strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

La leggenda del POV ballerino

24 commenti

Vi è mai capitato di sentirvi dire, parlando di film…

La fotografia però è bellissima

Si tratta di un classico.
Ho visto il film, sì, lo so, tutti ne parlano bene ma io freancamente mi ci sono annoiato a morte, e non è che abbia capito granché della storia… ammesso che poi ci fosse, una storia.
La fotografia però era bellissima.

antonioni_lanotte

Sono salvo – anche se ho dormito per tutto il secondo tempo, non ho fatto la figura dell’incolto.

Recentemente c’è un’altra di queste frasi fatte, che circola parecchio, e fa più o meno così…

però il POV traballa

Quella del POV ballerino è la nuova grande frase per tutte le occasioni quando si parla di scrittura.

Io credo che all’origine di tutto ci sia il fatto che, se una volta ad ammettere che un film non ci era piaciuto rischiavamo di fare la figura degli incolti, ora a sostenere che un libro ci è piaciuto rischiamo di fare la stessa cosa.
Avanti, solo un povero deficiente legge un libro e il libro gli piace, e nonci trova nulla da eccepire.

nureyev572In fondo, se una storia mi piace, è perché l’autore ha operato quella specie di strano gioco di prestigio per cui è riuscito ad affascinarmi, a interessarmi, a sedurmi.
Ha vinto lui.

Perché ci è stato insegnato, e ci è stato insegnato molto chiaramente, che nel gioco della seduzione, chi seduce vince, chi è sedotto perde.
E ci è anche stato insegnato che non dobbiamo perdere.
Solo i perdenti, perdono.

E noi non vogliamo perdere.
Mai.

E questo non ha solo devastato le nostre vite sentimentali, rovinato la nostra digestione e annullato ogni forma di piacere che possiamo provare nel lasciare i comandi a qualcun altro (un regista, un attore, la persona che porta nel ballo).
Non ci ha solo spinti a seguire improbabili corsi da somellier ed a cacciare il naso nel vino anziché limitarci a berlo, a discutere per settimane di modulo all’inglese, difesa a zona, mezz’ala col botto e premi d’ingaggio anziché guardare la partita. Non solo ci ha spinti a conoscere tipo, modello, calibro e cadenza di tiro di ogni pistola, fucile e arma da fuoco usato da Arnold Schwarzenegger nei suoi film per poter far notare che lì, in quella scena, c’è un errore.
Non ci ha insomma obbligati a cercare di spacciarci per esperti di tutto, pur di dimostrare che siamo superiori, che siamo quelli in gamba, che la nostra è l’ultima parola, che noi abbiamo vinto, perdio, abbiamo vinto, vinto, avete capito?!! VINTO!!!
(qui ci vorrebbe un suono in sottofondo di un ansito sincopato)

No, questa mentalità agghiacciante che ci sta lentamente annientando ci porta anche a veder ballare il POV.

Che pe rchi se lo fosse perso sarebe il Point Of View, il Punto di Vista, ma dato che PiDiVì suona un po’ troppo da burini, loro dicono POV, come quelli veri.

pov

E nessuno di coloro che sostengono, letto un testo, che il POV traballa, riuscirà mai a spiegarvi cosa significhi, o a farvi un esempio.
Vi sapranno citare, questo sì, gli articoli in cui è stato spiegato loro che c’è un modo solo di fare le cose, ed è quello, e chi non le fa così sbaglia.
Però loro non sanno spiegarvelo.

Esattamente come nessuno, dopo aver lodato la splendida fotografia, saprà dirvi dove fosse, quella fotografia, se fosse incorniciata o appesa a un muro con una puntina da disegno, in quale scena la si potesse vedere, e per quale motivo fosse poi così splendida da meritare di essere notata.

Ma limitarsi a godersi la storia, sarebbe così terribilmente lesivo della nostra immagine di vincenti?
Limitarsi a gioire per la vittoria della squadra, gustarsi il vino, provare il piacere di essere oggetto di una complicata, lusinghiera seduzione?

Non sarà che questo spaventoso, divorante desiderio di vincere, è poi il marchio definitivo dei perdenti?

