delle possibili.
Il noir è più una modalità che non un genere (posso fare western-noir, fantascienza noir, fantasy noir).

L’etichetta viene dai francesi, che riconobbero una unità stilistica e tematica in una serie slegata di pellicole prima ancora che di romanzi, provenienti dall’america nel dopoguerra.
Poiché i romanzi dai quali molte pellicole erano tratte apartenevano alla Série Noir di Marcel Duhamel, l’etichetta – usata per la prima volta nel 1946 – rimase appiccicata.

Detto ciò, cosa leggiamo? Continua a leggere


4 commenti

Una mappa per il meraviglioso

La simpatica abitudine di Amazon.uk di aprire l’anno svendendo al 50% i migliori titoli di saggistica dell’anno precedente mi causa sempre un mezzo tracollo, ma mi procura quasi sempre testi straordinari.
È il caso di Stranger Magic, ultima uscita della studiosa di letteratura e folklore Marina Warner.
Sulla carta, il volumone di oltre 500 pagine si presenta come una analisi de Le Mille e Una Notte.
Ma è molto, molto di più.

La Warner – una di quelle personalità dll’accademia brutannica che ti fan venire voglia di urlare per il mix di erudizione, intelligenza, eleganza di scrittura e facilità di comunicazione – analizza le novelle arabe delle Mille e Una Notte sotto ogni possibile punto di vista, ma concentrandosi sulla centralità dell’opera nella costruzione dell’immaginario contemporaneo e nel rapporto fra Occidente ed Oriente.
Roba tosta.
Ma il testo scorre piacevole.
Per sostenere le proprie tesi, l’autrice include nel testo sedici episodi del classico arabo (o forse del rimaneggiamento di autori successivi, a cominciare dal francese Galland).
I brevi racconti punteggiano la discussione, che si divide per temi, concentrandosi di volta in volta sulla figura di Salomone, sulla magia e sui jinn, sui tappeti magici, sulle storie sentimentali e così via.
Nella costruzione della immagine integrata delle Mille e Una Notte nella cultura contemporanea vengono cooptati personaggi insospettabili – da Shakespeare a Borges, da John Dee a Carl Jung, da Goethe a Beckford, da Salomone a Nurayev e poi una infinità di artisti, editori, narratori, registi e produttori.
Nessun angolo viene lasciato in ombra, nessuna nicchia resta inesplorata.
E così discutiamo sulla natura dello stregone come straniero (o viceversa) sul legame fra magia narrativa e sciamanesimo.
Sulla natura della narrazione orale e della narrazione scritta.
Si osservano e sis tudiano tappeti, talismani, dipinti e stampe provenienti da ogni epoca e cultura.

Il volume è un sontuosissimo rilegato rigido pubblicato da Chatto & Windus, ed è ricolmo di riproduzoni di disegni, stampe, dipinti ed affreschi.
Con due ampie sezioni di riproduzioni a colori di opere d’arte e circa cento pagine di bibliografia, note e indici, Stranger Magic è quello che si definisce un autentico tour de force.

È ben nota la mia passione per Le Mille e Una Notte, uno dei capisaldi del fantastico e non solo, libro dei libri e monumento al potere della narrazione.
Il libro di Marina Warner non è solo una guida alla lettura del classico arabo, ma anche uno sguardo lucido e eccentrico sul soggetto del fantastico e della scrittura.
Fornisce nuove prospettive sul significato di ciò che leggiamo e, anche, di ciò che scriviamo.
Ed è una lettura piacevolissima.


13 commenti

Alla corte dell’Allegro Ruggero

Bene, ultima serata a tema al piano-bar del fantastico per quest’anno… toglietemi dai piedi ‘sto violoncello e portatemi una concertina.
E un paio di cucchiai.

The Wicked Lady... Indubbiamente parte del divertimento doveva consistere nello smontare tutta quell'impalcatura...

Abbiamo parlato di Elisabetta, abbiamo parlato di Vittoria.
Fra Elisabetta e Vittoria cosa c’è?
Beh, ci sono la guerra civile (potremmo dare un’occhiata a Cromwell, Our Leader of Men, di Antonia Fraser), la Restaurazione (periodo affascinante, zeppo di banditi, cialtroni e  donne dalla moralità inesistente e sfatte per gli stravizi, certamente il prossimo periodo storico sulla mia lista di letture… cominciando con Restoration London di, ovviamente, Liza Picard), e poi un po’ di sovrani noiosi, Clive in India, Re Giorgio che impazzisce, il tappo francese che perturba la quiete…
E in tutto questo frattempo, proprio a partire dal regno di Elisabetta, fino a ridosso del corso, c’è la pirateria sul mare oceano.

Arrrr!

E a me piacciono, i pirati.
Il mare, la libertà, isole inesplorate da visitare, tesori precolombiani da saccheggiare, scontri all’arma bianca, e la possibilità di colare a picco le navi spagnole e francesi!
E poco mi importa che vi sia una disparità sostanziale fra il dato storico e la letteratura – riesco ad apprezzare tanto la realtà quanto la fantasia, e riesco ancora a distinguerle, e quindi a seguire, uomini ai posti, armate le colubrine, e vediamo un po’ di testi utili per approfondire l’argomento pirati.

Canaglie di tutto il mondo, unitevi! Continua a leggere