strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Alla ricerca del fantasy mediterraneo

210910Questo è un post del piano bar del fantastico – la mia amica Paola mi ha chiesto di parlare un po’ di fantasy mediterraneo.
Ed è un gran bell’argomento, e anche piuttosto difficile.
Vediamo cosa si riesce a mettere assieme.
Questo è probabilmente solo l’avvio della ricerca, il primo passo, il primo di diversi post.

Uno dei principali elementi di difficoltà è definire il fantasy mediterraneo – dipende solo dalla location?
Ci sono dei temi, degli elementi distintivi?
Ci sono dei titoli di riferimento?
I vecchi peplum con Maciste e i telefilm di Hercules con Kevin Sorbo sono fantasy mediterraneo?

Complicato, complicato – terribilmente complicato.

ADDENDUM: mi segnalano questo blog dedicato al fantassy Mediterraneo.
A questo punto, invece di continuare aleggere le mie sciocchezze, fate un salto lì, che troverete di sicuro tutto ciò che cercate.

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Il meme dell’egiziana Amenartas

H. Rider Haggard

H. Rider Haggard (Photo credit: Wikipedia)

Passerò il weekend a rivedere un pezzo che spero di consegnare all’editor per il prossimo finesettimana – un bell’articolone sulle razze perdute della narrativa avventurosa, ed in particolare sulle regine che le governano.

Sarà un weekend in compagnia di Ayesha e di La di Opar.
All’ombra lunga, molto lunga, di Henry Rider Haggard.

Rispetto a molti altri autori del genere lost race, Rider Haggard aveva un vantaggio sostanziale – lui l’epica coloniale l’aveva vissuta davvero.

Era stato in Sud Africa, aveva servito come segretario del governatore del Natal, aveva issato personalmente la bandiera inglese su Pretoria all’atto dell’annessione del Transvaal.
Forse per questo le narrative coloniali di Rider Haggard mostrano una vena di disillusione e di pessimismo che non si trova, per dire, in Conan Doyle o, men che meno, in Burroughs.
C’è una simpatia autentica per “i nativi” che disinnesca molti dei borbottii dei moderni commentatori. Continua a leggere


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Tros di Samotracia

Tros2Ho già accennato in passato alla figura colossale e leggendaria di Talbot Mundy – un avventuriero che si riciclò come autore di avventure, e come divulgatore dei principi della Teosofia della quale fu fermo sostenitore.

Nel 1925, Mundy avviò sulle pagine di Adventure la pubblicazione delle avventure di Thros di Samotracia.
Tra il febbraio del ’25 ed il febbraio del ’26, Tros – agguerrito avventuriero greco sballottato nel mondo classico del primo secolo avanti Cristo – ebbe modo di vivere una quantità di avventure e capitomboli, per un totale di 96 capitoli, suddivisi in 4 episodi principali.
Pubblicato in volume unico nel ’34, Thros of Samothrace viaggia sulle 1000 pagine, e dentro c’è tutto

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Lo Scaffale dei Pulp

Sam-casablanca-1345034-360-253Si era detto pulp, e neanche a farlo apposta, attraverso Facebook mi arriva una richiesta pulp per il Piano Bar del Fantastico.
prima performance dell’anno.
Il locale è buio e fumoso, il piano verticale mostra inquietanti fori da proiettile, ma noi il pezzo lo facciamo lo stesso.
Poi canteremo in coro la Marsigliese.

La richiesta fa più o meno così…

Mi piacerebbe leggere un’avventura sul classico, tipo avventuriero in giro per il globo et silmilia. […] Una cosa anni ’30 con locali ai confini del mondo, sigarette arrotolate a mano, donne chiamate pupe.

Il genere pulp-avventuroso, in Italia, è poco frequentato.
Un editore, da qualche parte in passato, provò a pubblicare Doc Savage, ma ottenne risultati mediocri di vendite e di critica.
Il genere è più praticato al cinema (Indiana Jones, La Mummia) che non nella narrativa.
A complicare le cose ci si è pure messo Tarantino, che intitolando Pulp Fiction un film che si sarebbe potuto tradutrre con Narrativa d’Appendice, ha autorizzato qualsiasi idiota a definire pulp una storia a base di sesso, droga e violenza.

adventurehouse-spicyadventurestories-November1942In realtà, la cosa è più complicata – possiamo immaginare una ideale suddivisione in quattro periodi della storia del pulp.

  1. il proto-pulp – su riviste come i penny dreadfuls inglesi e le dime novel americane, dagli anni 90 del 19° secolo alla prima guerra mondiale. Un catalogo che spazia da Conan Doyle a Kipling, passando per decine di autori sconosciuti.
  2. il pulp propriamente detto – quello delle riviste pulp pubblicate fra le due guerre… da Black Mask a Weird Tales passando per Astounding
  3. il pulp del dopoguerra – equamente suddiviso fra i paperback della Gold Medal e le riviste tipo Men’s Adventures
  4. il New Pulp – pubblicato ora, spesso in formato elettronico

Qui ci occuperemo essenzialmente di pulp propriamente detto – quello dei racconti e dei romanzi brevi pubblicati sulle riviste.
Perciò, fermiamoci un attimo, e cerchiamo di mettere giù una delle nostre solite reading list.
Ci toccherà leggere in inglese – fatevene una ragione. Continua a leggere


