strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile…

18 commenti

111… quello con la pistola è un uomo morto.

È una citazione da Per un Pugno di Dollari.
Ma non voglio parlarvi di spaghetti western.
Per quanto, potrebbe essere un argomento interessante – e pare sia anche piuttosto popolare.

No, parliamo di tecnica.

La frase pronunciata da Ramon nel film di Sergio Leone implica una ineluttabilità di fatto.
Il fucile batte sempre la pistola, non importa chi impugni la pistola e chi impugni il fucile.

Più in generale, esiste una tecnica di un certo tipo che viene sempre e comunque battuta da una diversa tecnica.

Il che ci porta… lo sapete dove ci porta, vero?

Ci porta al fatto che show batte sempre tell.
In narrativa, mostrare batte sempre raccontare.
È quello che vi raccontano.
O che magari vi mostrano, anche se personalmente ne dubito.

E tuttavia, l’idea che esista un’arma superiore a tutte le altre, una tecnica di combattimento migliore di ogni altra tecnica, un modo di friggere le patate che è sempre e comunque meglio di qualunque altro modo per friggerle…
È un’idea da principianti.

zmbmE non principianti nel senso zen del termine.
Non stiamo parlando della mente di principiante, priva di pregiudizi, vuota di preconcetti, e aperta a ogni suggestione, di cui parla Shunryu Suzuki.
Parliamo esattamente dell’opposto.
Parliamo di una persona impreparata e con conoscenze elementari, che tenta disperatamente di aggrapparsi a una soluzione unica, che va bene per tutto, sempre.

È così attraente, non trovate, potersi convincere che c’è un sistema che vince sempre, una formula perfetta applicabile in ogni occasione…?
In caso di A fare B. Ma anche in caso di C, di D, di E…
Portarsi dietro il fucile, perché il fucile batte sempre la pistola.
Mostrare, e non raccontare – e il nostro sarà un buon libro, una buona storia, sempre, comunque.

NinjaIIIblurayE quando si scrive, show don’t tell è solo una delle formule che vincono sempre, naturalmente.
Ascoltate chi porta avanti questi discorsi – sapete chi sono, sapete dove sono – e sentirete che per ogni aspetto della scrittura (dialoghi, esposizione, costruzione della trama, struttura…) c’è un’arma che batte tutte le altre, una tecnica suprema come nei film sui ninja, l’incantesimo più potente, la formula perfetta.

La combo che vi risolve il livello e vi permette a passare al prossimo, come in un videogioco.
Basta sapere qual’è la sequenza dei tasti, ed eseguirla al momento richiesto.

Se ci pensate è un classico del fantasy – c’è un solo unico libro che ha tutte le risposte.
Che contiene l’incantesimo più potente.
Basta possederlo – neanche leggerlo, il più delle volte – e si possiede la chiave per l’invincibilità.

È falso.
È ciò che un mediocre imbonitore cercherà di usare per abbindolare gli ingenui – dammi il tuo denaro (o il tuo tempo, o la tua fiducia…) ed io ti insegnerò la tecnica che sconfigge ogni altra tecnica.
Sarai invincibile.
Sarà facile.

Eppure Ramon era convinto, della faccenda del fucile e della pistola.
Ma voi ve lo ricordate, come va a finire, Per un Pugno di Dollari?

Forse alla lunga, Al cuore, Ramon! è un consiglio migliore, per chi vuol scrivere, che non l’illusione di potersi affidare ad un’unica tecnica invincibile.
Che non esiste.

Ma pensate che mi daranno retta?
Ah!

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

18 thoughts on “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile…

  1. Mi permetto di commentare dopo aver seguito il blog per un po’, silenziosamente.
    Ho seguito a distanza questa “battaglia al tell”, cercando di prenderne i frutti senza farmene ossessionare. Non credo che l’idea di base sia sbagliata, avere qualche infarinatura delle basilari regole di stile è sempre meglio che scrivere con i piedi; ma di certo la padronanza di alcune regole non fa di nessuno uno scrittore, non se non c’è la storia, come è vero che puoi avere la storia più bella del mondo ma non essere comunque uno scrittore, se non sei poi capace di raccontarla.
    Per quanto riguarda la mia personale esperienza, per quello che può valere, l’importante è essere, prima che lettori consapevoli, autori consapevoli nel dosare la “regola” e l'”ispirazione”, senza rigettare nessuna delle due componenti in toto.

