strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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97 a 21

logo97Immagino l’abbiano detto anche voi, che sarebbe stato meglio laurearsi a 21 anni con 97.
Ora questa sì che è un’idea geniale.
Che scemi noi, vero, a non pensarci?

Ora, prima che sorgano fraintendimenti – io non ho assolutamente nulla contro all’idea di laurearsi in tempi brevi: vorrei solo che si evitasse di trasformare la laurea in una gara di velocità.

Perché nel discorso sull’importanza di laurearsi in fretta, curiosamente, si è parlato un sacco di laurearsi giovani e belli, ma non è stato toccato un dettaglio importante – la competenza.
Forse perché la competenza è molto più difficile da valutare della velocità.
E moderatamente difficile da trasmettere agli studenti. Continua a leggere


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Kilometri e Kilobyte

SNOW WEATHERLe prossime settimane saranno… interessanti.
Non solo per il fatto che dovrei aiutare mio fratello a traslocare, ma perché l’università richiede inderogabilmente la mia presenza e partecipazione a tre lezioni – le ultime tre lezioni dell’anno – del corso per i dottorandi.
Nei prossimi dieci giorni, di conseguenza, abbandonato mio fratello fra mobili e casse di suppellettili, dovrò sobbarcarmi circa duemila chilometri di autostrada, per un totale stimato di venti/venticinque ore di percorrenza, a fronte di tre ore di lezione.
Più due pernotti.
Per un costo complessivo stimato – fra carburante, autostrada, vitto e alloggio – di 300/500 euro.
Per tre ore di lezione.
Un’ora dalle dodici alle tredici del tredici di dicembre.
Due ore tra le undici ele tredici del diciotto di dicembre.
Tre lezioni estremamente interessanti e tenute da docenti di altissimo livello – e questo significa che se non altro saranno divertenti da seguire.
Ma i chilometri si faranno sentire.
E non oso pensare allo stato delle strade il 18 di dicembre*.

199_n_1146762015Ora, la cosa che mi desta un certo malsamo divertimento, è che nell’arco del 2012 ho seguito circa 60 ore di lezione per due corsi all’Università di Stanford, e circa 100 ore di lezione per tre corsi all’Università di Berkeley.
Le ho seguite con piacere e profitto, senza muovermi dalla sedia sulla quale sono seduto in questo momento.
E senza spendere un centesimo – se non quelli per i DVD sui quali ho salvato il materiale delle lezioni.

Ora, certo, lo sappiamo, Berkeley e Stanford stanno in America, di più, stanno in California, e stanno nel ventunesimo secolo, ma…

… Negli ultimi tre mesi ho macinato qualcosa come 80 ore di lezione, coi miei studenti del corso online di taoismo, ed ancora una volta nessuno di noi si è spostato da casa.
A fine corso avremo totalizzato qualcosa come 100 ore – un bel record, considerando che il mio corrispondente corso dal vivo era di circa dieci ore.
100 ore di lezione online.
E questo senza i potenti mezzi delle università californiane, e facendo i conti con la traballante rete dell’Astigianistan, che mi garantisce nei momenti di grazia ben 78K al secondo di trasferimento in download.
Eppure ha funzionato, ed è stato divertente, e sebbene resti il rammarico di non esserci mai incontrati di persona, magari per farci una pizza a fine corso, per quel che mi riguarda sarò ben felice di rifarlo.

La settimana prossima invece…

teleconferencing-5Ora, ovviamente, non posso chiedere che la mia università organizzi i propri corsi in teleconferenza o in video-chat per favorire un solo studente – ma anche gli studenti che invece di stare a cinquecento chilometri stanno solo a trenta, potrebbero apprezzare.
Ma ripeto, non posso chiedere una cosa del genere.
Il fatto è che comincio ad avere l’impressione che non dovrebbe essere necessario chiederlo.

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* Lasciamo come esercizio a casa per i più curiosi la programmazione di un percorso ferroviario Asti-Urbino e ritorno.


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Favori sessuali in cambio di crediti formativi

C’erano un sacco di cose di cui avrei voluto parlarvi oggi.