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Talbot Mundy

Strane connessioni.
Striscio nottetempo attraverso la rete in cerca di notizie di Tarzan.
Cosa ne è stato dei romanzi di Burroughs, dei film di Johnny Weissmuller?
Ne ho già parlato – l’uomo scimmia è stato rimosso dal nostro immaginario; troppo politicamente scorretto, troppo poco vestito, pericolosamente ambientalista ma pronto a fare la lotta nel fiume col coccodrillo…
E così, incespicando su Edgar Rice Burroughs, casco e rotolo giù nel limbo dei giganti rimossi – Emilio Salgari, H. Rider-Haggard, Anthony Hope, Rafael Sabatini, W.E. Johns, Dennis Wheatley, fino a schiantarmi su quel colosso che è Talbot Mundy.
Davanti alla statua basaltica pre-atlanteana che ricorda Mundy e le sue gesta letterarie mi genufletto tre volte, e mi si scalda il cuore per la peraltro misera consolazione che un bel plico dei lavori dell’autore inglese sia reperibile attraverso le pagine del Progetto Gutenberg.

mundypic.jpgNato William Lancaster Gribbon in quel di Londra nel 1879, il giovane che sarebbe divenuto autore di riferimento per scrittori quali Robert E. Howard, Leigh Brackett, C.L. Moore, Fritz Leiber e Michael Moorcock, fuggì di casa per cercare avventure, prima entrando a far parte della troupe di un circo (esiste qualcosa di più classico?) in Germania, e poi spostando il proprio sguardo più lontano, in Africa e in Asia.
Quindici anni dopo, avendo servito come militare nella Guerra Boera (o così diceva lui) e passato qualche tempo ai lavori forzati in Kenya per aver bracconato elefanti, si stabilì negli Stati Uniti (arrivandoci dal Sudafrica, passando per l’Australia) e prese a sfornare narrativa con lo pseudonimo di Talbot Mundy.
Sarebbe anche stato conosciuto coi nomi di Makundu Viazi, Talbot Chetwynd Miller Mundy (figlio del conte di Shrewsbury), Thomas Hartley e Walter Galt.
Resta ancora da verificare se abbia davvero servito nei servizi segreti britannici in medio ed estremo oriente.
Insomma, non un tipo noioso.

Cantore dell’epica coloniale britannica e di un mondo segreto ed eroico mai esistito, sospeso fra suggestioni teosofiche, misteri della giungla e vibrazioni proto-lovecraftiane, Mundy fu uno dei personaggi centrali nella creazione di una narrativa storico-avventurosa con elementi fantastici dalla quale discendono tutti i grandi eroi – da Conan e Solomon Kane giù giù fino a Indiana Jones.
Parallelamente, con le storie dedicate a Tros di Samotracia ambientate durante l’invasione romana della Britannia, Mundy riuscì a mescolare storia antica, spionaggio, intrigo e fantasy, in un baraccone pirotecnico che ha dentro tutto – dai druidi a Giulio Cesare, da Cleopatra ai pitti assetati di sangue – senza mai perdere una battuta.
Autore competente, ben informato e con una prosa colorita e personale, Mundy rimane ancora oggi – al suo meglio – un gran divertimento.
Per dare un’idea del tipo, ecco l’incipit di Jimgrin and Allah’s Peace (del 1936)

There is a beautiful belief that journalists may do exactly as they please, and whenever they please. Pleasure with violet eyes was in Chicago. My passport describes me as a journalist. My employer said: “Go to Jerusalem.” I went, that was in 1920.

I had been there a couple of times before the World War, when the Turks were in full control. So I knew about the bedbugs and the stench of the citadel moat; the pre-war price of camels; enough Arabic to misunderstand it when spoken fluently, and enough of the Old Testament and the Koran to guess at Arabian motives, which are important, whereas words are usually such stuff as lies are made of.

Mi vien quasi da paragonarlo ad un attacco di un brano jazz – nelle prime quattro battute, rapide e disordinate, gli strumenti cascano dentro la melodia.
Che poi parte a razzo, ironica e sincopata, nelle strofe successive.
Ci acchiappa.
Ci tira dentro.
Pulp fiction, che diamine, ma di quella vera e certificata.

om.jpgE che dire di questo frammento, preso da OM: The Secret of Ahbor Valley (1924)

There used to be a cafe, in Vienna, where a man might learn enough in fifty minutes to convince him that Europe was riding carelessly to ruin; but that was before 1914 when the riders, using rein and spur at last, rode straight for it.

È una frase assolutamente “buttata via”, poiché mai più – nelle duecento e più pagine successive – sentiremo far menzione di quel particolare caffé di Vienna.
Ma quante funzioni svolge?
Data la nostra storia, ne colloca i riferimenti politici, allude ad una vasta ragnatela di informazioni nascoste agli occhi dei più, e ne certifica l’affidabilità…
Col paragrafo successivo siamo trasportati in India, e dopo un altro breve paragrafo, l’avventura comincia.

Ora lo so, me ne rendo conto, sembro un vecchio nostalgico, perduto nel ricordo di quando i libri si scrivevano a mano o a macchina, e che brontola in un angolo dicendo che “non li fanno più come una volta”.
Ma non è esattamente così.
Il passato nasconde tesori dimenticati.
Scoprire e leggere Mundy (e tutti gli altri autori che l’editoria ha consegnato all’oblio) potrebbe portare molti lettori a rivalutare le proprie attuali infatuazioni, e molte delle proprie convinzioni scolpite nella roccia su cosa sia fantastico (saghe norrene o niente, vero?), su cosa sia valido, su cosa funzioni.
Potrebbe addirittura insegnare ad alcuni autori molto popolari a scrvere meglio.
Ma credete che succederà?

Qui da noi qualcosa deve essere uscito – ma il Vegetti mi abbandona non listando nemmeno il povero Mundy.
Qualcosa nel dopoguerra?
Mascherato da romanzo mainstream, da narrativa avventurosa per ragazzi?
Chissà.

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