strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Una critica del Modello Standard

24 commenti

Questo non è il post che avrei voluto fare.
Avrei voluto parlare di divulgazione attraverso la narrativa, del centenario di Tarzan e cosa vorrei organizzare a riguardo, del corso online che partirà a settembre.
Tutte cose che rimando alla settimana prossima.

E allora di cosa parliamo?
Parliamo del Modello Stanbdard.
No, non quello che descrive in termini quantici tre delle quattro forze fondamentali dell’universo.
Intendo il Modello Standard sul quale si basano le nostre vite.
O sul quale si suppone che si basino le nostre vite.

Il Modello Standard fa più o meno così.

. da quando sei in grado di parlare, ti viene detto di tacere e ascoltare*
. devi studiare**
. se vuoi puoi “toglierti la soddisfazione” di prenderti una laurea, tanto non ti servirà
. poi ti trovi un lavoro onesto***
. e ti fai una famiglia****
. poi lavori per i quattro decenni successivi per guadagnarti una vita che spendi lavorando
. poi arrivi alla pensione, e te la godi *****
. poi muori
. ai tuoi figli tocca lo stesso destino… e così per l’eternità. Sarà bellissimo.

Ora, ditemi che sono uno che si lamenta in continuazione, ma a me come prospettiva, quella qui sopra, fa abbastanza schifo.

E mi dispiace e mi dispiace davvero, perché mi rendo conto che per una certa generazione – quella dei nostri padri, per fare una generalizzazione orribile – questo era davvero il Modello Standard.
Hanno modellato la propria esistenza su questi punti (o punti piuttosto simili), e si aspettavano che anche noi facessimo lo stesso.
Tanto che coloro che hanno in qualche modo deviato da uno dei punti qui sopra, sono di solito oggetto di un certo disagio, di riprovazione, di boicottaggi più o meno palesi.

… e dire che sembrava tanto una brava persona…

O magari bastava una vespa.

E non ho idea, onestamente, da dove molti di queste trovate siano venute fuori.
Forse è perché abbiamo trasformato nel giro di una generazione i contadini in operai, ed abbiamo trasportato la mentalità feudale dei latifondi nelle industrie.
Forse è perché siamo passati in una generazione dalla miseria assoluta della nazione devastata dalla guerra al boom economico.

Qualsiasi lavoro = casa + automobile + lavatrice = felicità

O sarà una certa cultura cattolica, che vede malissimo la curiosità, peggio la scienza, non parliamo poi dell’ambizione, e che proprio non può tollerare che voi facciate sesso con la vostra ragazza (o ragazzo, o quel che è) prima del sacro vincolo, ed al solo scopo riproduttivo.
In fondo, la vita di sofferenza con una bella ricompensa alla fine sa molto di religione… l’accoppiata lavoro schifoso + debiti e poi pensione è poi solo la variante laica e materialista.

O forse è questa specie di perbenismo anni ’50 che è strisciato nella nostra cultura.

Non lo so.
Di sicuro, i ragazzi della mia generazione (usando ancora una volta una generalizzazione strampalata), si sono sentiti ripeter per anni i precetti del Modello Standard, e le sue varianti.

Trovati un lavoro.

Studiare è solo un modo per farsi mantenere.

Per voi ci vorrebbe un po’ di guerra.

E forse è perché ai comandi ci sono ancora quelli della generazione dei nostri genitori (o dei nostri nonni!), tutto ciò che ci viene offerto è l’ideale di un lavoro qualunque, che spesso umilia i sacrifici che noi e le nostre famiglie abbiamo fatto (ricordate? I laureati devono essere umili e andare a fare i ciabattini… come se fosse facile, fare il ciabattino), con il miraggio di fare abbastanza soldi per godercela.

Dovete essere umili.

Ecco sì, questo forse è cambiato.
Chi ci ha proposto il Modello Standard, mancando dell’immaginazione per immaginare che il mondo sarebbe cambiato******, chi ha creato una società che fa del Modello Standard l’unico modello possibile, chi ha lottato contro il normale evolvere delle cose per preservare il Modello Standard, ora ci suggerisce di godercela finché dura.

