strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Per espandere The Expanse

The Expanse – sia i romanzi di James S. A. Corey che la serie TV (che il gioco di ruolo, a dirla tutta) – rappresenta uno dei migliori esempi della fantascienza del ventunesimo secolo.
Ora, la rivista online inglese Red Futures – dedicata ad esplorare la fantascienza da sinistra – sta per uscire con un numero cartaceo, un’edizione speciale intitolata Expanding the Expanse, una collezione di saggi, curata da Jamie Woodcock che esplorano diversi aspetti della serie (romanzi, telefilm e giochi) da un punto di vista politico e sociale, andando a toccare dall’erstetica al fandom, passando per i modelli di analisi storica e l’ambiente.

Il volume uscirà il sei del mese prossimo, ma può già essere prenotato sul sito della rivista.

Fra gli articoli in The Expanse Expanded c’è anche il mio “The Politics of the Anthropocene: Environment and Society in The Expanse” – perché è bello essere uno scienziato ambientale, un appassionato di fantascienza ed uno scrittore.


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Contro ogni regola

L’aristocratico Paarfi di Roundwood è uno scrittore e sedicente storico, appartenente ad un ramo cadetto del clan del Falco, in Dragaera, il cui catalogo al momento include una duologia, una trilogia ed un romanzo stand-alone, e la cui opera sembra studiata a tavolino per la dannazione di tutti coloro che hanno speso un certo numero di banconote da cento euro in corsi di scrittura ed un certo numero di ore a spulciare blog e canali Youtube nei quali si parla delle regole della buona prosa.
Paarfi di Roundwood è prolisso ed ampolloso, inutilmente dispersivo e particolarmente ripetitivo. Non manca di infliggere ai suoi lettori lunghi passaggi espositivi, spesso per divagare su questioni personali ed assolutamente irrilevanti (il modo in cui l’autore viene maltrattato dai critici, le proprie vicissitudini accademiche, i propri piccoli drammi sentimentali). Molti dei passaggi espositivi (o infodump, come li chiamano quelli bravi) servono a spiegare ciò che il dialogo ha appena esposto o, peggio, anticipano i contenuti del dialogo che stiamo per leggere.
Ed i dialoghi di Paarfi sono lunghi, legnosi ed inutili, privi di carattere e a volte paiono messi lì solo per allungare il brodo.

“Cosa significa tutto questo?”
“Me lo domandi?”
“Certamente sì.”
“Allora ti risponderò.”
“Ed io te ne sono grato.”
“Eccoti dunque la mia risposta–“
“Non attendo altro.”

Ed ovviamente, Paarfi di Roundwood non manca di raccontare anziché mostrare, ed è – col suo vezzo di rivolgersi direttamente al lettore – un esempio da manuale di narratore onniscente della peggior specie.

Aggiungiamo a coronamento di tutto ciò che i romanzi di Paarfi di Roundtree saranno anche riccamente documentati da fonti storiche – che l’autore non manca di riprodurre sulla pagina nei momenti meno opportuni, spezzando il ritmo dei suoi libri – ma sono e restano dei plagi di Alessandro Dumas.
Paarfi ed il suo editore negano,naturalmente, ma qualunque lettore smaliziato non può non accorgersene.

The Phoenix Guards, originariamente pubblicato nel 1991 nella traduzione di Steven Brust, è la storia di quattro spadaccini in un corpo di elite (le Guardie del titolo) al servizio del loro sovrano, ed è zeppo di intrighi, doppigiochi, duelli e altre cialtronate. Il secondo volume della duologia si intitola Five Hundred Years Later – e vede la riunione dei quattro protagonisti, che si erano divisi alla fine del primo libro; varrà a questo punto la pena ricordare che i romanzi si svolgono in un mondo popolato da creature per le quali cinquecento anni sono, più o meno, come vent’anni per noi.

Eccetera.

La cosa che mi interessa, a questo punto, nel discutere della serie dei “Romanzi di Khaavren” (anche noti come “Romanzi di Paarfi”) di Steven Brust, non è tanto che siano dei fantasy estremamente divertenti, costruiti su trame riciclate dai classici di Dumas, quanto il modo in cui Brust riesca a scrivere dei romanzi che funzionano perfettamente pur contravvenendo a tutte le buone regole della scrittura come ci sono state ripetutamente cacciate in gola da infiniti pedanti.