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

24 thoughts on “La leggenda del POV ballerino

  1. Fin ora non me l’hanno mai detto, forse non ho incontrato le persone che conoscono le persone che “sanno”.
    Sanno cosa, poi, non ho ben capito.
    Un tempo ci si godeva una storia per quella che era, questi sedicenti critici (E le loro povere vittime, che temono di passare per…cosa, poi, non l’ho ancora capito) non hanno capito quello che, credo, sia una cosa fondamentale: Se la storia ti ha preso, tutto il resto è secondario.

    Attendo anche io, comunque, una spiegazione esatta di POV ballerino. Come attendo l’apparizione dell’Invisibile Unicorno Rosa.

  2. Sincronicità vuole che questo pezzo esca a pochi giorni dal compleanno di due miei cari amici che hanno SEMPRE RAGIONE LORO E SANNO TUTTO
    Dev’essere nell’aria.
    (i due non si conoscono, tra l’altro, e temo il collasso cosmico in stile Southland Tales nel caso si incontrassero…)

  3. La diffusione dei blog che insegnano a vedere gente e fare cose ha causato anche questo genere di personaggi. Che per altro è parente di quegli esasperanti figuri che vanno ripetendo come un mantra “show don’t tell” o “infodump”. Perché dire spiegone fa brutto.

  4. come si dice: chi sa fa, chi non sa insegna

  5. Sapete il guaio grosso, qual è? Che questi figuri, quando scorgono in un testo la parola POV, hanno reazioni pavloviane, per cui tralasciano la lettura (e comprensione) del testo in questione, e diventano isterici e gridano allo scandalo, perché noi siamo quelli che “pov is an invalid argument”. Ma quando mai? Ma dove?
    Tutti ridono.

    • Lo ripeto, è un modo per darsi un tono e sentirsi parte di un gruppo – quelli che la sanno lunga.
      Nulla in contrario ad osservazioni circostanziate.
      Le frasi fatte sono solo quello – frasi fatte.

  6. Che poi, diciamolo, al 99% dei lettori del POV non frega un beneamato cazzo

  7. certo… e poi a uno “scrittore”, specialmente se esordiente o comunque dilettante, che importa di quei (pochi) lettori a cui danno fastidio i buchi logici nella trama, che non sopportano pipponi di spiegazioni (scusate, si chiamano “spiegoni”), e orrore orrore, si sentono come un granello di sabbia sotto i denti quando incontrano un “PoV ballerino” (che spesso se è solo ballerino è già un miracolo)… quelli che importano davvero sono i lettori che sganciano il dovuto e mettono 5 stelle su Amazon, entusiasti e felici… 😛

    • NO, Mikecas.
      Ciò che importa è se al lettore la storia è piaciuta o meno.
      Il mio editor può muovermi tutti gli appunti tecnici che gli pare, e di solito lo fa, perché quello è il suo ruolo.
      Il ruolo del lettore non è trovare dove ho contravvenuto alle regole – il ruolo del lettore è decidere se la storia gli è piaciuta o meno.

  8. ma no, Davide, ma davvero non l’hai capito?
    Scopo di questa nuova “scuola” (ma che dico scuola, oramai è vocazione, sacra missione, Jihad) è creare dei “lettori Konsapevoli”, forgiati ed illuminati dalle Sacre Regole distillate nel Manuale dello Stile Supremo e pronti a dare un giudizio su ogni e qualsiasi opera concepita dallo scible umano (dal peggio “fentasi” [cit.] D&Desco a Manzoni o Thomas Mann, per fare un esempio a caso), giudizio ovviamente tarato sul sacro dogma dello sciodontell e del poitoviu…

    Il divertimento dato dalla semplice capacità di intrattenere dell’opera, secondo questi autoeletti Custodi del Verbo e Vestali della Verità (*), passa necessariamente in secondo piano.
    Anzi, per questi novelli Savonarola, la lettura dell’opera dev’essere invece necessariamente finalizzata a passare al pettine fino ogni rigo, al solo ed unico scopo di trovare l’errore (e se non c’è, magari pure ad inventarlo), per poterlo denunciare sulla pubblica piazza dell’internetto (o meglio, nelle personalissime ed autoreferenziali “quattro mura” del proprio blogghettino) per poter sbertucciare il tapino autore. E questa stortura è sovente portata alle estreme conseguenze, ossia il leggersi libri che non hanno la minima chance di piacere al novello Savonarola, al solo scopo di poterne parlar male.**