Dovete imparare a vivere alla giornata*******.

Ecco, ma allora, se devo vivere alla giornata…
Se devo vivere alla giornata, allora il Modello Standard salta.
Perché in fondo, il Modello Standard mi promette solo due cose: una vita per bene e rispettabile, e un periodo di tranquillità e gratificazione alla fine.
Se salta la gratificazione finale… ma chi è che vuole una vita per bene e rispettabile, a queste condizioni?
Cosa me ne faccio del rispetto, se sono infelice?
Anche perché il rispetto, mano amano che gli studi si allungavano, le aspirazioni lavorative si facevano diverse, è calato col passare degli anni.
Ora salta anche la gratificazione finale?

E con questo non intendo, naturalmente, che la pensione fosse l’unica ragione della nostra esistenza.
Però era un mattone importante sul quale si reggeva la struttura del Modello Standard.

Tu mi sacrifichi i migliori anni della tua vita, ed io ti garantisco soldi, tempo libero e opzioni per quando non saprai più cosa fartene.

È così difficile da capire, questo diverso modello?

Hmmm… forse, riflettendoci su, avremmo potuto capire prima che sotto c’era una fregatura, eh?
Eppure anche molti di noi ci hanno creduto – ad alcuni è andata bene, gli piace, si sentono completi in questo modo.
E non capiscono che qualcuno possa voler vivere in maniera diversa.
Guadagnarsi un’esistenza in maniera diversa.
Succede.
E non vuol dire essere sfaticati, o stupidi, o “sognatori”.

E come sempre, la crisi – in questo caso la Crisi del Modello Standard – rappresenta una opportunità.
L’opportunità di definire un nuovo modello, nel quale non diventiamo tutti ricchi pensionati, ma viviamo dignitosamente, bene, ragionevolmente felici, e facciamo ciò che ci piace ricavandone ogni possibile gratificazione, cercando magari di immaginare un futuro nel quale i nostri figli avranno problemi diversi dai nostri, e cercando di lasciare le cose un po’ meglio di come le abbiamo trovate.

Chissà, forse è da qui che arriva… non la crisi, quella economica.
Quella arriva dalla decisione di quelli che volevano tutto e subito che il momento giusto era ora.
No, non la crisi, ma l’atmosfera di paura e immobilità che segna la reazione alla crisi del nostro paese.
Non credete?
Non potrebbe derivare, questa reazione da coniglio immobile davanti al camion in arrivo, dal fatto che quelli che sognavano la tranquilla pensione vedono minacciato il proprio paradiso, e sono costretti ad affidarsi ai propri figli, che invece di fare un duro lavoro e pagare l’INPS vogliono fare di testa loro (parlare anziché ascoltare), magari provare piacere lavorando a ciò per cui si sono preparati, magari provare cose nuove, nuovi approcci, nuove idee?

Non sarà che la fede nel Modello Standard si è rivelata falsa, e nel vuoto che ha lasciato esiste solo il panico – ed il panico di una generazione che non vuole lasciare i controlli, che non sa cosa fare ma è comunque certa di poter far meglio di quei ragazzini arroganti?

Ci sono momenti in cui guardo mio padre e mi rendo conto di quale dev’essere la sua angoscia.
Dopo quarant’anni a considerare i miei studi e le mie attività il passatempo di un ragazzino viziato che non voleva andare a lavorare (in fabbrica, a sedici anni, quella era l’idea), ora deve fare affidamento proprio su quelle mie attività per pagare i conti.
E chissà, forse si rende conto che i suoi coetanei là fuori a uno come me – uno “che non ha mai lavorato in vita sua”, perché nel CV non ho vent’anni da zombie, uno che “ha fatto un sacco di lavori e non ha mai avuto un posto fisso”, uno “che non è stato neanche in grado di farsi una famiglia”  – una possibilità non la daranno mai, perché lui a uno come me una possibilità non la darebbe mai.
Non perché sia malvagio, naturalmente, ma perché non gli è stato insegnato come fare.
Non sa come farlo.
Io credo di vedere quella consapevolezza nei suoi occhi.
Ed ha paura.