Nell’assumere la voce di Paarfi di Roundtree – di fatto, un altro personaggio dei romanzi, la cui personalità e la cui storia personale emergono dai suoi continui pistolotti fuori luogo – Brust può infischiarsene del Decalogo del Bravo Scrittore ed usare il testo per ottenere tutta una serie di effetti che, nelle mani di un bravo scrittore (e Steven Brust è certamente un bravo scrittore) contribuiscono all’effetto generale: inorridiamo per i capricci dell”autore”, scrolliamo la testa alle sue incontinenze, ma contemporaneamente siamo sufficientemente coinvolti dai protagonisti e dalla trama da non riuscire a fermarci.
A conferma della validità di questo approccio, i romanzi di Paarfi di Steven Brust sono entrati tutti nella lista dei bestseller, hanno venduto a carrettate, ed hanno anche raccattato il plauso della critica.

È quasi come se – orrore e raccapriccio! – le Regole avessero una importanza assolutamente relativa.

Ora, si dirà, quella di Brust è una scelta consapevole, la scelta di un autore che ha imparato ad usare tutti gli strumenti classici nella cassetta degli attrezzi della narrativa e poi ha deciso di farne a meno, ed usarne invece una serie vecchia ed arrugginita, in disuso da secoli.
Una cosa diversa è l’autore alle prime armi, un pretenzioso semi-analfabeta a malapena capace di mettere tre parole in fila, e che quindi deve ringraziare il proprio dio che qualcuno migliore di lui gli abbia impartito una serie di regole tali da rendere leggibile la sua storia.
Brust sta facendo Meta-fiction, mentre l’imbelle autore qualunque pasciutosi ai corsi di quelli bravi probabilmente pensa che Meta sia quello che rimpiazzerà Facebook.

È possibile.

Ma qui, vedete, sorge il vero problema – perché una conseguenza sinistra della prevalenza delle solite quattro regole per principianti, non solo come linee guida per autori alle prime armi, ma anche e soprattutto come standard di valutazione dei lettori e modello imposto dagli editor, significa che tutta la narrativa che abbiamo qualchjje speranza di vedere arrivare sui nostri scaffali è scritta nello stile di un semianalfabeta alle prime armi, al quale qualcuno migliore di lui ha imposto uno schema predefinito.

Da giorni si dibatte, su giornali e riviste che nessuno legge, e su profili facebook e canali Youtube che nessuno segue, di come certi classici siano noiosi, e come converrebbe invece ristrutturare i programmi scolastici, imponendo ai giovinastri la lettura di testi più brevi e scorrevoli, più attuali e meno noiosi – possibilmente i testi degli autori che suggeriscono certi cambiamenti.
Lontano dalle sale dell’accademia e dai media vecchi e nuovi, i romanzi di Paarfi sembrano suggerirci che l’importante sia, quando si affronta la lettura, evitare le standardizzazioni e le ultrasemplificazioni, e cercere invece storie coinvolgenti, stili diversi, differenti voci.
La capacità di apprezzare cibi diversi cucinati in maniere diverse – una capacità alla quale Paarfi di Roundwood dedica un lungo e completamente superfluo capitolo di The Baron of Magister Valley – potrebbe essere desiderabile.

Ma naturalmente, tutto questo è di secondaria importanza, considerando che i romanzi di Steven Brust (una trentina di titoli) nel nostro paese non sono mai stati tradotti – cosa che ci ha perlomeno risparmiato il trauma di vedere il povero Paarfi di Roundtree presentato come Paarfi di Boscotondo.
Niente Brust, niente infrazioni alle regole.
I bambini possono continuare a dormire sonni tranquilli, scevri di infodump e narratori onniscenti…


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Nato di lunedì

Era lunedì anche nel 1967, il 29 di maggio.
La luna tramontò alle 10.54, circa mezz’ora dopo che ero venuto al mondo. Ma all’epoca la cosa non destava il mio interesse.

