Le domande fondamentali, nell’affrontare Dragon Kings of the Orient, di Percival Constantine, per quel che mi riguarda sono due.
. Prima domanda – è possibile leggere questo breve romanzo senza aver prima letto il primo volume della serie, The Myth Hunter?
. Seconda domanda – riuscirà ad essere meglio di The Myth Hunter?
Ricapitoliamo i dettagli.
Elisa Hill è una Myth Hunter, ed alterna ad una seria carriera accademica, un interesse particolarmente adrenalinico e muscolare per l’investigazione dell’insolito.
Il mondo che Constantine ci offre è una curiosa miscela di pulp (nei toni) e urban fantasy (nei moduli) – non solo gli antichi miti sono fondati su una base di realtà, ma elementi mitici si annidano attorno a noi.
Non solo un clone di Tomb Raider, quindi, ma un autentico mondo alternativo, nel quale il magico vive nascosto accanto al quotidiano.
La miscela è particolarmente riuscita.
Personalmente, trovo spesso noiosissimi gli urban fantasy a base di licantrope tatuate che combattono il male e stregoni che fanno gli investigatori privati.
Il taglio vagamente hard-boiled di certi titoli, spesso in mano ad autori che nonhanno una grande dimestichezza con quel tipo di struttura, mi rende certi titoli difficili, molto difficili da leggere*.
SApostandosi sull’azione sopra le righe del pulp, Constantine scarta il rischio-noia, e mantenendosi sul formato del romanzo breve, concentra tutto il proprio bang! in uno spazio contenuto.
L’effetto è notevole.
Nel primo volume della serie, Elisa ha investigato l’antico mistero di Lemuria, giungendo a conclusioni sorprendenti.
Gli eventi della prima storia si collegano all’azione nel secondo volume, fin dalle prime scene (Constantine ci offre una classica sequenza pre-titoli stile James Bond), ma passano in secondo piano quando l’antico Re Scimmia del folklore cinese si manifesta ad Hong Kong, ben deciso a regolare i conti con i draghi che lo hanno imprigionato per millenni nel corpo di un macaco.
Chi ha letto il primo titolo della serie riconoscerà gli elementi che l’autore sparge qua e là, e sarà certamente soddisfatto dallo sviluppo generale.
Chi si fosse perso The Myth Hunter, arriverà alla fine esilarato, e probabilmente correrà ad acquistare il primo volume.
Come nel primo romanzo, Constantine ha fatto i compiti, e pur senza affliggerci con lunghi spiegoni, ci fornisce una solida base “realistica” per il mito di Sun Wukong, giocando al contempo con il suo trickster trascinato nel ventunesimo secolo.
Intanto, l’autore ha preso piena confidenza con i suoi protagonisti, e l’azione si dipana a piena velocità, senza strappi e senza esitazioni.
Per cui sì, forse Dragon Kings è di una tacca superiore a Myth Hunter.
Attendiamo con non poca impazienza il prossimo volume della serie.
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* Sì, potrei fare una mia top five dell’urban fantasy.
Ma non vi piacerebbe.