La scomparsa di Kage Baker, nel 2010, è stato per quel che mi riguarda un colpo durissimo, il genere di trauma che si prova quando si è convinti di aver scoperto uno spirito affine, di aver trovato un inesauribile giacimento di meraviglie che paiono ritagliate su di noi e sui nostri gusti, sulle nostre curiosità.
Autrice che aveva esordito tardi, a quarantacinque anni suonati, negli ultimi quindici anni la Baker si era distinta nella creazione di romanzi e racconti estremamente intelligenti, fondati su idee insolite sviluppate benissimo, senza la paura di riprendere idee altrui e rivoltarle in maniere inaspettate.
Una grande quantità di fantascienza (i romanzi metatemporali della Compagnia), una spruzzata di fantasy, qualche vaga impressione lovecraftiana.
Un corpus di storie eccellenti, una voce inconfondibile.
È quindi con grande piacere misto ad una estrema malinconia, che in occasione del mio quarantacinquesimo compleanno mi regalo The Best of Kage Baker, sontuosissimo volume della Subterranean Press che raccoglie una selezione di racconti e novelle dell’autrice americana, sospesi fra le suggestioni leiberiane e un vago sentore steampunk probabilmente troppo rarefatto e intelligente per gran parte dei cultori nostrani del sottogenere.
Bello, stampato su carta buonissima, illustrato dal sempre intrigante J.K. Potter, il volume di circa 500 pagine costituisce un dovuto monumento postumo ad una autrice che viene definita nella presentazione del libro come “insostituibile” – e lo è davvero.
Undici delle venti storie ristampate provengono da riviste, collezioni e altre imprese editoriali, e sono riunite in un singolo volume per la prima volta.
Lettura indispensabile, pensando a tutto ciò che è stato, a tutto ciò che avrebbe potuto essere.