strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Ordine e Caos

28 commenti

Io odio il sistema scolastico che ha formato la generazione di mio padre.
Vorrei avere fra le mani quegli insegnanti – salesaiani, nel caso specifico di mio padre – per poter infliggere loro quanto di più doloroso ed umiliante io riesca ad immaginare… ed io ho una grande immaginazione, badate bene, scrivo fantascienza.
Poi, ovviamente, mi dico che riempirli di botte, continuamente e costantemente, giorno dopo giorno, per settimane, sarebbe un esercizio vuoto di violenza, e non risolverebbe i danni che questi incompetenti figli di puttana hanno commesso.
Magari anche in buona fede.

Parliamo di obbligare i mancini a scrivere con la destra a forza di botte.
Salvo poi rifiutare di correggere i loro scritti perché la grafia, scrivendo con la destra, non era abbastanza pulita.

Parliamo di sminuire ed avvilire sistematicamente ogni piccolo trionfo che un ragazzino dai sei ai dieci anni può ed anzi deve ottenere.

Parliamo di utilizzare la lettura come punizione.
Sei stato cattivo?
Allora per la settimana prossima mi leggi sessanta pagine…

Oggi per me è stata una buona giornata.
Nonostante il torpore estivo sia ormai calato su tutti i sistemi della Repubblica, uncorriere è riuscito ad aprirsi la strada fino a casa mia ed a consegnarmi la mia ambitissima copia di Into the Media Web, una collezione di saggi di Michael Moorcock usciti fra il 1956 ed il 2006, raccolti da John Davey e pubblicati da Savoy.
Proprio ieri Moorcock ci scerzava sopra…

‘Some early embarrassments in there! I didn’t see it until it appeared in print and probably wouldn’t have chosen everything John chose. Also, I’ve had to employ a sturdy boy to carry it around and hold it for me on his back when I want to read it. Still, sturdy boys are easily acquired in the Marais. The least Savoy could have done for the older reader would have been to include a free wheelbarrow with every copy.’

È vero – è colossale e pesantissimo, stampato su una carta di una qualità inarrivabile, con una copertina con inciso in argento il simbolo del caos.
Mi è costato il sacrificio di un primogenito.
Ma i contenuti… ah!
Moorcock che parla di cinema, di fumetti, di libri.
Ci sono recensioni, memorie, critiche ed attacchi ad personam, polemiche e dichiarazioni di stima.
Moorcock su Leiber!
Moorcock su Hellison!
Moorcock su Peake!
… su Ballard… su Huxley… su Dick… su Elvis Presley!!
Molte cose le ho già lette, ma diciamo pure che il 60% delle oltre 700 pagine del volumone mi è completamente nuovo.

E ve l’ho detto che è illustrato?
Zeppo di foto, e di tavole tratte da fumetti e copertine…

Grande.

Beh, l’allegro corriere mi consegna lo scatolone, io lo ringrazio, mi siedo al tavolo sotto all’ombrellone e lo spacchetto rapidamente.
È proprio lui!
Esclamazione di giubilo.
Spiego a mio padre che si tratta… beh, ok, vi ho già spiegato di cosa si tratta.
E vedo nel suo sguardo la pena che si proverebbe verso qualcuno al quale il corriere abbia appena consegnato una tagliola per orsi, e si appresti a farsela scattare sullo scroto senza rendersi conto del dolore che proverà.

È la pietà che si prova per un povero idiota che passerà l’estate a leggere.
Senza aver fatto nulla di male per meritarselo.

È lo sguardo che ha accompagnato l’ingresso in casa mia di ciascuno dei sei o settemila libri che ne affollano gli scaffali.

È la conferma – se ce ne fosse bisogno – che ci sono cose che resteranno sempre completamente aliene.
Che ci sono cose che non si potranno mai condividere.

Ed io vorrei avere fra le mani quei tre o quattro salesiani – ormai morti e sepolti da decenni, ne sono convinto…
Vorrei averli fra le mani ed infliggere loro tutto il dolore possibile.
Ripetutamente.