    (*) evidentemente afflitti da quantità esorbitanti di tempo libero, e da quello che dalle mie parti si dice amichevolmente “buon tempo”

    (**) Ovviamente, tuto questo non vale quando invece si parla del circolino degli Amiketti, si inizia con i “due pesi e due misure”, e difetti di dimensioni elefantiache passano misteriosamente sotto silenzio, ed è tutto un florilegio di complimentoni, cinque alti e gran pacche sulle spalle, specie di fronte ad iniziative men che dubbie e prodotti editoriali (a base di fatine d’assalto) tutt’altro che eccelsi.

  9. @Davide
    … è che tu non sei un “lettore konsapevole” ^_^ Ma non temere, un giorno arriverà anche per te, forse, la salvifica luce della redenzione 😉

  10. io mi trovo a metà strada tra i due opposti descritti nell’articolo: se da un lato quello che mi interessa è leggere una storia interessante dall’altro è inevitabile che quando un libro è scritto male non si può fare a meno di restare infastiditi

    quando dici <> mi trovi pienamente d’accordo ma il giudizio non può riguardare esclusivamente il contenuto senza tener conto della forma… se ad esempio la divina commedia è quella che è non è solo perchè racconta una certa storia ma perchè lo fa in un certo modo, se l’avesse scritta Fabio Volo anzichè Dante sarebbe rimasta comunque una bella storia ma nessuno si sarebbe sognato di chiamarla capolavoro

    c’è da dire che in teoria il lettore, grazie al lavoro svolto dall’editor, dovrebbe sempre trovarsi davanti un testo abbastanza scorrevole e purtroppo non è sempre così
    non è questo il tuo caso (la lettura di Avventurieri sul crocevia del mondo è stata un piacere) ma personalmente mi sono capitate alcune esperienze spiacevoli con i romanzi un paio di autori (di cui non dico il nome) nei quali la storia non era tanto male ma mi sono successe cose come:
    – dover rileggere più volte un passaggio per capire chi fosse il soggetto della frase (lunghi spezzoni scritto in terza persona con due personaggi maschili etichettati entrambi con un generico “LUI/EGLI fece/disse/andò ecc..”)
    – buchi logici nella tram ed incongruenze varie… un momento WTF ci può anche stare ma averne uno ogni 5 pagine da fastidio

    • @Sevenbreads
      Non so come spiegarlo in maniera chiara e concisa.
      Il punto non è che il lettore non deve muovere critiche – il punto è che il lettore deve fare il lettore, non l’editor o l’insegnante di scrittura creativa.
      Il lettore non deve pensare alla tecnica, mentre legge – deve pensare alla storia.
      Perché la storia è un insieme di elementi – se la spezzi e la scomponi nelle sue componenti, cessa di aver significato come storia. O se preferisci, è un organismo, se lo sezioni, lo uccidi.
      È per questo che ci sono lettori ai quali non piace nulla – perché sono così impegnati a segnare i punti, che la storia passa in secondo piano, e alla lunga, non gli piace perché gli arriva fratturata, rotta, discontinua.
      Ma è il modo in cui leggono, non il modo in cui la storia è scritta, ad essere un problema.

  11. Il buon lettore “ideale” dovrebbe aver voglia di qualcosa da leggere, ed essere all’oscuro della “magia”. Credo sia la soluzione migliore, ma non tanto per chi scrive quanto per chi legge.
    Avere un pizzico di “conoscenza magica” è già di per se una bella fregatura, è come guardare un quadro con nozioni “proibite” di pittura, si cessa di vedere il dipinto e ci si fissa sul tipo di tela sulle pennellate sul tipo di colore usato sul pigmento sullo stile… e in casi gravi si finisce per guardare dietro il dipinto.
    La “magia” è affascinante, è piacevole vedere come si muovono i fili e gli ingranaggi, ma in cambio della conoscenza c’è sempre un prezzo da pagare, è come aumentare all’inverosimile il senso della vista, e non essere in più grado di vedere nulla, perché quello che si vede sono solo luoghi molto lontani o nello spazio o nel tempo.

