“McGee, there is every identification here except the right one.”
“Cards are needed to do a favor for a friend?”
Un favore ad un’amica.
McGee userà spesso, quell’espressione – in The Quick Red Fox ed in molti altri romanzi.
Ma è in questo romanzo che la terrificante ironia di quest’espressione familiare dimostra tutta la propria potenza.
Lysa Dean è un’attrice di successo ed una carriera stellare pronta a dischiudersi, insieme con un succoso matrimonio.
Ma qualcuno ha delle foto molto compromettenti di Lysa, scattate con un teleobiettivo durante quattro giorni di orgia sfrenata e continuativa sul terrazzo di una villeta isolata.
Lysa ha già ceduto al ricatto, ma ora le minacce del ricattatore rischiano di mettere in pericolo le nozze imminenti.
Poi, un amico comune menziona Travis McGee e la sua insolita attività.
The Quick Red Fox, quarto romanzo della serie di Travis MCGee e quarto pubblicato nel corso del 1964, è in effetti il primo vero romanzo di McGee scritto da John D. MacDonald.
I tre titoli precedenti sono rielaborazioni di trame lasciate in sospeso dall’autore, lavori fermi sul fondo di un cassetto e prontamente resuscitati all’offerta della Fawcett di pubblicare una serie.
Ed è infatti impossibile non notare una certa disomogeneità nelle trame e nelle situazioni dei primi tre romanzi.
Con Quick Red Fox, MacDonald mette finalmente in macchina un foglio di carta con l’esplicita intenzione di scrivere una storia di Travis McGee – visto il successo delle precedenti.
E se per atteggiamento e disposizione d’animo il McGee di Red è affine a quello inizialmente incontrato in The Deep Blue Good-bye, è anche vero che elementi diversi vengono recuperati da Nightmare in Pink (la rete di favori che rende McGee una delle centomila persone reali) e da A Purple Place for Dying (Meyer viene citato una seconda volta, e ne otteniamo anche una descrizione fisica).
Di Purple, Red replica (ma non imita) poi la trama complessa e ingegnosa.
Ma il vero elemento che, introdotto nei primi tre romanzi, arriva finalmente al compimento in questo volume è la divagazione socio-politica del protagonista – che non esita a prendersi pagine e pagine non per discutere di indizi, moventi e sospetti, ma per esprimere opinioni sulla società americana in evoluzione.
Il cambiamento è nell’aria, qualcosa si muove all’orizzonte, preannunciato da musicisti coi capelli lunghi e dalla speranza in una generazione che saprà rivolgere alla precedente le domande antipatiche.
You see, Virginia, there really is a Santa Rosita, full of plastic people, in plastic houses, in areas noduled by the vast basketry of their shopping centers. But do not blame them for being so tiresome and so utterly satisfied with themselves. Because, you see, there is no one left to tell them what they are and what they really should be doing.
The dullest wire services the world has ever seen fill their little monopoly newspapers with self-congratulatory pap. Their radio is unspeakable. Their television is geared to a minimal approval by thirty million of them. And anything thirty million people like, aside from their more private functions, is bound to be bad. Their schools are group-adjustment centers, fashioned to shame the rebellious. Their churches are weekly votes of confidence in God. Their politicians are enormously likable, never saying a cross word. The goods they buy grow increasingly more shoddy each year, though brighter in color. For those who still read, they make do, for the most part, with the portentous gruntings of Uris, Wouk, Rand and others of that same witless ilk. Their magazine fare is fashioned by nervous committees.
You see, dear, there is no one left to ask them a single troublesome question. Such as: Where have you been and where are you going and is it worth it.
They are the Undisturbed. The Sleep-Lovers.
L’esplosione dei sobborghi, delle comunità omologate, è un bersaglio d’elezione, per Travis McGee, che in futuro aggiungerà delle preoccupazioni ambientali al proprio già nutrito bagaglio di antipatie.
In the meanwhile, Virginia, Santa Rosita still exists, and it is as if some cynical genius had designed a huge complex penal colony in the sunshine, eliminating the need for guard towers and barbed wire by merely beaming a gigantic electronic message at the inmates, day and night, saying, You are in heaven! Be happy! If you can’t be happy there, you can’t be happy anywhere! Vote! Consume! Donate! And don’t forget to use your number.
La molto vocale antipatia di McGee verso le carte di credito percolerà pochi anni dopo nella vita dello stesso John D. MacDonald, che resterà a lungo impelagato in un contenzioso con una società di credito per delle ipotetiche spese (mai effettuate) non pagate.
MacDonald arriverà – poco saggiamente – a minacciare la compagnia di carte di credito con lo spauracchio di Travis McGee; immaginate c he danno d’immagine, se in un romanzo di McGee la vostra compagnia venisse pubblicamente accusata di cattive pratiche.
La minaccia, cadde nel nulla – forse perché le frecciate alle carte di credito, alle banche, alle compagnie di costruzioni ed alle mille entità senza volto intente a spartirsi l’America erano ormai al di là di ogni valore intimidatorio.
Costruito sulla base di una premessa – i quattro giorni di sesso e alcool all’origine del ricatto – molto più scollacciata di quelle incontrate nei romanzi precedenti, Red titilla lo spettatore senza di fatto concedergli nulla.
Il contenuto delle immagini compromettenti viene lasciato alla fantasia del lettore, ma offre ancora una volta l’occasione a McGee per alcune riflessioni…
But something still bothered me, something I could not quite define. So I took them out and shuffled through them again. The clue was there. It was the terrible loneliness on their faces. Each one of them, in all that lazy confusion of intimacies, in that lexicon of clinical descriptions, looked utterly, desperately alone.
And they were beautiful people. Lysa Dean was the featured player in every shot, and her body was as superb as its promise.
I felt as if I had glimpsed the edge of some great paradox. The grotesque ultimate of togetherness is the final loneliness of the human spirit. And once you had been that far out on that barren limb, there was no chance of ever coming all the way back.
Gli anni delle playmate stanno per finire, e per McGee non sarà mai troppo presto.
Non manca, naturalmente, il personaggio femminile danneggiato e bisognoso di assistenza, che ritroverà la salute mentale ed emotiva e la gioia di vivere a letto col nostro eroe, per il piacere dei suoi lettori della prima ora.
Oggi, la capacità di McGee di mettere tutto a posto con una buona nottata di sesso all’antica ci pare sciocca, e ridicola, almeno quanto la tirata che in Red ci viene ammannita riguardo all’improvviso proliferare dell’omosessualità femminile (ed a ben guardare, tutta la scena relativa).
Sono i dettagli che sono invecchiati male e che strappano un sorriso se non una smorfia di fastidio.
Ed è un peccato, perché Dana è forse la partner migliore, fin qui, fra quelle che hanno condiviso il letto e le indagini di McGee, e Quick Red Fox è un romanzo superiore ai precedenti.
Ma a rendere davvero speciale questo quarto/primo romanzo della serie, a parte la risoluzione dell’intrigo poliziesco, è il quadro finale, con McGee che scopre, e tocca con mano, quanto amaramente ironico possa essere quel modo di dire.
Aiutare un’amica.
Eppure, come…? Possibile che non te lo aspettassi, McGee?
Per il prossimo giro… A Deadly Shade of Gold.
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