    • Grazie del commento.
      È appunto ciò che sostengo da tempo – va bene tutto, ogni tecnica ed accorgimento, ed il suo opposto, può trovare una applicazione.
      Scrivere non è applicare meccanicamente delle regole, ma conoscerle, e sapere quando e dove servono, senza doverci stare a pensare.

  2. quoto in toto @Piumadoro
    un principiante che ha tante idee in testa è non sa bene come scriverle ha solo da guadagnare seguendo alla lettera certe regole, al contrario chi ha già più esperienza e padroneggia le nozioni basilari di scrittura sa quando conviene applicarle e quando no

    • Se però diciamo al principiante che quelle sono le uniche regole possibili, e chi prova a deviare, sempre e comunque, sbaglia, è cattivo e andrà all’inferno, non gli stiamo facendo un favore.

  3. Non credo che ti daranno molta retta. Alcune regole causano una certa chiusura mentale, per esempio quando ti insegnano a evitare come la morte il “se” seguito da condizionale, giustissimo nel 99% dei casi, impossibile da utilizzare quando ammesso perché occorrono 15-20 minuti di spiegazione. Mi è capitato una volta, forse, è stato faticosissimo spiegarmi. Ecco, non so perché certe regole siano interpretate e applicate così rigidamente. Voglio dire, svariate regole sono violate quotidianamente. Forse davvero sembra l’arma finale per conquistare il lettore. Forse lo scrittore-studente si trova di fronte alla prima tecnica narrativa “seria” o “avanzata”, rispetto a quanto visto a scuola, o forse gli viene venduta come tale, e la vede davvero come il modo più efficace di conquistare il lettore.

  4. Mi permetto di intervenire perchè sono un lettore molto sensibile all’argomento.
    Se il “tell” è una scelta voluta dall’autore che lo preferisce allo “show” per un motivo preciso probabilmente il risultato sarà essere leggibile e piacevole: la scelta è effettuata in modo razionale e finalizzata ad ottenere un risultato preciso prefissato dall’autore. Potrei detestarlo lo stesso ma si tratterebbe di un prodotto onesto.
    Se il “tell” è l’unica arma in mano allo scrittore che ignora gli effetti e i risultati conseguibili con lo “show” probabilmente verrà fuori qualcosa di universalmente esecrabile. Da lettore di narrativa sicuramente lo detesterò e lo getterò nel cestino senza rimpianti.
    Statisticamente i testi che fanno uso spinto di “tell” sono di autori che appartengono alla seconda categoria e accorgersene non è molto difficile.
    Peggio ancora quando il “tell” risulta una scelta fatta manifestatamente per pigrizia. In quel caso come lettore mi sento insultato. Se per “deviare” si intende nascondere la pigrizia spacciandola per “arte”( si sprecano gli esempi nostrani in tal genere di attività), molto meglio la massima inflessibilità delle regola che potrà essere disattesa. Con coscienza.

    • Spero di non sconvolgere nessuno se dico che ciò che si trova sulla pagina è SEMPRE una scelta consapevole dell’autore.
      Non è che per errore mi scappa un personaggio o una pagina di dialogo, una scena o un certo modo di narrare una certa sequenza di eventi – non è così che funziona, non nella realtà.
      Oh,per chiarezza -parliamo di scrivere, non di atteggiarsi a scrittori.
      Quando si scrive, quando si fa sul serio, non ci sono altro che scelte consapevoli.
      Che il lettore è liberissimo di non apprezzare.
      Ma sono scelte consapevoli.

      E se il tell come unica arma è esecrabile, perché lo show come unica arma è accettabile?
      Perché il suo kung fu è più forte? 😀

  5. Non ho dubbi che ciò che scrivi, sul blog o nei tuoi testi in generale, sia una tua scelta consapevole. Avrei cestinato il blog e, per rispetto, non ti farei perdere tempo con i miei commenti.
    Molti autori hanno scritto narrativa solo con tell con incredibile successo (in termini di qualità del risultato, non solo di vendite).

