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Nei meandri del Jianghu

Il Wuxia è una forma di fantasy avventuroso cinese, affine per molti versi al nostro sword & sorcery – a contrapposto al Xianxia, che è più affine (pur facendo tutti i distinguo del caso) al nostro high fantasy.
Il Wuxia si rifà a classici come Il Margine dell’Acqua – il romanzo-fiume anche variamente tradotto come I Briganti o I Briganti della Palude. Il grande Magnus, alias Robert Raviola ne avviò un adattamento a fumetti, purtroppo non riuscendo a completarlo.
Storie di spadaccini errabondi, banditi onorevoli, strambi filosofi taoisti e altra varia umanità, i wuxia, o per lo meno elementi del loro spirito, sono percolati nel mondo del gioco di ruolo fin dall’inclusione del monaco fra le classi giocabili di AD&D.
Nel corso degli anni, vari giochi sono stati pubblicati che si proponevano di rendere giocabile questo sottogenere.
Da una parte, i giochi metacinematografici come Feng Shui e Hong Kong Action Cinema, dall’altra tutta una serie di giochi ambientati in mondi più o meno cinesi, e più o meno fantasy.
Recentemente, il vecchio classico Weapons of the Gods (che rubava a piene mani anche dai fumetti coreani) si è tramutato in Legends of the Wulin, entrando in competizione con Hearts of the Wulin, che tratta più o meno gli stessi temi, ma gira con un altro sistema.
I cultori del sistema Fate possono dare un’occhiata a Tianxia: Blood, Silk & Jade, ma il vero cultore del wuxia ludico rivolgerà piuttosto il proprio sguardo verso Righteous Blood, Ruthless Blades, forse il più completo ed il più “cinese” dei giochi wuxia attualmente sul mercato.

Scritto da Brendan Davis e Jeremi Bai, quest’ultimo un esperto del genere, e traduttore dal cinese, e pubblicato da Osprey Games, Righteous Blood, Ruthless Blades (d’ora in avanti, RBRB) si presenta come un bel rilegato rigido indistruttibile di 268 pagine, stampato su carta patinata in formato ridotto (come tutti i giochi della Osprey), e con illustrazioni a colori.

Come tutti i giochi della Osprey, RBRB presenta un set di regole molto semplice – basato su dice pool di D10 – e ampiamente hackerabile ed espandibile. Un semplice sistema di risoluzione dei test, un enorme campionario di potenziali personaggi, un ancora più vasto catalogo di armi e oggetti ispirati alla tradizione del genere.

La campana di bronzo della distruzione? C’è.
L’arco dei diecimila li? C’è.
La scacchiera della morte? Ovviamente, c’è.

Con la sua struttura quasi da enciclopedia del genere, RBRB è unastrana bestia, con un sistema che si impara in un amen, ma che richiede la lettura completa del manuale e almeno una serata per mettere insieme i personaggi.

Ma davvero, volete giocare unp spadaccino alcoolizato con un braccio solo, legato da una relazione antagonistica con una bellissima cortigiana capace di spezzare le ossa dei suoi nemici suonando un liuto? Questo è il gioco che fa per voi.

E onestamente, chi non vorrebbe giocare personaggi del genere?

Ma forse l’elemento più interessante dell’intero volume è l’ampio spazio dedicato al Jianghu, che è poi proprio quel Margine dell’Acqua di cui di cui si parlava all’inizio – quello spazio liminale dove l’autorità imperiale non arriva, un non-luogo fatto di campagne aperte, locande, mercati, villaggi sperduti e palazzi abbandonati, case da gioco galleggianti e monasteri isolati, dove si muovono personaggi insoliti e dove le motivazioni si fanno sfumate.
Davis e Bai mettono bene in chiaro a pagina uno che questo non è un gioco storico, e che i principali riferimenti sono al cinema di Hong Kong degli anni ’60-2000, e la letteratura wuxia che da qualche tempo sta cominciando ad arrivare anche da noi. Sono però anche ossessivi nel voler fornire ai giocatori quanto più materialepossibile per poter giocare un wuxia quanto più autentico possibile.

Righteous Blood, Ruthless Blades è un ottimo gioco, che richiede impegno ma lo ripaga ampiamente.
È un bel libro, ha un prezzo in fondo ragionevole, ed include una lunghissima lista di film e libri consigliati e persino un “corso intensivo di wuxia”. E sul sito dell’editore sono disponibili espansioni varie (ad esempio un capitolo extra su come dare un nome autentico ai propri personaggi).

Non possiamo davvero chiedere di meglio.


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Il primo post del 2017

Facciamo qualcosa di buono… no, facciamo qualcosa di giusto prima di Natale.

