Parlavo con un’amica, un paio di settimane or sono, del fatto che negli ultimi tempi mi sono trovato a divertirmi molto di più a scrivere i miei saggi che non la narrativa.
Entrambe le attività restano, per quel che mi concerne, attività artigianali – non sono posseduto dalla musa, travolto dall’ispirazione e non cado in trance riversando in automatico pagine e pagine di prosa in automatico.
Scrivere è un lavoro.
Ma se non altro è un lavoro divertente.
Ora, badate bene, scrivere racconti continua a divertirmi – non scriverli in italiano, ma scriverli continua a divertirmi.
Però scrivere saggi è un divertimento differente – ed al momento, un divertimento maggiore.
O migliore.
La cosa interessante è che, a monte, il lavoro di documentazione non è diverso – e questa è una cosa che mi ha sorpreso: il rapporto pagine scritte/lavoro di documentazione rimane praticamente lo stesso.
Ed anche la procedura di scrittura, alla fine, è la stessa.
Una volta messa sulla pagina l’idea, una volta definita la storyline, si crea una outline, e poi si cerca una voce.
E si comincia a scrivere.
La fondamentale differenza è -per quel che mi riguarda – proprio la questione della voce.
Io non credo all’ipotesi che la saggistica* debba essere stilisticamente neutra – proprio come ho sempre obiettato alla tesi (propugnata a suo tempo dal buon vecchio Ike Asimov) che la fantascienza debba essere stilisticamente neutra.
Un buon libro, una buona storia, deve avere una buona voce.
E nello scrivere saggistica, la voce diventa indispensabile – perché se è sbagliata, mette a dormire il lettore.
Dai commenti ricevuti sia dai miei beta reader che dai miei lettori – sì, il famigerato feedback – pare che il tono dei miei saggi sia adeguato.
Il che è bene, perché in alcuni casi, ho ricominciato da capo due o tre volte, per trovare il ritmo e lo stile giusti.
È questo che mi rende la scrittura di saggi più piacevole della scrittura di racconti?
Forse.
C’è anche il fatto che i personaggi di cui scrivo non mi tormentano per sapere cosa fare nel prossimo capitolo, sulla prossima pagina – le loro imprese e le loro azioni sono definite (beh, più o meno definite) ed io devo solo raccontarle, nella maniera meno noiosa possibile.
Ma trattando io di solito di cialtroni, la noia diventa una questione – ancora una volta – puramente stilistica.
E sì, qualora fosse sorto il dubbio, c’è un nuovo saggio in preparazione.
Due, in effetti.
Per ora siamo in fase di documentazione e di delineatura.
Poi si tratterà solo di trovare il tempo di scriverli.
E la voce con cui scriverli.
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* o, a dirla tutta, la scrittura accademica.