    Il “tell” è esecrabile quando si tratta di una NON scelta. Dovuta all’ignoranza sull’alternativa.
    La stessa cosa vale per l’info-dumping: gestito con oculatezza non è in assoluto generatore di pattume.
    Così come una risoluzione narrativa “deus ex machina” non è sempre disprezzabile.
    Così come il malvagio assoluto nato per essere malvagio non è sempre un villain sempre da evitare e scontato.
    Così come un viaggio per distruggere l’oggetto feticcio del supercattivone in un vulcano potrebbe non essere una trama banale…

    Il problema è che, statisticamente “tell” indiscriminato + “info-dump” violento + “deus ex machina a profusione” + “villain” malvagi quanto basta (= 95% dello scaffale del fantastico della Feltrinelli) producono pattume. Sottolineo statisticamente.
    Ovviamenete per le statistiche c’è chi con ampio successo di vendite pubblica pattume vendutissimo.

    Ma qui si parla di chi scrive sul serio e ritengo chl’applicazione di regole rigide nella narrativa, i “paletti” dell’arte per qualcuno, evitino ai principianti (che scrivono sul serio) pericolosi fuori pista.

    Il dibattito sarebbe molto costruttivo valutando le i contenuti tecnici nello “show” e quelli del “tell”. Il “tell” senza definizione di regole per la sua gestione non ha il kung fu più debole, non ha proprio kung fu.

    • E dove sta scritto?
      Raccontare e mostrare sono due tecniche che hanno le loro dinamiche, i loro parametri e una ampia tavolozza di sfumature.
      Non stiamo parlando di tecnica contro assenza di tecnica, ma di tecniche diverse.

      Scegliere una tecnica rispetto ad un’altra, ed una specifica applicazione di quella tecnica rispetto ad una diversa applicazione della medesima, è una delle capacità che è necessario sviluppare.
      Insegnare che non si deve fare mai è sbagliato.
      Non è mettere paletti, è promuovere un pregiudizio: il pregiudizio che mostrare implichi abilità, raccontare no.

  6. Hai ragione, ho tirato giù un discorso che pare dogmatico. Mi limito alle mie percezioni da lettore, assolutamente opinabili.

    “E dove sta scritto?”

    Purtroppo per molti autori sta scritto nei loro stessi libri.
    Sta scritto nel fatto che quando leggo fiction lo “show” mi fa entrare nella storia. Il “tell” no.
    Una scena mostrata mi rimane più impressa di una raccontata.
    Un evento mostrato non mi appare influenzato dalle opinioni dell’autore (ovviamente lo è ma la mia percezione è quella dell’ assenza dell’autore).
    Un libro tutto mostrato sarebbe una follia. Si dovrebbero potrebbero raccontare i passaggi non fondamentali.
    Ottimi libri molto raccontati mi fanno spesso venire in mente “avrei voluto che l’autore me lo mostrasse”.
    Raramente preferirei farmi raccontare la trama di un romanzo di narrativa di genere.
    Ritengo che ci siano implicazioni psicologiche nemmeno troppo complesse che qualcuno avrà analizzato molto meglio di come potrei fare io. Ma il risultato rimane.
    Distrutto dai consigli ho iniziato Ready Player One di Ernest Cline. Non un romanzo ma un lungo storytelling. Mi è venuta l’ulcera.

    Adoro gli storytellers. Mi piacciono le letture ben fatte (TED Talks ne ha di splendide).
    Leggo molta saggistica e apprezzo gli autori che fanno buon intrattenimento raccontando le loro storie.
    Quando leggo narrativa di genere però voglio “vedere”, “sentire” non “ascoltare”.
    Ovviamente io sono UN lettore e il mio kung fu non è abbastanza forte da possedere la verità.

  7. Ma tutte queste parole: show, tell, infodump, deus-ex machina. Tutto questo cincischiare di tecniche e regole, queste analisi minuziose e microscopiche. Ma poi, il tempo e soprattutto il PIACERE di leggere un libro per quello che è, UNA STORIA, ma dove lo trovate?
    L’unica regola ammissibile e possibile è: “whatever it takes”. Funziona quello che funziona.
    Il resto sono (a mio umilissimo parere) solo stupidaggini.
    Come dire che l’Iliade e l’Odissea o la Divina Commedia facciano cagare (perché a questo porta il ragionamento “show” vs “tell”) perché sono raccontate…

    • Non posso che concordare, Luca.
      Leggere dvrebbe essere un divertimento – e concentrarsi troppo su tecnicismi che al lettore non dovrebbero importare, serve solo a distrarre dal godimento della narrativa.