Se seguite da qualche tempo questo blog sapete che normalmente non recensisco e non segnalo autori italiani.
Neanche i miei amici. Soprattutto non i miei amici.
Sprattutto quelli riguardo ai quali si dice che ci recensiamo fra noi e facciamo cose strane in odore di peccato mortale.
Io non recensisco autori italiani – e un giorno forse parleremo seriamente di tutto questo, ma non oggi. Oggi recensisco un’autrice italiana.

La mia amica Shanmei, che ha intrapreso da quache tempo la strada dell’autopubblicazione per i suoi racconti brevissimi, ha appena pubblicato una storia fantastica ambientata in Cina, durante la Rivolta dei Boxers. Voi lo sapete che è il mio genere di cosa.

51fli7lcizl-_sy346_La storia si intitola Il fermaglio di giada, ed è una cosina che si legge in un’ora e costa 99 centesimi.

L’ambizione originaria di questo racconto era quello di essere un wuxia, ma in realtà non lo è.
Tanto per cominciare perché un wuxia comme il faut viaggia sui 400 capitoli e un numero n di volumi – le trilogie occidentali gli fanno un baffo.
Mentre questo è un racconto breve.
E poi è troppo intellettuale – nonostante cerchi di essere grezzo come il wuxia classico.
Si tratta piuttosto di un racconto sofisticato alla maniera dei classici episodi raccolti dal vecchio Pu Songling e pubblicati col titolo di Liaozhai Zhiyi. Ne abbiamo parlato in passato.
Quindi, non un wuxia, ma un zhiguai xiaoshuo. Come se facesse qualche differenza.
È una buona storia fantastica, e con tutti i possibili limiti di un primo esperimento, è un esperimento interessante, e richiede un investimento di tempo e di denaro irrisorio.
Potreste aver voglia di buttarci un occhio. È ideale per la calza della Befana.

E ora una rapidissima nota sul perché io abbia deciso di infrangere le mie regole e pubblicare questa recensione. SE avete voglia di leggerla. Se non vi interessa, è OK. Continua a leggere


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Il ritorno di Dee

Interessarsi ai personaggi meno rispettabili della storia riserva parecchi piaceri.

L’imperatrice Wu, ad esempio.
Come non provare simpatia per una donna che si aprì la strada fino al trono imperiale cinese a colpi di sesso, veleno e corruzione?

Ecco, uno dei fatti curiosi è che Wu, unica donna sul trono imperiale cinese (imperatrice sul serio, non consorte, vedova o reggente), poté contare durante la sua carriera sull’appoggio del Giudice Dee.
Che era un individuo onestissimo.
Ed il Giudice Dee, naturalmente, è un personaggio reale che è diventato famoso come personaggio della narrativa – prima in un compendio delle sue avventure che circolava in Cina come narrativa popolare, poi per mano dell’olandese Van Gulik, un sinologo che lesse quel compendio e pubblicò un bel trattato sulle tecniche investigative cinesi (mai tradotto da noi) e poi una bella serie di romanzi polizieschi.
Grandi romanzi.

Ora, il Giudice Dee torna al cinema, e il trailer mi lascia ben sperare.
Il film è di Tsui Hark, responsabile di alcuni dei film di Hong Kong che preferisco.
Il film è un mix di polpettone storico, thriller sovrannaturale e storia di investigazione.
E wuxia.

Lo hanno presentato a venezia, ma non ne hannoparlato granché.

Chissà se mai ce lo passeranno al cinema…

Come dite?
No, eh…

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1 Commento

Giocare col Wuxia

QinIl simpatico portalettere mi ha appena consegnato una copia in condizioni perfette di Qin: The Warring States, versione americana di un gioco di ruolo francese di genere fantastico/wuxia (e attualmente il terzo più popolare oltr’Alpe), che un fidato vendeur di Amazon mi ha procurato nuovo alla metà del (salato) prezzo di copertina.
Ambientazione storica – la Cina del periodo degli Stati Combattenti.
Arti marziali.
Taoismo.
I Cinque Veleni.
Intrigo politico.
Avventura, sovrannaturale.
Un trionfo.
La squadra non capirà cosa l’ha colpita, da dove, perché.

Come sempre con i prodotti gallici coi quali mi sono confrontato finora (il fantascientifico Polaris, il fantasy rinascimentale Agone) Qin è splendido a vedersi, facile a giocarsi.
Utilizza il classico sistema con dadi Yin & Yang, come già faceva il colossale (e sprecato) Feng Shui.
Esiste una buona scelta di materiali di supporto in linea (in francese) ed una ricca biblioteca di supplementi (in francese), una attiva comunità (francese).
Per noi anglofoni, esiste solo uno schermo del master che credo eviterò per il momento.

E c’è poi naturalmente tutto il materiale storico – il bello di giocare in ambientazioni storiche reali o realistiche è che basta sfilare un volume dallo scaffale e saccheggiarlo.
Ed in questa casa, di libri sull’Oriente cen’è una valanga.
Ora, si tratat solo di impostare il cervello sulla modalità wuxia