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

28 thoughts on “Ordine e Caos

  1. Quello sguardo lo conosco.
    E ti dico anche che sono sicuro che se chiedi almeno alla metà(e sono ottimista) dei componenti del circuito dei blog a cui siamo collegati vedrai che lo conoscono anche loro.
    Mio padre,a cui voglio un mare di bene,ormai si è rassegnato ma per anni me lo sono sentito ripetere:”Nicola ti voglio bene,ma perchè perdi tempo con quelle c..?”,mia madre invece,forse perchè era insegnante d’Italiano alle Medie pubbliche,capiva.E poi una madre napoletana è meglio di una tigre con i suoi cuccioli.Inoltre era una che faceva fare teatro ai suoi studenti.
    Alla fine sono diventato un lettore ed un collezionista di tutto ciò che riguarda la letteratura fantastica grazie a tuttii e due i miei genitori.
    Così non ti curare degli sguardi.Il sistema scolastico salesiano ha fatto i suoi danni ovunque ma è la sottomentalità Italiota generale che ancora oggi fa considerare la fantascienza,i fumetti e l’horror ed altro come cose per bambini.
    Sarà bello Minzolini,Amici ed ilGrande fratello…ecco tutti prodotti per adulti in gamba.
    Piuttosto goditi Moorcock(con molta invidia da parte mia per quello che leggerai.Maledetto:Moorcock che parla di Leiber,Ellison,Comics ed altro…ti odio altrochè…

  2. Tra l’altro è confermata, almeno in parte, la storia dei libri venduti al pub – Moorcock davvero finì sulla lista nera (come pericoloso comunista) e davvero campò suonando la chiatarra e vendendo libri sui tavoli dei bar… in scandinavia.
    Poi tornò a casa.

    Lo sguardo, lo ripeto, lo conosco.
    E ci credo, che lo conosciamo in tanti.
    ma in certi giorni pesa.

  3. Io alla citazione in Inglese mi son fermato e non ho più continuato. Purtroppo in questo splendido blog alcuni post mi sono preclusi. Questa è casa tua e se tu decidi di non tradurre le citazioni non ci posso mettere becco. Mi restano comunque da leggere e rileggere molti bellissimi (e arricchenti, per me) post tutti in italiano 🙂
    Ignorant Hamster

  4. …poi mi son ripreso e ho terminato di leggere il post e per quel che ho capito sono ampiamente daccordo con te. Leggere è un tale piacere che davvero spiace che a qualcuno (…qualche miliardo di persone…) possa apparire come una punizione.
    Beh, se poi però parliamo di imparare le lingue, per qualcuno è una punizione pure quella! 🙂

  5. Still, sturdy boys are easily acquired in the Marais.

    🙂

  6. Credo che Orlando ponga l’accento su una questione interessante.Le lingue. Noi,siamo il paese meno poliglotta in Europa.
    I motivi sono annosi e molteplici e bene o male li conosciamo tutti.
    So anche che ogni traduzione alla fine rischia di diventare uno snaturamento,anche la migliore delle traduzioni.So anche che mettere una frase e poi la traduzione a fianco fa tanto effetto “traduzione dell’Iliade dal greco al liceo”.
    Certo leggere in originale sarebbe preferibile,io stesso ancora oggi leggo comics e romanzi sf in Inglese e francese(anche se non padroneggio bene la lingua come qualcun altro) però capisco quelli come il cricetone.
    Magari una soluzione si può trovare per quelli che hanno problemi con le lingue pe

  7. (continua)
    per non farli sentire esclusi dalla discussione,magari si potrebbe quando si usa una frase essenziale per il post mettere un sunto,voi cosa ne dite?

  8. Orlando
    Bè, in pratica dice che il libro è talmente pesante che ha dovuto pagare un giovanottone robusto per portarselo dietro. Per fortuna al Marais di Parigi i giovanottoni robusti si acquistano con facilità 🙂

  9. Ed aggiunge che l’editore avrebbe dovuto includere una carriola per i lettori più anziani.

    Chiedo scusa per la mia pigrizia, Orlando.
    D’ora in avanti, citazioni tradotte.

  10. Vaghi ricordi di estati lontane nello spazio-tempo.
    Io felice e giubilante sotto l’ombrellone, in spiaggia, a papparmi tutto ciò che Terry Brooks scrisse di buono (i primi Shannara), più King dei tempi migliori e una montagna di Urania usati, acquistati a 500 lire a copia.
    Mia papà che mi guardava sconsolato, non capendo (ci provava anche, ma proprio NON capiva) come mai non mi univo agli altri ragazzini che giocavano a beach volley o a tennis in riva al mare. Per QUELLA era una perdita di tempo, ma spiegarglielo era… impossibile.
    Mi voleva bene, lo si dica, ma queste cose non le ha mai capite fino all’ultimo dei suoi giorni.