  8. So’ tutti bravi a fare gli ingegneri parlando di architravi, cemento armato, strutture portanti, piombo e acciaio. Il guaio è che poi, alla prova dei fatti, probabilmebte non sanno manco tirar su un castello base con la sabbia bagnata.
    – of you know what I mean 😉 –

  9. E ovviamente il nexsus mi infarcisce il commento con refusi e parole corrette. XD

  10. Buongiorno a tutti.
    Io non devo tirar su il Colosseo 🙂
    E in ogni caso non saper tirar su il Colosseo non impedisce a nessuno di dire che un palazzo “fa schifo”, soprattutto se ci deve andare a vivere.
    Non sono uno scrittore e non voglio esserlo. Sono un lettore.
    Quando vado a cena al ristorante e mi portano una portata che fa schifo, fa schifo e basta.
    Quando però il piatto non mi piace ma piace al mio commensale provo a capirne il perchè. Provo a capire i miei gusti. E senza atteggiarmi a grande degustatore o critico di cucina della supercazzola. Senza cincischiare. Limitandomi a parlare di gusto, sapori, troppo sale, pasta scotta e via.
    Perchè con i libri non dovrei fare lo stesso?
    Provo piacere a leggere. Leggo una quarantina di libri all’anno. E’ la mia attività ricreativa preferita. Mi sono accorto che ci sono cose che mi piacciono e cose che non mi piacciono. Con un minimo sforzo sono riuscito a dare dei nomi ad alcune di queste. Non mi sono messo a leggere manuali di scrittura in lingua originale. Sono cose che leggendo un minimo vengono fuori. Le analisi molto minuziose le lascio agli addetti ai lavori.
    Per quanto riguarda la Divina Commedia ed altri esempi li ritengo non molto attineti. Il linguaggio evolve, non è statico. I gusti di un lettore cambiano in una vita, figuriamoci tra secoli. Le influenze sul modo di narrare sono le più disparate.
    Qui si parla di narrativa di intrattenimento. Come dice Davide, di godimento. E quando una cosa mi piace e riesco anche a capirne il perchè non mi piace di meno, l’apprezzo invece molto di più. E posso apprezzare cose diverse con più coscienza.
    Un abbraccio a tutti

  11. @Fabrizio: il fatto è che spesso molti si sentono in diritto di dare la propria opinione dall’alto del loro nulla, tirando in ballo minuziosi sofismi e tecnicismi, e spesso a sproposito. Le classiche persone a cui in genere l’unica risposta valida al loro ciarlare è #esticazzi
    😉

  12. credo che quello che Fabrizio stia cercando di dire è che, anche senza voler dare lezioni a nessuno, ma facendosi una certa esperienza anche solo da lettore si iniziano a notare diversi schemi e impostazioni ricorrenti. e la contrapposizione show/tell è una di queste. poi è chiaro che non ci sono regole assolute, che sistemi uguali non portano a risutlati uguali, perché è scrittura e non matematica, ma i modelli ricorrono.

    e un conto è un Davide Mana, autore professionale con esperienza che si documenta e sa che cosa significa show e cosa significa tell (se non lo sa a livello didattico, lo sa in modo empirico, allo stesso modo in cui un falegname riconosce a occhio un metro senza sapere a cosa corrisponde nel sistema internazionale di misura), e che quindi è in grado di scegliere cosa usare e con quali effetti; un discorso diverso è un autore improvvisato, che segue il fenomeno del momento e scrive così come gli viene, senza un minimo di ossatura: lì è facile che ci si trovi davanti a una pappardellata di tell sena criterio e senza scopo.

    mi rendo conto che la contrapposizione è forzata, ma se si suddividessero tutti i romanzi tra quelli che mostrano e quelli che raccontano, nel secondo insieme ci sarebbero per la maggior parte opere di autori mediocri.

    quindi no, non ci sono regole assolute se la storia fila e l’autore sa quello che fa. ma ci sono modelli che ricorrono più spesso negli autori di basso livello, e che nelle loro mani portano a risultati imbarazzanti.

    • Essere convinti che non esistano alternative non genera risultati meno imbarazzanti – e blocca ogni possibilità di crescita, perché spesso diventauna questione di fede o, peggio ancora, di scuderia.

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