E stando alla “tradizione popolare”

Il nato di Lunedì è colui che muta facilmente d’umore a causa del forte influsso della Luna stessa, è uomo curioso, aperto alle conoscenze, romantico, sognatore intento ad osservare il cielo e le sue stelle.

Insomma, un tipo lunatico.
Diamola per buona.
Chi siamo noi per contraddire la tradizione popolare?

Più o meno nelle stesse ore di quel lunedì veniva anche al mondo Noel Gallagher, successivamente divenuto famoso come front man di una popolare tribute band dei Kinks.

A me sono sempre piaciuti i Kinks.
Che quest’anno compiono sessant’anni – magari ne parleremo.

Ed ora, è di nuovo lunedì, e sono passati 20.425 giorni da quel primo lunedì.
Che non sono tanti, se ci pensate, ventimila e quattrocento e venticinque giorni.
Sembrano tanti, ma non lo sono.
E, dati alla mano, guardando nell’altra direzione, ne restano anche meno.
Forse cinquemila.
Certo non diecimila.

L’unica scelta possibile è quella di cercare di spenderli nel modo migliore possibile.
Perché non c’è nient’altro, alla fine.

E qui potrei chiudere questo messaggio alla nazione, che lascia un po’ il tempo che trova.
Sono stanco.
O, per dirla col poeta

I feel older, I feel fatter
I feel the blues coming on


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Il meglio di Roger Zelazny

Oggi è il compleanno di Roger Zelazny, che nacque in un posto che si chiama Euclid, in Ohio, il 13 di maggio del 1937. Da Wikipedia scopro che ad Euclid, Ohio, venne inventata la lampada ad arco, nel 1876, ed il telefono cordless nel 1967.
E ci nacque Roger Zelazny, nel ’37.

Ci doveva essere qualcosa nell’acqua dell’Ohio, negli anni trenta – Harlan Ellison era nato a Cleveland, Ohio, quasi esattamente tre anni prima di Zelazny, il 27 di maggio del 1934.

Discutevo pochi minuti fa (sì, questo è un instant post) con alcuni contatti in giro per il pianeta, di come Zelazny sia oggi un autore sottovalutato e dimenticato dai più.
Si stava brindando alla memoria dell’autore, e la questione è emersa quasi automaticamente – perché Roger Zalazny non è più famoso?
I giovani lettori di fantascienza, mi diceva un’amica, non sono più interessati alla vecchia fantascienza.
Già, il “giovane e ambizioso Zelazny”, “un nuovo tipo di scrittore che ha l’effetto di un terremoto”, è vecchia fantascienza.
È un altro chiaro segno della mia vecchiaia.

Zelazny è un autore che andrebbe studiato per imparare a scrivere – sì, lo so, credo di averlo già detto in passato – con la consapevolezza dolorosa che tanto, in gamba come Zelazny non lo saremo mai.

C’è un volume – che uscirà in digitale ad agosto – che è praticamente un corso di scrittura tascabile, se si ha la pazienza di leggerlo e rileggerlo, prendendo appunti, smontando i racconti per capirne i meccanismi, ricopiandone delle pagineper vedere in che modo le parole cascano sulla pagina una dopo l’altra, eperché in quell’esatto ordine, e cosa ne deriva in termini di ritmo, si potenza….
Il libro si intitola The Best of Roger Zelazny – vi metto il link, sapete come funziona – è parte della collana SF Masterworks della Gollancz/Gateway (una sussidiaris di Hachette) ed io avrei dovuto riceverne una copia cartacea a inizio aprile, avendola prenotata su Amazon il giorno stesso in cui ne venne annunciata l’uscita.
Ma aprile è arrivato ed è passato, e ha portato solo la notizia che la Hachette ha deciso di cancellare il cartaceo.
Volete il meglio di Roger Zelazny?
Aspettate il 31 di agosto e sciroppatevelo in digitale.

È probabilmente una questione di costi e rischi – i costi per la stampa in cartaceo si sono fatti proibitivi, nell’ultimo anno, e gli editori, nella loro infinita saggezza, nojn stampano più i libri che rischiano di non vendere oltre una certa soglia minima.
E Zelazny è un vecchio autore.

Che orrore.

