Sto leggendo contemporaneamente tre libri (non lo faceva anche Nero Wolfe?) che se non trattano dello stesso argomento, per lo meno toccano temi contigui.
E temi che abbiamo già visto su questo blog.
Tre volumoni, belli massicci – uno prestato, uno regalato, uno acquistato usato.
Perché non farci un post?
Anzi – tre…
Terzo volume – The Complete Artist’s Way, di Julia Cameron, pubblicato da Penguin nel 2007 e regalatomi due anni or sono da un’amica che aveva giudicato il libro dalla copertina.
Nonostante il titolo, le gru ed il vulcano in copertina ed il sottotitolo Creativity as a Spiritua Practice, non si tratta infatti di un testo taoista, o zen.
Julia Cameron, ex moglie di Martin Scorsese, è una scrittrice pubblicata in una varietà di media (narrativa, saggistica, musical, poesia, sceneggiature cinematografiche, commedie teatrali).
The Artist’s Way – originariamente un volume da 200 pagine (pubblicato in Italia da Longanesi), ormai un mostro da oltre 700 pagine nell’ultima edizione aggiornata – rappresenta la formalizzazione delle pratiche messe in atto dalla Cameron per utilizzare la scrittura come mezzo per uscire da una pessima miscela di depressione, psicosi e dipendenza da sostanze.
E questo mi piace, naturalmente, perché significa che scrivere può salvarti la vita, e cosa c’è di più importante di questo?
E sono quindi anche disposto a sorvolare sulla spiritualità di stampo cattolico-new age dell’autrice – che alla lunga suona un po’ caramellosa, ma se quella è la strada che ha trovato, chi sono io per criticarla?
Perché oltre a trattare la scrittura come una pratica che ti salva la vita, la Cameron dedica le settecento e rotte pagine del suo libro a trattare di creatività, senza definirla.
Come ho detto nel primo di questi post concatenati, ho letto un sacco di manuali di scrittura – alcuni buoni, altri meno buoni.
C’è un trucco, un sistema, per stabilire all’istante quali siano quelli meno buoni – sono quelli che perdono tempo a spiegarci cosa sia ciò che ci vogliono insegnare.
Cos’è la scrittura.
Cos’è la creatività.
Cos’è l’arte (Dio ce ne scampi!)
Ma se non definiamo ciò che vogliamo fare, come facciamo a farlo?
La risposta è semplice – facendolo.
Se vogliamo scrivere, leggere e scrivere sono attività fondamentali.
Insieme con il confronto col pubblico – perché l’ho già detto, chi scrive per non essere letto non ha bisogno di scrivere – sono tutta la scuola di cui abbiamo bisogno.
Ma scrivere a comando non è facile.
Si può imparare la tecnica, ma se poi non si ha nulla da dire, rimane tutto un bell’esercizio di futilità.
È qui che entra in gioco il fattore creatività – ed il libro della Cameron.
Definire qualcosa come la creatività può in effetti essere controproducente – perché non è assolutamente detto che quella sfaccettatura del mio carattere che iio definisco creatività corrisponda esattamente alla vostra.
E poi, anche ammesso che esista una creatività monolitica, la si impiega allo stesso modo in scrittura, fotografia ed esecuzione musicale?
Le definizioni sono zavorra, in questo caso.
Il libro della Cameron rappresenta un insieme di esercizi e pratiche quotidiane il cui unico scopo è quello di stimolare la creatività – qualunque cosa essa sia.
Chiaramente, se vogliamo fare della nostra attività creativa anche un percorso di crescita, dovreo avere delle regole strette – e c’è nelle routine descritte dall’autrice la ferrea cadenza di una pratica che le ha permesso di emergere sana da un posto molto molto brutto.
Ma è proprio questo principio di ascensione che giova alla struttura del volume.
Che se non definisce la creatività ma ci fornisce esercizi per stimolarla, allo stesso modo non definisce la buona scrittura, ma ci rivolge le domande giuste per aiutarci ad identificare le cattive abitudini, gli errori, le sciocchezze, l’auto-boicottaggio.

Va bene, lo sappiamo... questa non è una Alouatta ( o "scimmia urlatrice"), ma dateci un po' di margine, ok?
È qui che si innesta un altro meccanismo interessante.
Perché se scrivere, se creare, significa un così approfondito lavoro su di noi, sulla nostra struttura mentale, allora è innegabile che scrivere, creare, ci cambia.
E ci offre quindi l’occasione di cambiare in meglio.
Di diventare persone migliori.
OK, tranquilli, non sto per mettermi a salmodiare mantra bruciando incenso.
Non ho intenzione di buttarla sul mistico, ma piuttosto sul pratico.
Considerate un dato di fatto: scrivere con le scimmie urlatrici nel cervello è abbastanza difficile.
Per scrivere servono calma, disciplina, e controllo.
Urgenza, forse, ma non fretta.
Pressione, ma non stress.
Bisogna avere il coraggio di esporsi ma non l’ansia di mettersi in mostra.
È assolutamente necessario tenere l’ego sotto controllo – specie se vogliamo guardare al pubblico ed imparare da esso, modulare la nostra produzione sulle sue esigenze ma non sulle sue aspettative.
Dobbioamo guidare la danza col lettore, non manipolarlo o spintonarlo in una direzione o in un’altra.
Per scrivere è assolutamente indispensabile conoscere noi stessi e conoscere gli altri, e tirare fuori il meglio.
Poi, si può anche naturalmente scrivere rimanendo egocentrici, arroganti e disprezzando e manipolando il pubblico.
Però diranno di noi che siamo degli stronzi.
Magari in gamba, ma stronzi.
C’è chi si accontenta…
Un altro buon modo per riconoscere i mediocri manuali di scrittura è valutare l’atteggiamento dell’autore verso ciò che sta insegnando, verso se stesso.
Se si presenta come il Tarzan della giungla letteraria, sbandierando premi, caratteri battuti al minuto e migliaia di parole al giorno, ci sono buone, ottime probabilità che ciò che abbiamo fra le mani sia il frutto di un ego in suppurazione.
Anche in questo, la Cameron, con la sua esperienza negativa come punto di partenza, sgonfia immediatamente ogni traccia di superominismo.
La Cameron ha provato un altro sistema per stimolare la creatività – e ne ha riconosciuti gli effetti distruttivi.
Questo è un manuale di ricostruzione personale.
Il libro è zeppo di esercizi, sfide al lettore, prove pratiche, questionari, contratti.
È farcito di citazioni, strutturato in capitoli brevi, e servito da una semplice struttura – tutte le mattine, d’ora in avanti, dovrai alzarti un po’ prima e scrivere una pagina.
E un paio di sere al mese offrirti una cena e volerti bene.
Non pare troppo difficile.
Basta leggere The Artist’s Way per divenatre scrittori.
No.
Ma probabilmente non si diventa scrittori.
Al limite, si diventa scrittori migliori.
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