In questo post vorrei espandere un’idea che ho ventilato un paio di giorni addietro in un commento ad un post – che vi invito a leggere – sul blog del mio vicino di cella, lo stimato Alex Girola.
Molti osservatori hanno notato come le edizioni digitali abbiano portato ad una rinascita di alcuni generi e di alcuni formati che non erano più economicamente vantaggiosi su carta stampata.
Il formato più popolare rimane quello che possiamo definire “intermedio” – dalle 10.000 parole fino alle 30.000 parole.
Dalla novelette al romanzo breve insomma.
Storie troppo lunghe per essere pubblicate facilmente su rivista, ma tropp obrevi per un mercato che ama sempre più i libri spessi.
Un ebook può accomodare tranquillamente un simile formato, e vendersi per una cifra che oscilli fra i 99 centesimi e i due dollari e spiccioli.
Ed è a questo punto che le cose si fanno davvero interessanti.
Discutevo circa una settimana fa con una mia lettrice ed amica, la questione dei tempi.
La mia ultima fatica – in effetti un gran divertimento – ha richiesto circa una settimana per la scrittura (dalla delineatura iniziale al completamento della prima stesura), più circa il doppio di quel tempo per il beta reading, i due editing e la preparazione della copertina (tre processi che si svolgono in parallelo), per la stesura definitiva, e la formattazione e generazione del file.
Il tutto, per un ebook che costa poco più di un euro, e si legge in una serata; se proprio volete gustarvelo – o avete una vita molto piena – in un weekend.
Diciamo che a fronte di circa 500 ore di lavoro, il testo viene consumato in 5 ore.
L’uno per cento.
Ma va bene così.
Nel momento in cui il procedimento è consolidato, e se le storie – come si spera – sgorgano più o meno spontanee, posso baloccarmi con l’idea di pubblicare una nuova storia ogni 20/30 giorni.
Il che garantisce a chi mi legge, con una spesa di circa un euro al mese, di godersi le sue meritate cinque-sei ore di relax e di divertimento.
Questo chiaramente non è il mondo dell’editoria tradizionale – che pubblica con cadenza annuale o semiannuale un volume che costa venti euro e che si legge in una settimana o due.
E badate – non sto dicendo che sia meglio o peggio.
Dico solo che è diverso.
È diverso l’investimento di tempo e denaro, sono diverse le aspettative, è diversa l’offerta.
I due modelli possono coesistere tranquillamente – ed è già accaduto in passato, poiché la dinamica dell’ebook di genere non è affatto una novità.
È, in effetti, molto simile alla vecchia editoria delle riviste pulp – che fornivano una volta al mese, per 10 centesimi, 80-100 pagine di narrativa di genere, che il lettore medio si leggeva in un weekend.
Ed andava bene così.
Il lettore medio acquistava e leggeva tre o quattrro riviste “fisse” al mese, più qualche altra come acquisto occasionale.
La velocità – di produzione e di consumo – era compensata dall’elevato volume e dalla varietà dell’offerta, e dal prezzo irrisorio.
La prima cosa che scompare, con la dinamica dei pulp, è la concorrenza tra autori.
Come scoprirono Street & Smith e la Popular Publications, The Shadow e The Spider non si facevano affatto concorrenza, né facevano concorrenza a Doc Savage. Con trenta centesimi al mese – il costo di una prima colazione alla tavola calda* – il lettore medio se li comprava tutti e tre, ed aveva tutto il tempo di leggerseli tra un’uscita mensile e l’altra.
Portando il discorso ad oggi, Alex Girola ed io (per dire) non siamo in concorrenza – posto che ci sia un lettore che gradisce tanto le sue storie quanto le mie, la scelta, di fatto, non si pone – può acquistare questa settimana il mio ebook e la prossima quello di Alex, e viceversa, e gli avanzeranno quattrini e tempo a sufficienza per dare spazio anche ad altri due o tre autori.
È molto diverso da ciò che succede quando entro in libreria, e devo decidere su chi investire i miei venti euro e le mie due settimane di lettura.
E lo ripeto per la seconda volta – non è necessariamente meglio, è solo diverso.
C’è spazio per entrambi i formati, entrambi gli stili e le dinamiche di fruizione.
Per chi scrive, la velocità significa compensare con un elevato volume di pubblicazioni la necessità di mantenere i prezzi bassi.
Ma c’è di più – l’autore di ebook, lavorando con tempi stretti e con risposte immediate, può permettersi sperimentazioni e giochi d’azzardo.
Ed al contempo, essendo più vicino al pubblico, può leggerne più rapidamente le reazioni – attraverso il tanto bistrattato feedback – e valutare i risultati dei propri esperimenti.
Per un autore tradizionale, sperimentare significa trovare un interlocutore disponibile nel proprio editore – il che purtroppo non è sempre un dato di fatto.
E ancora una volta – la terza, mi pare – sottolineo come i due sistemi non siano uno meglio dell’altro.
Entrambi i sistemi infatti generano letture molto interessanti ed apprezzate dal pubblico, e ciofeche irriferibili.