  11. Grazie a Marco per la traduzione 🙂
    E, Davide: se posti una lunga citazione in inglese è assurdo che tu la debba anche tradurre per me, dico sul serio. Qui tutti conoscete l’inglese e non solo, è sacrosanto che sia io ad adeguarmi. Il mio “tono” di ieri sera era scazzato e deluso esclusivamente a causa di ME STESSO e della mia maledetta pigrizia nello studio delle lingue. E per il mio pessimismo che mi fa dire “A 50 anni cosa vuoi imparare l’inglese, ma per favore!”…
    Leggo abitualmente comics in inglese, ma NON Moore, Morrison e altri autori troppo “slang” o con un uso della lingua inglese appena più complicato del “base”. Pochi giorni fa al porto di Olbia un turista mi ha chiesto una breve informazione in inglese e io gliel’ho data (“scusi, ma dov’è l’uscita dal porto?” “Di là, a destra” “Grazie” “Prego”) ma ecco, fin lì ci arrivo, oltre no.
    Questa dell’inglese è una delle mia dannazioni… La QUASI TOTALITA’ delle cose che mi interessano/interesserebbero sono in inglese, porca merda… Dovrei fare un corso (no money, sorry) oppure dedicarmi solo allo studio dell’inglese per, chessò, tre anni (urgh!) ma è una decisione dura, visto quante cose mi piacciono e mi piace fare.
    Eppoi c’è sempre quella maledetta vocina dentro che dice “Ma che vuoi fare? Hai 50 anni, non potrai mai imparare l’inglese al punto da poter leggere un libro o un articolo del Comics Journal!”.

    Scusate lo sfogo 😦

  12. p.s. leggere agevolmente e con scorrevolezza un articolo del CJ o un libro, intendevo qui sopra. Perché qualche articolo del CJ me lo leggo…. certo, ci metto una settimana! 😦
    Scusate ancora

  13. Orlando, basta chiedere scusa! 😀

    La faccenda dell’inglese è curiosa.
    Io leggo libri in inglese dal secondo anno di liceo.
    Ho cominciato perché costava meno, i libri duravano di più e c’era più scelta.
    Nel corso degli anni – soprattutto all’università – mi hanno detto di tutto, in linea di massima variazioni sul tema del “sei un fottuto esibizionista che vuiole atteggiarsi a superiore”.
    Salvo poi farsi le due settimane canoniche in Irlanda per “perfezionare l’inglese” e diventare tutti fan degli U2 ed esperti di musica celtica.

    L’inglese serve.
    Dà delle opzioni in più, accresce la nostra libertà – siamo liberi di sapere come la pensano in un altro posto.
    Con l’inglese ci ho studiato, ci ho lavorato, ci ho fatto la corte alla più bella donna del mondo.

    Sull’impararlo a cinquant’anni… e dove sta scritto che non si può?
    Il fatto è – fidati, io ho insegnato inglese a pagamento, in una scuola con la bandiera inglese nel logo 😉 – tu parti dalla cosa più difficile al mondo, i fumetti.
    I fumetti sembrano più facili, ma in realtà, poiché (se son fatti bene) un sacco di testo viene tagliato poiché sopperiscono le immagini, leggere i fumetti richiede una maggior dimestichezza con la lingua di quanto non lo richieda il romanzo.
    L’unica eccezione che mi venga in mente (e qui parte la cattiveria) è Prince Valiant, l’unico fumetto che avesse le didascalie che descrivevano i disegni.

    Ma qualcosa mi dice che ci farò un post…

  14. @orlando, se posso suggerire, un metodo che io ho trovato utile e rapido é comprare/scaricare/farsi prestare film che abbiano l’audio in inglese con sottotitoli in inglese e in italiano. Prima cominci con i sottotitoli in italiano, se il tuo inglese é scarso, poi passerai ai sottotitoli in inglese. Se la storia ti prende non farai più caso alla lingua ma il tuo cervello farà da solo le associazioni e se sei costante (io mi vedevo un paio di puntate di Buffy ogni sera) il tuo inglese migliorerà molto senza che tu abbia l’impressione di “studiare”