  • Ho appena ricevuto la mia copia di The Complete Making of Indiana Jones, edizione DelRey, e varrà la pena discuterne.
  • Per la serie Non è sempre caviale avrei voluto discutere con voi seriamente di hamburger
  • C’è una cosa un po’ strana che si va delineando tra blog contigui (riot in C block!) e di cui vorrei chiacchierare
  • C’è il fatto che il centurione Aculeo e la principessa Amunet (ve li ricordate?) potrebbero dopotutto uscire in un libro fra qualche mese, al di là del mare oceano
  • Ci sono le polpose novità dalla Pyra Edizioni, delle quali è necessario informare il mondo
  • C’è un gioco di ruolo assolutamente meraviglioso di cui vorrei raccontarvi

Ma la cronaca prende il sopravvento.

Stando ad un sondaggio di UniversiNet (ok, non esattamente la mia fonte primaria di notizie, ma passatemela), il 57% delle matricole di sesso femminile ed il 39% di quelle di sesso maschile sarebbero disposti a concedere favori sessuali al fine di superare senza fatica (?) il test di ammissione alla facoltà scelta

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Arresto preventivo

C’è un vecchio episodio di Batman, la serie TV con Adam West, in cui il Pinguino (Burgess Meredith, che era un grande caratterista) porta in tribunale il Dinamico Duo.
L’accusa – avendolo arrestato prima che commettesse il crimine, l’Uomo Pipistrello ed il Ragazzo Meraviglia hanno di fatto limitato la sua libertà di cittadino, violando i suoi diritti costituzionali.
E lo stesso Batman non può che ammettere la correttezza della tesi del super-criminale.

Ma la Costituzione, si sa, in certi paesi viene usata per fre altre cose, e non per leggerla.
Facciamoci sopra un bel pork chop express…

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Proposta per una tesi di filosofia

Non ci si può distrarre un momento.
È estate, stiamo tutti barricati in casa a difenderci dalla calura, e proprio mentre io mi sollazzavo bibite ghiacciate a casa di amici giocando ad Arkham Horror, il neofeudalesimo ha fatto un paio di passi avanti.

OK, l’avete già sentita, io ve la ripeto.
La figlia del premier, Barbara Berlusconi, si è laureata in Filosofia.
Laurea triennale – badate bene.
Quella riguardo alla quale la Guida di orientamento e programmi dei corsi 2001-2002 della Facoltà di scienze della formazione di Torino diceva

«Quando si dice “180 crediti” non bisogna pensare all´equivalente di 18 vecchi esami, ma a qualcosa di francamente meno. Intanto perché la compilazione della tesi di laurea vale 10 crediti, mentre prima erano previsti 20-21 esami, oltre alla tesi. Ma soprattutto perché la vecchia tesi aveva un peso notevolissimo, e c´erano studenti con tutti gli esami sostenuti che non riuscivano a laurearsi. Con la laurea triennale la tesi ha una incidenza modesta: nella nostra Facoltà è stato previsto un minimo di 50 cartelle dattiloscritte, che non è proprio una fatica improba».
[…]
«Forse genitori e familiari saranno preoccupati per la perdita di una immagine forte, consegnata tradizionalmente alla pesantezza del volume di tesi rilegato, ma si potranno consolare con l´immagine fortissima della cerimonia di laurea che prevede, nella nostra Facoltà, la toga per tutti i docenti, e persino una toga particolare per i laureandi».
[…]
«L´Università italiana è una università di massa e deve avere laureati di massa. Non ha senso mettere in piedi una Università di massa per produrre una élite di intellettuali. Proprio per evitare questo assurdo e questo spreco di denaro è stata realizzata la recente Riforma Universitaria».

Non male, come premesse, eh?
Ed era il 2001!

Comunque, la ragazza (classe 1984 – evitiamo le battute ed i riferimenti cinematografici) ha scucito un 110 & Lode per una tesi (non sappiamo di quante pagine) su Il concetto di benessere libertà e giustizia nel pensiero di Amartya Sen.
Ora è ben noto cosa pensi io delle lauree in filosofia, ma sorvoliamo sui miei problemi caratteriali.
La tesi di cui sopra la ragazza l’ha discussa in un posto che si chiama Università Vita-Salute San Raffaele, che suona più come una sede termale che non come un ateneo, ma sono io che sono uno snob, giusto?

Tale e tanto è stato l’entusiasmo degli astanti, che il rettore dell’ateneo – amico di famiglia, naturalmente – ha pensato bene di domandare alla neolaureata

se, secondo lei, può nascere una facoltà di Economia del San Raffaele basata sul pensiero di Sen, invitandola a proseguire gli studi e diventarne un giorno docente.

E qui qualcuno si è imbizzarrito, perché offrire una cattedra (ed un dipartimento) ad una venticinquenne fresca di triennale è per lo meno una sciocchezza.