Il libro non è che mi sia assolutamente indispensabile – ho diverse collezioni della narrativa breve di Roger ZXelazny, e forse un giorno riuscirò a completare la serie in sei volumi che riunisce TUTTA la sua narrativa breve, in ordine cronologico e annotata.
Mi mancano solo due volumi, ma per il momento – ammesso che riesca a trovarli – non me li posso permettere.

Roger Zelazny era stato, prima di diventare un narratore di fantascienza e fantasy, un poeta – e questo è forse il motivo per il suo controllo della prosa, per il suo stile.
Aveva dei temi ricorrenti – primo fra tutti quello della riscrittura in chiave fantascentifica di miti e leggende del passato.
I suoi romanzi ed i suoi racconti erano popolati di eroi iper-competenti, e c’è stato chi ha fatto notare che i suoipersonaggi femminili erano spesso deboli. Più che altro erano visti da lontano, e descritti sempre attraverso gli occhi di personaggi maschili.
Certe scelte hanno delle conseguenze.

Zelazny era anche convinto che l’immortalità fosse un’ottima idea – che il vecchio spauracchio dell’eternità come inesauribile tedio e sofferenza fosse una balla colossale, e che in realtà avendo l’eternità a disposizione ogni evento,ogni singolo istante diventa un’esperienza unica, di cui fare tesoro.
Nei miei giorni migliori condivido questa visione.

Negli ultimi anni,la TV ha scoperto Zelazny – e prima che gli sceneggiatori andassero (giustamente) in sciopero, c’era una serie basata su Roadmarks (che qui da noi credo si intitoli Ultima Uscita per Babilonia), e con George R.R. Martin fra gli sceneggiatori, ed una serie basata sul ciclo di Amber curata da Steven Colbert – che oltre ad essere un fanatico di Tolkien è anche capace di riconoscere la buona scrittura, evidentemente.

(posate quei lanciafiamme)

Non so se vedremo mai quelle due serie – e se dovesse succedere, cosa ci sentiremo dire?
Che Amber è un rip-off di Game of Thrones?
Che Roadmarks ha una struttura confusa e non è abbastanza immersivo (qualunque cosa il vostro guru di fiducia abbia deciso che quel termine possa sigtnificare)?

Roadmarks ha solo dei capitoli 1 e dei capitoli 2,alternati.
Mentre i capitoli uno seguono una narrativa lineare, i capitoli due sono fuori sequenza – una volta finito il romanzo, Zelazny mescolò i capitoli due e li distribuì in una sequenza casuale, alternandoli ai capitoli uno.
Ha perfettamente senso, essendo Roadmarks un romanzo su un’autostrada che attragversa il tempo, per cui è possibile uscire a Babilonia per un boccone all’autogrille poi proseguire verso il futuro o verso il passato.

La lista dei titoli indispensabili usciti dalla macchina per scrivere di Roger Zelazny è lunga.
C’è anche un romanzo scritto a quattro mani con Philip K. Dick, che l’editore italiano ha pensato bene di pubblicare col nome di Zelazny un po’ più picolo e defilato sulla copertina.
Perché hey, Philip K. fucking Dick, baby.
Una vergogna.
Zelazny collaborò anche con Robert Sheckley e con vari altri autori
È agli atti che autori diversi come samuel Delany, Stephen Brust, Neil Gaiman hanno ammesso il proprio debito verso Roger Zelazny. E poi Geworge R.R. martin e Walter Jon Williams.
Persino quella vecchia volpe di di AndrzejSepkovski ha definito Zelazny “maestro spirituale.”

Roger Zelazny morì a Santa Fe, il 14 di giugno 1995, all’età di cinquantotto anni, per le conseguenze di un cancro legato, probabilmente, alla sua dipendenza da nicotina. I suoi protagonisti fumano come ciminiere, fino ai primi anni ’80, quando Zelazny smise di fumare, e lo stessero fecero i suoi personaggi.