  15. Siete davvero molto cari e proverò a darmi da fare. Sul serio! Grazie ancora.

  16. Quello dei film sottotitolati è un sistema eccellente.

    Ma qui non obblighiamo nessuno a fare nulla, eh… 😉

  17. su questa cosa dell’inglese, recentemente, mi sono accorto di avere un problema
    leggo, capisco, di solito quasi tutto.
    okay
    ho fatto l’FCE per ricordarmelo un po’, di recente, e per prepararmi mi sono fatto prestare due libri di keene
    cos’, mi son detto, unisco l’utile al dilettevole
    beh, sono ancora a pagina dieci del primo
    il problema è che non ce la faccio. finchè leggo i blog, le interviste gli articoli ecc ecc
    va bene
    ma con la narrativa non riesco
    cioè, se uno usa una parola invece di un’altra io penso che è importante
    e quindi non riesco ad accontentarmi di sapere cosa vuol dire la frase
    cioè, se trovo scricchiolare, piuttosto che crepitare o crocchiare o che so io, per me è importante
    ma mentre in italiano conosco tutte queste parole
    in inglese narrativo va a finire che vado a cercarmela anche quando so cosa vuol dire
    per dire, in una pagina di cui capisco tutto, vorrei il dizionario per almeno 20, 30 parole.
    non so se mi son spiegato…
    comuque sono in una fase di riflessione, ci riproverò e vedrò se riesco a superare questo mio limite.
    e sono sicuro che è colpa dei salesiani, sicurissimo!
    hai tutto il mio appoggio, caro… e se son morti perseguitane l’anima 🙂

  18. Il dizionario è un nemico della lettura.
    Capisco la questione della sottigliezza linguistica, ma bisogna cercare di trattenersi, tirare avanti anche se ci si rende conto che, ok, abbiamo colto il senso ma magari c’è qualcos’altro.
    Quel qualcos’altro verrà fuori con l’esperienza.
    Il che magari significa che rileggeremo fra due o tre anni quei primi libri e ci troveremo dentro le cose più incredibili – ma per il momento, dobbiamo sacrificarli.
    E poi è bello, avere dei libri a cui tornare per scoprire del nuovo.
    O no?

  19. Ecco! Anch’io! Voglio dire: non certo ai livelli di Gelostellato, ma nel mio piccolo, dico.
    Ah: quindi no dizionario?!? E come faccio quando una o due parole sconosciute mi impediscono di cogliere il significato dell’intera frase? Se più avanti trovo nuovamente quella/e parola/e sconosciuta/e, tale continuerà a restare se non consulto il dizionario, no? Voglio dire, ad esempio: quei maledetti “Heckuva” che dice xontinuamente Wolverine negli X-Men quando li scriveva Claremont, hai voglia a “cercare di capire nel contesto della frase”… finché non ho avuto occasione di parlare con un americano appassionato di comics non ho mai saputo cosa diavolo volesse dire…
    Però, siccome Mana è uno dei miei Maestri, se Lui dice niente dizionario, niente dizionario. Ci provo!
    Il Cricetone
    (p.s. Dall’altroieri sera sto vedendo Buffy in lingua originale con sottotitoli in inglese… Senza sottotitoli credo che non capirei una cippa, e anche così alla fine dell’episodio mi fuma un po’ il cervello, ma vado avanti con costanza e impegno!)

  20. Mi viene in mente l’ultima volta che ho preso il treno – c’era un signore che leggeva un esilissimo libro in inglese (di Cronin, quello della cittadella, il titolo non lo ricordo) ed era un continuo prendere il dizionarietto rialzare gli occhi al libro riabbassarli e rialzarsi – guardarlo era perversamente affascinante. (Che poi, voglio dire, Cronin, non Virginia Woolf)

    Ma appunto, è un approccio sbagliato. La maggioranza delle parole della nostra lingua noi le abbiamo imparate dall’uso, non dal dizionario. E non solo i significati delle parole, ma i contesti e le combinazioni in cui vengono attivati determinati significati, e la consapevolezza che, nonostante quello che può sembrare a uno straniero, è una estrema forzatura vedere significati che non sono accettabili in determinati contesti. Studenti o traduttori alle prime armi a volte tentano soluzioni creative che sembrano essere giustificate dal significato 5 6 o 7 del dictionario.
    E’ proprio dall’esposizione – lettura, ascolto, conversazione che si capisce come vengono usate le parole, e cosa significano davvero di volta in volta (e anche perché, riflettendoci su).

