strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Non oscurità, ma ignoranza

Madman, thou errest. I say, there is no darkness but ignorance, in which thou art more puzzled than the Egyptians in their fog.
(William Shakespeare, Twelfth Night, Atto II, scena IV, pagina 3)

Ho appena letto un lungo, interessante articolo che descrivevsa internet come la distopia terminale – il trionfo, in termini cyberpunk, delle megacorporazioni, la riduzione dell’individuo a utente, consumatore di servizi, produttore di dati, entità infinitamente manipolabile.

L’articolo, se vi interessa, lo trovate qui, ed è molto ben scritto, molto ben argomentato.
Ed è, a mio parere e tutto questo genere di cose, un elemento perfettamente integrato di quella situazione che va a descrivere – un vettore memetico, se volete, della distopia che ci presenta.

Il segnale, sempre a mio parere, si ritrova proprio nel riferimento al cyberpunk.
E davvero è indubbio che noi si stia vivendo una fase molto molto simile ad una versione molto molto squallida dei peggiori incubi del cyberpunk. Leggo quotidianamente sul giornale notizie che sono trascrizioni quasi letterali delle partite giocate a Cyberpunk 2020 negli anni ’90.

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Ma…
Lo sapevate che stava per arrivare un “Ma”, vero? Continua a leggere


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Prigionieri

Selezione_003Mi hanno regalato un libro.
Nulla di personale – si tratta di una di quelle cose per cui ti iscrivi alla mailing list di un editore, e quello ti regala uno dei suoi libri in formato digitale.
Niente di che.

Il libro è invero un libricino, di qualcosa come quaranta pagine, si intitola Be Free Where You Are, ed è la trascrizione di una lezione tenuta dal monaco e maestro zen, Thich Nhat Hanh, nell’Istituto Correzionale di Hagerstown, in Maryland.
Sì, sitratta di una lezione sulla libertà tenuta davanti ad una platea di carcerati.

Ora, mi interesso di zen da decenni e ho sempre letto con un certo piacere i testi di Thich Nhat Hanh, ma ad incuriosirmi, inq uesto caso, è stato l’argomento, e il luogo.
Ci vuole un certo coraggio, una certa facciatosta, per andare a parlare di libertà in una prigione.E d’altra parte, in quale altro luogo il discorso troverebbe ascoltatori altrettanto attenti – e altrettanto bisognosi di scoprire come trovare la libertà indipendentemente da dove ci si trova?

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Noi non abbiamo paura della Bomba – Una Top Five

Sì, ok… ma non potremmo rendere la copertina un po’ più triste?

L’altra sera, io e la mia amica Lucia ci siamo resi conto di avere una grande nostalgia per la fine del mondo.
Per l’apocalisse nucleare, possibilmente.
No, ok, The Road, grande libro, una valanga di risate, però…
Però ai vecchi tempi l’apocalisse nucleare ed il dopobomba avevano un diverso stile, una diversa impostazione.
la fine della civiltà non era un’occasione per farsi dei devastanti trip di disperazione e senso di colpa, ma piuttosto era un’opportunità per spazzare via tutte quelle persone noiose che comunque – ammettiamolo – una vita tanto non ce l’avevano, e per riaprire i giochi in maniera darwinista.

E così mi sono detto… perché non fare una Top Five?
Con uso di Piano Bar.
Anzi, due – una per i romanzi, ed una per i film.
Non dovrebbe essere difficile, no?

C’è altro?
Ah, sì… no.
No nel senso che non ci saranno Un Cantico per Leibowitz, Davy l’Eretico, Cronache del Dopobomba e tutti quegli eccellenti romanzi che ho letto, mi sono piaciuti, ma non hanno nulla a che vedere con questa top five.
È la fine del mondo come lo conosciamo – e noi vogliamo divertirci.

Perciò, via, cominciamo con qualche libro da leggere. Continua a leggere