I suoi romanzi e racconti, nel nostro paese, sono ragionevolmente reperibili – nonostante per anni sia circolata questa voce che Zelazny era “troppo bravo e te lo faceva pesare”.
Urania li ristampa con una certa frequenza, sulle bancarelle a volte si acquista ancora qualche vecchio Cosmo Oro o Cosmo Argento, e non è troppo difficile rintracciare e leggere una buona versione di A Night in the Lonesome October.
Ne abbiamo parlato – il romanzo scritto per scommessa e narrato dal punto di vista del cane di Jack lo Squartatore.
Non vi metto neanche il link.
Cercateli, leggeteli.

Oggi Roger Zelazny avrebbe compiuto ottantasei anni.
Non pochi, ma non un traguardo irraggiungibile. Ironico, per un autore che aveva fatto dell’immortalità uno dei suoi temi portanti.
L’immortalità, i cicli mitologici, e cosa può significare essere (o diventare) un dio.
Almeno su quest’ultimo punto, Zelazny ce l’ha fatta.
Un dio rimane tale anche se viene dimenticato da molti.


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Statue che urlano su Amazon

Per chi fosse interessato, la mia nuova novella è disponibile ora anche su Amazon.
Isole misteriose, pirati, avventure, e il necessario per giocare la storia usando le regole di Four Against Darkness.
Prossimamente anche in italiano (ma non so ancora dirvi quando).

E sì, ci ho messo il link, ma è ad Amazon punto com, quindi se comprate, io non ci vedo un centesimo di commissioni.


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È colpa del dissesto

Un paio di giorni or sono ho ricevuto un messaggio da un contatto in Giappone, che era preoccupato per la mia salute. Aveva visto in TV la notizia di inondazioni in Italia, e voleva assicurarsi che io stessi bene.
È stato così che ho scoperto cosa era successo a Faenza – con 250 mm di pioggia scaricati in trentasei ore, la quantrità di pioggia di solito riversata in quell’area durante l’intero periodo primaverile.

Si tratta dei famosi “fenomeni climatici estremi”, la cui frequenza – stando agli studi sul clima – si sarebbe intensificata con l’aggravarsi della crisi climatica.

Una volta rassicurati i miei amici, un rapido giro sul web mi ha motrato immagini del disastro.
E poi, uno sconosciuto, condividendo le foto delle strade di Faenza allagate, osserva che certi eventi si faranno sempre più frequenti e più disastrosi fintanto che continueremo a bruciare barili di petrolio.

Un’affermazione sostanzialmente corretta – nessuno, a meno che non sia pagato dalla Sette Sorelle, dubita ormai del fatto che le attività umane legate alla combustione di idrocarburi siano legate al cambiamento climatico.
Più CO2 liberiamo nell’atmosfera, più l’equilibrio del nostro clima verrà compromesso, e assisteremo semmpre più spesso ad eventi come quello avvenuto a Faenza.
Assisteremo, se saremo fortunati.
È più probabile che non saremo semplici spettatori, ma protagonisti.

E tuttavia, sotto alle foto di quello sconosciuto, ecco che si susseguono gli insulti.

Cosa c’entra tutto questo col petrolio?
Sono solo fregnacce.
La colpa è del dissesto idrogeologico!

Ora, questo è stupido.
Il dissesto idrogeologico non è una causa, ma un effetto.
Il dissesto, che si puiò esprimere sotto forma di frane, crolli, inondazioni, è il prodotto di una serie di cause.
Incuria e mancata manutenzione?
Possibile.
Ma senza quei duecento e cinquanta millimetri di pioggia in trentasei ore, non sarebbe successo nulla.

E tuttavia, la propaganda ha funzionato talmente bene, che basta dire “crisi climatica” o “combustibili fossili” per scatenare la furia del pubblico.
Come è possibile?

Da una parte, certamente, c’è la reazione istintiva e “di pancia” che porta ad infuriarsi quando ci si senter dire che abbiamo sbagliato. Ce l’ha insegnato la scuola, che sentirsi dire “hai sbagliato” è come essere accusati di un crimine.
Dall’altra, c’è che è passata con successo questa idea che l’interò corpo di indagini e risultati relativi alla crisi climatica siano una colossale truffa, ordita dagli scienziati malvagi per ingannare i bravi ed onesti cittadini.

Ed ecco fatto – non solo vi stanno mentendo, ma vi rinfacciano anche di aver sbagliato.
E via con gli insulti.