È per questo che alla fine l’unico vero discriminante rimane il livello qualitativo proposto – che non è, e non dobbiamo dimenticarlo mai, ciò che il pubblico è disposto ad accettare, ma ciò che chi scrive è pronto a garantire.
Ed anche qui, i due modelli non sono in contrapposizione – semplicemente utilizzano meccanismi diversi per ottenere la qualità.
Ma c’è chi fa delle porcherie!, dirà qualcuno.
Ed è vero.
Ma le porcherie non sono patrimonio privilegiato dell’una o dell’altra parte.
Modelli diversi, dinamiche diverse, tempi, costi e fruizione diversa.
Generi diversi.
Non è una guerra – lo avevano capito negli anni ’30, ed oggi ridiamo a chi predisse che i pulp avrenbbero ammazzato la letteratura, o che i paperback avrebbero ammazzato la letteratura.
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* Sarebbero diventati 75 centesimi negli anni ’40 – il prezzo di due biglietti del cinema.
29 gennaio 2014 alle 7:55 AM
Discorso molto interessante, ancor di più per chi come noi (mi permetto il noi visto che entrambi scriviamo e pubblichiamo sebbene in ambiti differenti) si destreggia e lotta per scrivere certe cose anziché altre. Il parallelismo tra ebook e pulp-zine mi sembra calzare a perfezione anche per quel che riguarda la percezione che i primi e le seconde avevano nei confronti di certi ambienti. Letteratura dozzinale, commerciale, scadente, valvola di sfogo di scribacchini frustrati i primi quanto i secondi. Poi la storia ha decretato…
29 gennaio 2014 alle 10:32 AM
Come sai condivido questo tuo ragionamento.
Sono curioso di vedere che cosa ne pensano i tuoi lettori.
Spero solo che la mentalità un po’ troppo rigida, forgiata da anni di editoria monotematica (anche come forma, non solo come sostanza), si ammorbidisca un po’, accogliendo queste novità.
Che poi novità non sono, considerando il tuo giusto paragone con i vecchi magazine pulp.
29 gennaio 2014 alle 11:23 AM
@Fabrizio
Sì, il noi ci sta tutto 😉
E in effetti, molti al’epoca non si resero conto, e oggi si scordano, che anche Tennessee Williams esordì sui pulp… su Weird Tales, per la precisione, con una storia su una principessa egizia…
@Mcnab
Vediamo cosa ne pensano i lettori – mi auguro che ci sia un po’ di discussione, in coda a questo post.
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29 gennaio 2014 alle 3:52 PM
Direi che ha perfettamente senso.
Un autore che da noi è pubblicato da Einaudi, ma in realtà è molto pulp come Lansdale, ad esempio, su Amazon ha dei titoli come questo: B006DTHALE, che su .it costa “mezzo caffè”.
Un problema è sicuramente il numero di lettori, quindi scrivere in inglese sicuramente aiuta.
29 gennaio 2014 alle 4:09 PM
In realtà per l’italia sta diventando molto simile – i lettori forti stanno migrando sul digitale perché costa meno e, progressivamente anche da noi, c’è più varietà.
il problema della qualità rimane critico, ma come dice giustamente Chuck Wendig, ciascuno di noi è il gatekeeper di se stesso.
29 gennaio 2014 alle 7:17 PM
Stamane mi sono trovata con altri disegnatori a parlare di un argomento analogo {fumetti} e più o meno siamo arrivati alle stesse conclusioni. Fortunatamente, in due avevamo seguito lezioni di storia del fumetto quindi almeno il ‘meccanismo’ delle riviste Pulp già lo conosciamo, e lo abbiamo usato proprio come esempio per rappresentare un mercato particolare: tantissima scelta di tutto quello che vuoi, formato economicissimo, facilità di diffusione. Diabolik era nato così, proprio per i pendolari. Poi questa cosa si è persa negli anni, e sta tornando recentemente. Per come la vedo io, tra l’offerta e la libertà di immaginario che c’era al tempo delle riviste Pulp e adesso con la diffusione della tecnologia, cambia solo il supporto con cui fai compere e leggi.{che poi io sono solo più felice della grandissima varietà di storie che si creano, così, è tipo ‘esplosione cambriana della narrativa’, se mi passate il termine, che non lo vedevo, appunto, dai tempi di quel trentennio in cui fumetti/cinema/ riviste erano appena nati}, ed è tanto di guadagnato se si riesce a mantenere un certo ritmo, un certo numero di lettori e soprattutto si resta a fare gruppo con “colleghi” che non sono visti come “avversari”.
29 gennaio 2014 alle 8:08 PM
Sarebbe bello, se le forme di narrativa popolare tornassero ad essere “popolari” nel senso più vero del termine…
31 gennaio 2014 alle 5:27 PM
Quindi direi che possiamo iniziare a parlare di epulp…
31 gennaio 2014 alle 5:43 PM
Con tutti i rischi del caso… notoriamente, quando si crea un’etichetta, in capo a due anni diventa una gabbia dalla quale tocca inventarsi un modo per fuggire 😀
1 febbraio 2014 alle 3:02 PM
Ma penso che sia proprio questo il bello: come possiamo superare dei limiti, se in primo luogo non sappiamo che ci sono?
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