    Tanto per fare un esempio (ahem) a caso, è vero che screw può significare molte cose, ma turn of the screw è giro di vite, punto e basta. Non esiste alcuna ambiguità possibile.
    Così come Berliner è un abitante di Berlino – il fatto che particolari krapfen “berlinesi” si chiamino Berliner non significa che la frase di Kennedy “Ich bin ein Berliner” possa essere in alcun modo sentita come comica o ambigua da un madrelingua, nonostante la persistente leggenda metropolitana che ne è nata in America.

    Heckuva – bè, intanto fai caso a espressioni simili:

    -Heck, he nearly got me this thime!
    -Dad, I will marry Alice tomorrow, with or without your approval. (risposta) Like heck you will!
    -You’ve made a heck of a job Mike. I’m so proud of you.

    dall’ultima ti può venire l’illuminazione che heckuva è una forma contratta e fonetica di heck of a; magari ripensi che Wolverine dice sonuva, sonuvabitch =son of a (bitch) e ne hai la conferma.

    Ormai hai capito che heck è un espletivo, una parola sostanzialmente vuota di significato che ha funzione enfatica. Prima o poi capirai o leggerai da qualche parte che è un eufemismo per hell, ma a quel punto il saperlo non ti aggiungerà molto.

    Può sembrare macchinoso o troppo complicato, ma a forza di leggere senza dizionario e man mano che il tuo vocabolario aumenta diventerai esponenzialmente più veloce a fare connessioni, riconoscere usi insoliti o espressioni modificate, varianti dialettali, etc.

  21. Heck è hell quando hell non lo puoi dire.
    Secondo Fiona Pitt-Kethley (se ricordo bene) sono stati gli elisabettiani i primi a sostituire le brutte parole con equivalenti privi di senso ma perfettamente chiari proprio per il contesto.
    Come frigging al posto di fucking – in espressioni come “frigging loser”.
    O Gosh (sì, quello del Robin di Burt Ward), e Golly che sarebbero God ma bestemmia-friendly.

    Per Orlando.
    Primo, non esagerare con Buffy in originale 😛
    Come dicevano i Manhattan Transfer, first you crawl then you walk, skat then you talk… (consideralo un compito per le vacanze 😉 )

    Sull’uso del dizionario.
    La regola empirica è – se incontro una parola che proprio non conosco, mi fermo, prendo un bel respiro e cerco di ricavarne il senso dal contesto.
    Se in prima battuta fallisco, mi rileggo i due paragrafi prima e i due paragrafi dopo, e ci riprovo.
    Se anche qui faccio cilecca – non importa, continuo.
    Le possibilità sono due
    a . non la incontrerò mai più nella mia vita (e allora chissenefrega)
    b . la reincontro fra un paio di pagine e magaria questo punto il contesto mi aiuta.
    Se e solo se la reincontro tre o quattro volte di seguito e proprio non riesco a capirecosa sia, mi butto sul dizionario.
    Poi, finita la ricerca, torno a chiuderlo a chiave nel suo cassetto.

    Di solito, quando leggi argomenti che frequenti da tempoi anche in italiano, di termini proprio astrusi te ne capitano pochi.
    Casomai lo shock viene quando ti sposti in ambiti che non conosci benissimo.
    Ma allora, in quel caso problemi ne abbiamo tutti.

  22. Oddio dicevo Buffy perchè a me piace, ma ci sono molti giochi di parole e linguaggio da teenager. L’inglese più semplice che ho trovato in un telefilm (di quelli che frequento io) é in Star Trek, tutte le serie. Pure gli alieni verdi con gli occhi sulle antenne o quelli in forma gassosa parlano un inglese perfetto e lineare.

  23. ma io non ce lho nemmeno il dizionario d’inglese, per dire
    quindi figuriamoci
    però è un fastidio di non aver colto le sottigliezze, per tornare al concetto
    e vada una vada due vada tre
    e poi basta, comincio a infastidirmi
    comunque è successo solo da poco, e confido anche che, non avendo più esami da fare, la cosa dovrebbe darmi anche meno fastidio
    però no eh
    buffy in inglese non lo guardo
    anche perché non fanno vedere mai le tette, quelle tre, e non è una cosa tollerabile
    anche i salesiani ne sono scontenti!

  24. “first you crawl then you walk, skat then you talk… ”
    …ed è proprio quello “skat” (che, ehm, sul dizionario online non c’è…) che, mi pare, “dà significato” al tutto. La parola chiave non la so, quindi tutta la frase è monca 😦
    (mi sembrava di ricordare che “scat” volesse dire “cacca”…)
    Il Criceto Monolingua

  25. eh… sia con la k che, più frequentemente, con la c, è termine gergale per indicare (in questo contesto) l’esprimersi con suoni inarticolati anziché parole di senso compiuto.