Era una battuta, si dirà.
Il rettore è amico di famiglia.
Non si trattava di nulla di ufficiale.
Come no.
Ma allora per lo meno il Rettore si è scordato il peso della propria carica istituzionale, ha parlato a vanvera e si è esposto al rischio di essere tacciato di leccaculismo dal pubblico meno sensibile.
Da un rettore universitario – e per di più un eclesiastico – ci si aspetterebbe di meglio.

A completare il quadretto, è poi intervenuto l’augusto genitore della neolaureata, che ha dichiarato al popolo che i suoi figli sono davvero in gamba – ma è tutto merito dei genitori.

Il che mette in una tristissima prospettiva l’intera faccenda.

Perché, andiamo controcorrente – supponiamo che Barbara Berlusconi sia una studentessa onesta e coscenziosa, che si è squadrata il culo sui banchi come tutti i suoi colleghi e che non ha mai approfittato né del fatto di essere studentessa in una facoltà il cui rettore è un amico di famiglia, né del peso del nome e della carica paterna.
È una legittima supposizione, che faremmo per qualsiasi studente fino aprova contraria, giusto?
Quindi supponiamo che il suo 110 & Lode sia perfettamente meritato, sudato, preparato con cura, discusso con passione.

Beh, non ha alcuna importanza.
Quando anche tuo padre ti toglie il merito del lavoro che hai fatto, sai benissimo cosa dirà la gente.

Ed a questo punto, la seconda domanda è – visto che sai in quale situazione ti trovi, sai già cosa la gente penserà comunque e guardacaso studi in una università della quale è rettore un amico di famiglia, e tuo padre è il premier…
Se già sai cosa la gente penserà comunque…
Te lo squadri, il culo, o giochi la carta del nome e delle amicizie?
Se tanto tutti diranno che ne hai approfittato, non ne approfitti?

Bel tema per la tesi del biennio, eh?

Intanto, inesorabile, il neofeudalesimo avanza.

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Cosa fare dopo il diploma

Una specie di inaspettato ma benvenuto seguito al discorso sull’essere soli – nell’universo e a scuola…

Interessante filmato di David Brin, su come selezionare un indirizzo universitario, come sopravvivere all’università e diventare persone complete.
Include il famoso metodo dell’esplorazione casuale dell’edificio universitario – fantastico!

Facendo le debite proporzioni e valutate le differenze fra sistema italiano e sistema americano, sottoscrivo in pieno.

Non limitarsi alle gratificazioni immediate.
Cercare la sfida.
Diventare esperti in un aspetto della nostra materia.
Mantenere vive passioni ed hobby.
Non permettere alla struttura di incasellarci.

È tutta questione di atteggiamento e di curiosità.

Alla via così.


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Torino, l’Università e i libri abbandonati.

Un gradito ritorno su questi schermi – un bel post al veleno stimolato da Speculum Maius.
Era da un po’ che il blog di Maria Grazia Fiore non stimolava la mia cattiveria, contribuendo ad affossare la mia già peraltro vacillante carriera accademica (e con questa, mandiamo anche un caro saluto a tutti i colleghi geologi di Torino che passano su questo blog! Ciao, ragazzi!).

Dal blog di Maria Grazia scopro non con sorpresa ma con una sorta di sfinita rassegnazione,  la notizia riportata da La Repubblica:

È parsa dunque davvero un po’ surreale l’immagine che si è vista martedì pomeriggio davanti a Palazzo Nuovo: scatoloni di libri abbandonati nelle aiuole recintate in attesa di essere portati al macero, tesi di laurea e migliaia di volumi editi da Giappichelli o Gheroni, la maggior parte dei quali siglati Università di Torino, facoltà di magistero. Il ragno che ha alzato tutto in massa e sgomberato definitivamente l’area è arrivato soltanto questa mattina.

Torino, l’Università e i libri abbandonati… Tre ricordi sfusi, più o meno in ordine cronologico.

Il primo è il mio vecchio amico GF, oggi ampiamente integrato nello staff universitario, che attorno al 1993-95 arricchisce la propria biblioteca professionale con un numero imprecisato di volumi abbandonati, in alcune casse, esposti alle intemperie sotto ad un porticato.