  12. @ Davide Mana
    in teoria sarei d’accordo con <> e <>ma è innegabile che chiunque, nel momento in cui sta leggendo qualcosa, non può far finta di non conoscere qualcosa
    per fare un esempio banale: prima di pubblicare un qualsiasi libro vengono corretti tutti gli errori grammaticali… di per sè non sono un ostacolo alla comprensione del testo, nè tanto meno pregiudicano la qualità della storia ma è chiaro che un libro che ne fosse pieno
    andando a considerare l’estremo opposto, un editor leggendo un libro (per svago, non per lavoro) per pura deformazione professionale non potrà fare a meno di notare anche le più piccole sottigliezze tecniche
    tutti i lettori si trovano all’interno della forbice che va dal sopra citato editor al bambino di 6 anni che ha appena imparato a leggere e non è nemmeno in grado di accorgersi degli errori grammaticali
    ovviamente uno scrittore non può preoccuparsi che il suo libro soddisfi i gusti di tutti gli editor o presunti tali che ci sono in giro dato che sarebbe un lavoro immane e fondamentalmente inutile dato che non è quello lo scopo del libro
    d’altra parte però ciò non significa che uno scrittore con la scusa “tanto la storia è buona” possa scrivere come vuole mandando a quel paese ogni regola di questo mondo e aspettarsi che nessuno ci faccia caso e a nessuno dia fastidio perché non tutti i lettori sono studenti delle elementari
    è un po’ come in un ristorante, va bene che l’autorità di vigilare sulla qualità degli alimenti è compito dell’ufficio di igiene ma se un cliente si ritrova nel piatto alimenti andati a male non ci si può aspettare che questo ingurgiti tutto e dia come opinione “il sapore è buono/brutto”
    con questo voglio dire che da ogni scrittore con un minimo di etica professionale ci si aspetta un “minimo sindacale” (niente di eccezionale, si tratta più di una forma di rispetto verso il lettore) da un punto di vista tecnico e quando questo non viene raggiunto è inevitabile ricevere critiche dai lettori

    facendo qualche esempio diretto: secondo me Asimov avrebbe potuto scrivere alcuni suoi libri meglio di come ha fatto ma in ogni caso non mi sognerei mai di sconsigliarlo ad un amico nè di considerarli in un certo senso inferiori perchè le storie sono intriganti, coinvolgenti e tutto sommato anche il reparto tecnico è funzionale sebbene non mi faccia impazzire
    una situazione opposta invece si è verificata quando mi è (purtroppo) capitato di leggere un romanzo di Licia Troisi… se anche la storia tutto sommato ad alcune persone potrebbe anche piacere è praticamente un tripudio di castronerie, momenti WTF, parti scritte con i piedi che fare attenzione esclusivamente alla storia diventa impossibile a meno che non si abbiano le conoscenze di un bambino delle elementari

    in genere sono il tipo di lettore che se ne frega di tutte le pippe mentali sul pov e roba del genere* sbandierati come cavalli di battaglia da certi figuri ma sono pienamente d’accordo con loro quando pubblicano le recensioni/stroncatura di certi libri che sono da considerarsi quasi un insulto ai lettori (e purtroppo non si tratta di pochi casi isolati)

    *per dirne una adoro i libri di Clive Cussler nonostante siano essenzialmente l’equivalente di un harmony per i libri d’avventura

    • @Sevenbreads
      Sulla grammatica, è capitato che siano stati criticati duramente gli errori grammaticali presenti in storie che erano narrate dal punto di vista di bambini in età prescolare, ad esempio.
      Mi risulta un caso in cui l’autrice si sentì dire “dica alla ragazzina di imparare a scrivere prima di cimentarsi con certe cose”…
      Si tratta di un caso limite?
      Certo.
      Ma è di casi limite, che io sto parlando.
      Il fatto che siano diffusissimi è un diverso aspetto del problema.

  13. ダンスール視点の伝説

  14. Leggevo giusto qualche giorno fa il bellissimo Desolation Road di MacDonald. Se non è un PoV che balla quello… Secondo me è uno di quei casi in cui, per evitare situazioni illeggibili (quando il cambio non si capisce), i dotti preferiscono vietarne l’uso.

  15. Pingback: La leggenda del POV ballerino | Flavio Firmo

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