    Da cui la tecnica vocale jazzistica anche nota come vocalese.
    [Non c’era un tipo che si faceva chiamare Scatman John o qualcosa del genere?]

    Scat – che è anche un termine che può indicare, in effetti, altre cose molto meno piacevoli del canto – è una di quelle classiche paroline che non impari dal dizionario.
    È tutta questione di esperienza – e per quella ci vuole tempo.

    Il concetto chiave della frase, tuttavia, credo sia arrivato pur mancando una parola su dieci.
    Lì sta il trucco.

  26. Nella mia personale esperienza, il vocabolario ti serve solo se becchi un maledetto termine proprio.
    Cioè “Beech” è “Beech”, non c’è perifrasi che tenga per dire “faggio”, inteso l’albero.
    Sperando poi di non incappare in una delle solite parole composte dagli Anglosassoni senza fantasia: la “Horseradish” è la radice del cavallo, siamo noi latini convoluti che ci abbiamo trovato un nome (Rafano)

    Tolto quello, e specie con gli americani, il vocabolario non arriva da nessuna parte.
    I maledetti le parole le inventano sul contesto, su due piedi.
    E, no, non lo fanno gli scrittori: lo fa chiunque, gli scrittoti riportano, al massimo ampliano

    La specialità in cui gli americani eccellono (e i britannici li odiano per questo) e trasformare nomi in verbi: dump è la discarica, gli americani han derivato “to dump” ovvero il verbo buttare in discarica.
    Ma l’arma di confusione masisma sono i dannati phrasal verbs: cose tipo verbo + on, off, in, out, about, back.
    Gli americani li usano ovunque perché sono più intuitivi dei i verbi propri, che non si ricordano come vanno scritti: quindi “To bring up” è più semplice di “To educate”.

    E, maniaci, da verbi tipo “To drop out”, lett. cascare fuori, inteso come ritirarsi, o uscire dal giro cavano un nome, “quello lì è un dropout”.

    Arrivano a botte di genio uniche, nel nome dell’intuizione: frasi tipo Movie stars, they either seem to fade away or James Dean out”.
    To fade away, ha senso anche col dizionario: To fade è impallidire, diventare trasparente (c’è anche la manopola Fade nei mixer, no?) – fade away, impallidire + andando via.
    Ma “James Dean Out”? Che verbo è “To James Dean”?
    L’americano medio capta l’Out, che vuol dire “fuori” ed indica di solito danno in tanti verbi: il citato drop out, blow out (spegnere soffiando), break out (evadere, scoppiare), run out (esaurire).

    É puramente a senso che acchiappi il significato: “le star dei film, o scompaiono pian piano o si fanno fuori in modo spettacolare come James Dean”.

  27. Esistono dei meravigliosi vocabolari di slang – e di solito i tagli possono essere due.
    O si va per via storica – e si elenca ogni significato acquisito da un certo termine (ed è alquanto dilettevole) – o si va per categorie e sottoculture.
    E così scopro che “black box” ha un significato differente a seconda che io stia parlando con un ingegnere aeronautico, un ingegnere elettronico, un hacker, un prestigiatore o uno specialista in sicurezza.
    Ed anche questo è alquanto dilettevole.

    Il problema di tutti questi volumi è che invecchiano ad una velocità folle – e l’Urban Dictionary online non riesce né a star dietro alla trasformazione del linguaggio, né ad essere esaustivi e approfonditi.

    Per cui, come diavolo si fa a imparare lo slang?
    Oltre a chiacchierare con un sacco di gente,
    . Leggere un sacco di letteratura popolare (il vecchio De Camp era una belva – anche perché giocava con lo slang in inglese moderno, inglese shakespeariano, francese e sassone).
    . Ascoltare la musica giusta (gli Steely Dan sono un vero e proprio tour de force dello slang).
    E poi film.
    In originale.
    Buffy è feroce, ma se ne esce fortificati e più saggi.
    Oppure provate il recente Misfits, della BBC… un killer.

  28. Per l’inglese mi sta aiutando più questo blog, Gestore e Commentatori, che un anno di corso al British Institute 🙂 Grazie!
    Ham-ster(n)

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