Il secondo ricordo è più o meno contemporaneo – siamo io e la mia amica E. che studiamo chimica in una delle aulette contigue alla biblioteca di Palazzo carignano. Nella biblioteca contigua appunto, il professor Malaroda (buonanima) sta strigliando con furia disumana la bibliotecaria, rea di aver concesso in prestito un testo estremamente pregiato ad uno schifoso studente. “Gli studenti devono capire,” le dice (e lo sentono probabilmente fino a Palazzo Campana), “che questa biblioteca è il frutto del lavoro di anni di docentie  bibliotecari. Molti di questi libri sono introvabili, per cui se gli studenti ne hanno bisogno, che se li cerchino da un’altra parte!!”
Io e la mia amica, testimoni non invisibili,  ci guardiamo, occhi sgranati, alla ferrea logigica del ragionamento.

Il terzo ricordo è invece uno dei primi che lego alla mia tesi di laurea.
Per il mio lavoro al microscopio è necessario un certo volume, disponibile presso la biblioteca di Palazzo carignano.
Ma io lavoro al Galileo Ferraris.
Viene fatta domanda affinché il testo venga spostato temporaneamente nella biblioteca di Micropaleontologia del GalFer, ed io, con nota stilata di suo pugno dal mio relatore, galonfo verso il carignano, dove mi si assicura che la richiesta è perfettamente lecita, regolarmente firmata e compilata, e sostanzialmente si tratterebbe di uno spostamento interno alla biblioteca.
Ma – poiché fra gli scaffali della biblioteca del Carignano e quelli della biblioteca di micro al GalFer esistono circa tre chilometri di strada che palesemente non sono nella o della biblioteca (trattandosi di Via Accademia Albertina, Via Madama Cristina e Via Valperga Caluso) – io posso benissimo spostare il libro da qui a là… ma a patto che lo faccia senza uscire dai locali della biblioteca, ovvero senza passare per strada.

(la cosa venne probabilmente risolta facendo figurare momentaneamente le strade cittadine come parte del Dipartimento di Geologia, in considerazione del fatto che anni addietro, per protesta, alcuni docenti e studenti avevano fatto lezione sui marciapiedi di Via Valperga).

Ah, la cara vecchia UniTo.
Adesso ci si può anche comperare le magliette con stampato lo stemma…

Ora, a Palazzo Nuovo, studenti e docenti, scontrandosi con le logiche del mio secondo e terzo ricordo, hanno agito come quel mio vecchio amico del primo.
Si sono serviti.

Il preside di Lettere Lorenzo Massobrio, avvertito dai ragazzi, è cascato dalle nuvole, ma non sembra particolarmente turbato dall’operazione sgombero: “Certo la decisione non dipende da me, il problema è di chi dirige la logistica, ma comunque tutti i responsabili delle biblioteche sono stati consultati. E che altro si doveva fare con uno sgombero? Si mettono i libri da qualche parte in attesa che se li portino via”. Vendere i libri è un’idea assurda, aggiunge Massobrio “ma sono contento che i ragazzi abbiano seguito il mio consiglio, andare a prendersi direttamente i libri, una scelta di buon senso”.

Cara, vecchia, schizofrenica, disonesta UniTo.
Mi ero rassegnato al fatto che i soldi delle mie tasse fossero stati spesi in cene luculliane, fiumi di bevande esotiche,  donnine compiacenti e scommesse sui cavalli.
Invece mi accorgo che sono stati semplicemente sciuparli.
Alzano le tasse ogni anno, e non sono neanche abbastanza intelligenti da rubarsi i soldi.

Mentre scrivo, un coriere mi consegna trafelato un pacchetto contenente un libro usato (del quale parleremo poi), che reca la stampigliatura e i codici della Biblioteca di Brooklyn.
Gli americani, per lo meno, quando smantellano le biblioteche, se le vendono.


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5000 parole in 48 ore

Ah, la dura vita del freelance.
Se farsi pagare resta il problema più grosso (ma non è un problema per tutti oggidì?), il secondo grande problema è la gestione del tempo.
Un incidente d’auto, e non solo il budget cola a picco, ma i programmi di due settimane di lavoro vanno rivisti.
E così ci si ritrova, magari, a dover scrivere un pezzo in due giorni.