Intanto le case di Faenza sono a mollo, e stando alle previsioni del meteo, qui dove sono seduto ci aspettano cinque giorni di pioggia.

Il che è forse rassicurante – perché ciò che rende questi eventi pericolosi è come concentrano precipitazioni catastrofiche in tempi molto brevi.
Cinque giorni di pioggia possono essere assorbiti dal sistema più facilmente della stessa quantità d’acqua riversata in sole trentasei ore.

E intanto, non è curioso che anche coloro che negano i risultati delle ricerche sul clima, si fidino normalmente delle app per le previsioni meteo?


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L’Isola delle Statue che Urlano

È un vero piacere poter annunciare che una nuova novella, intitolata The Island of the Screaming Statues, è appena arrivata su Lulu.com
Si tratta della mia seconda incursione nel mondo di Norindaal, creato dall’amico Andrea Sfiligoi per il suo gioco di ruolo 4 Against Darkness.
Il racconto si può leggere senza avere alcuna esperienza col gioco – ma chissà, magari potrebbe invogliarvi a provarlo, e in questo caso in fondo al libro trovate una ricca appendice per adattare la storia.

La novella è un fantasy classico, e segna il ritorno dei quattro scompagnati avventurieri già incontrati in The Heart of the Lizard, questa volta alle prese con un’isola mistriosa, strane creature sovrannaturali, pirati (ovviamente!) e una signora con un grave problema di doppie punte…

Il libro è disponibile in pdf a 4.99 e in brossura a 8.99, ma per un tempo estremamente limitato potete usare il codice GREEN15 e ottenere uno sconto del 15%.
Sono previste distribuzioni su altre piattaforme ed anche una edizione in italiano, ma non saprei indicarvi una data stimata di uscita.


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Sherlock Holmes, le consulenze

Nel suo primo incontro con il dottor John Watson, Sherlock Holmes si descrive come un “consulting detective” – di fatto uno che viene consultato da altri (privati o polizia) che gli presentano un mistero al quale stanno lavorando, e che lui contribuisce a risolvere, fornendo appunto una consulenza.
E tuttavia nel canone non lo vediamo spesso, il buon Holmes, in questo suo ruolo di semplice consulente.

Per colmare questa lacuna, la Belanger Books – un editore specializzato in pastiches sherlockiani – ha appena lanciato un kickstarter per finanziare una nuova antologia, intitolata The Consultations of Sherlock Holmes – storie nelle quali altri investigatori si muovono sul campo alla ricerca di indizi e di tracce, e Holmes compare solo come distante desu ex machina, per fornire quel dettaglio mancante che permetterà ai veri protagonisti di risolvere il mistero.

Il kickstarter non si ripromette di rastrellare milioni – ha in effetti il solo scopo di coprire le spese di stampa – ma se avrà un particolare successo, gli autori delle storie scuciranno qualche dollaro in più.
Ed essendo io uno di tali autori, vorrei suggerire a tutti coloro che sono interessati al volume, a sottoscrivere il kickstarter invece di aspettare che il libro esca per poi ordinarlo con Amazon.
Non solo ci sono un bel pacchetto di extra inclusi nel pacchetto, ma in questo modo arriveranno anche più soldi nelle tasche degli autori.

Per invogliarvi, ecco anche la copertina del libro, che io trovo splendida.

Per chi fosse interessato, la mia storia si intitola The Consultation of ther Edimburgh Smoker, ed ha per protagonista un detective addetto alla sicurezza di un grande magazzino scozzese, alle prese col misterioso furto di un paio di scatole di costosi aghi per gramofono. Quando l’indagine arriva ad un punto morto, il detective – che ha motivi molto personali per voler arrivare ad una soluzione nonostante l’assurdità del crimine – si reca al 221B di Baker Street per chiedere l’aiuto del suo ben più titolato collega…

E come al solito, tutti i dettagli più assurdi della storia sono assolutamente reali dal punto di vista storico.
Perché io mi diverto così, che ci volete fare.

Per cui, il kickstarter per The Consultations of Sherlock Holmes è aperto per i prossimi 24 giorni.
Fateci un pensiero, se avete voglia.