Ora, sarebbe una buona regola rinunciare ai lavori che non possiamo fare.
Se non ho la possibilità di uscirne bene, non mi ci caccio dentro da principio.
Però, però…
A parte squallide questioni finanziarie, esiste una lungalista di buoni motivi per cui è consigliabile non rispondere picche a chi ci chiede unpezzo per una pubblicazione.
In primo luogo, ne avremo un ritorno di immagine – poter citare un pezzo pubblicato dall’editore X o dalla rivista Y arricchisce il nostro portfolio.
E si tratta sempre di raggiungere lettori che finora non sapevano nulla della nostra esistenza.
Poi, se ci hanno chiesto un pezzo, fornendolo entro i tempi dati come richiesto ci faremo del karma positivo con l’editor che ci ha contattati, e che avrà più voglia di contattarci di nuovo la prossima volta.
Aggiungiamo che mettere mano ad un pezzo in un ambito nel quale abbiamo poca esperienza è un’eccellente modo per farsela, quella esperienza.
E per finire, chi l’ha detto che non si può scrivere un buon articolo, diciamo 5000 parole, in un finesettimana?

Ecco allora qualche idea per farlo.
Per me funzionano, naturalmente, anche se non ne posso garantire l’universalità.

. Cercatevi un titolo ed un sottotitolo fin da subito.
Questo aiuta, in primis, a dare un tocco di finalità al progetto, e dall’altra rende più probabile l’accettazione. Un titolo ben studiato è infinitamente meglio di “Articolo di Tizio sull’argomento X, da ricevere entro il 30/1” – il nostro editor avrà più voglia di darci il via libera.

. Determinate un target di parole minime – io di solito punto a 5000 (circa 10 pagine a interlinea 1) per un pezzo standard.
Anche questo serve per avere un punto d’arrivo definito.
Sforare non è un problema.

Nota: Comunicare al più presto, o in sede di proposta, titolo, sottotitolo e numero di parole minimo fa un effetto dannatamente professionale.

. Chiedete le linee guida per formattazione e altre sciocchezze editoriali.
Suona dannatamente professionale, oltre a dirvi cosa potete e non potete fare.
Se vi riferiscono ad uno standard, fate in modo di sapere di cosa si tratta (Google è vostro amico).

. Fatevi una bella mappa mentale – eccellente per individuare una struttura, focalizzare certi punti, stabilire cosa avete già in mano e cosa cercare.

. Documentatevi
Se vi hanno offerto il pezzo è perché, per qualsivoglia motivo, sono convinti che voi in qualche modo vi intendiate dell’argomento in questione.
Tale competenza potrebbe ridursi a
a . sapere dove cercare i dati in internet
b . essere in grado di leggere alla svelta

. Saccheggiate il vostro catalogo
Vi hanno chiamato perché questo, in un modo o nell’altro, è il vostro ramo.
Ora, c’è qualcosa che avete già scritto che contenga materiale utile? Citatevi addosso… è poco elegante, ma fa contenuto.

. Saccheggiate il vostro blog
Le probabilità sono buone che vi abbiano chiesto di parlare di un certo argomento perché tale argomento è stato già citato sul vostro Blog.
Riutilizzate quei contenuti.

. Saccheggiate i blog dei vostri amici
… e poi citateli in bibliografia. Oltre ad allungare la lista di references, sono comunque contenuti, ed è karma positivo.

Ora, tracciate un’outline sulla base della vstra mappa mentale, e piazzate nei punti nevralgici i vostri scampoli – pezzi di vecchi articoli, brani di blog vostri e altrui, qualche citazione, rileggete, e lasciate riposare per una notte.
Questa è la vostra prima stesura.

Il mattino successivo, rimpolpate le transizioni fra un pezzo e l’altro.
Fin qui potete lavorare tranquillamente su un file TXT.
Questa specie di mostro di Frankenstein necessiterà di un paio di belle rilertture, ed una ancor più drastica sessione di correzione ed editing, per rendere il tutto uniforme – passate ad un word-processor per il lavoro sui font.
In particolare, i vostri pezzi riciclati andranno riscritti, in modo che la riciclatura non sia tanto palese.
Suddividete in capitoli, numerate e titolate ciascuno.
Spostate i blocchi in modo che la lettura sia scorrevole al massimo.
Poiché non sarà un lavoro lungo – avete poco tempo, giusto? – ma sarà un lavoro intensivo, fate dieci minuti di pausa ogni cinquanta minuti di lavoro.

Ricordatevi di aggiungere:

. Sezione ringraziamenti – non scordatevi l’editor e gli amici saccheggiati.

. Bibliografia

. Agganciateci una vostra breve biografia – non più di otto righe (se serve più lunga ve la chiedono)

Spedire il tutto in formato .rtf o .doc (a meno che non ve l’abbiano chiesto in altro formato).
Bello liscio.