Perciò gli dedico una canzone.
Ciao, papà.

———————————-

* rubiamo un’idea a Cat Stevens.
** anche se poi ti diranno che con la cultura non si mangia; e comunque non deve piacerti, perché solo ai pirla piace studiare…. secchione secchione secchione…
*** meglio se privo di reali responsabilità; meglio se statale. Non deve comportare creatività e non deve piacerti. Nessuno si fa pagare per fare qualcosa che gli piace.
**** E mi raccomando che sia tradizionale, che sennò la civiltà si sfalda.
***** per quel che puoi, finché non ti viene un ictus. Per tutto il resto c’è il Viagra.
****** L’immaginazione non era considerata essenziale nel modello, ricordate?
******* Che in certe lingue si traduce con “devo potervi licenziare quando voglio per potervi assumere”… è complicato da spiegare, bisogna essere tecnici.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

24 thoughts on “Una critica del Modello Standard

  1. Lotto contro il modello standard da quando ho capito che esisteva.
    Devo dire che è stata una guerra (non ancora finita) che mi ha portato qualche soddisfazione ma parecchie grane. Perché se sfidi un aspetto così consolidato della nostra società va da sé che ti trovi contro delle bocche da fuoco di potenza incredibile.

    A me, come già sai, fanno molta più paura i miei coetanei che si adattano al modello standard senza fiatare che non gli anziani, che non hanno più lo stimolo di ribaltare certi schemi mentali.
    Perché a 30 anni il 90% degli (ex) giovani italiani ha già rinunciato a sogni e ambizioni? Non intendo quelli traviati da fidanzate/i particolarmente nocivi, bensì anche gli altri, quelli che al modello ci si adattano da soli.
    Paura di essere emarginati? Senz’altro. Pochi stimoli esterni? Pure? Una sopravvivenza economica che in Italia è legata ai genitore fin oltre i quarant’anni? Eh…
    Certo che basterebbe riflettere sulle considerazioni che fai tu in questo post per capire che il meccanismo è davvero fallace. Invecchiare, accumulare quattro soldi e poi puntare a una vita tranquilla quando avremo giusto le forze per andare alla sagra paesana a giocare a briscola.

    Solo a noi tutto questo fa paura?

  2. Credo che uno dei punti di forza del Modello Standars sia proprio nel fatto che ha funzionato a lungo e, per molti versi, ancora funziona.
    Finché il meccanismo non si inceppa su cose come il collasso della previdenza o la contrazione della circolazione del denaro, in fondo il modello ti garantisce di vivere, di prosperare, e di levarti qualche sfizio.
    Quindi, perché no?
    È quando il modello va in crisi, che ci si rende conto che in fondo è una truffa.

    Sul fatto che molti 30/40enni siano più conservatori e immobilisti di tante persone anziane, non posso che concordare.
    E d’altra parte, se ti insegnano che il Modello non si può cambiare, come si può anche solo pensare di cambiarlo?

    Sulle sagre paesane sospendo il giudizio – stasera potrei anche fare un salto qui nel paese vicino, per la sagra della polenta e cinghiale 😉
    Una cosa molto estiva.

  3. Mi sono accorto del Modello Standard di recente, e proprio finché sono in tempo sto cercando di non entrarci per non ritrovarmi poi imbrigliato (e sarebbe più difficile a quel punto uscirne).
    Ma è dura, in una società che fa X, riuscire a fare Y.

    Ciao,
    Gianluca

  4. Ed io pensavo si chiamasse “Incul…” e invece era Modello Standards…si vede che tu hai studiato ! 😀

  5. Caro Davide, ti capisco eccome e ti quoto su tutta la linea e rilancio dicendoti che certa gente dovrebbe ricordare che solo 50 anni fa il modello standard era leggermente diverso, per non parlare poi di 100 anni fa…e così via…Più che il modello \”standard\” esite il luogo comune standard condito con una retorica stucchevole che solo un finto perbenismo riesce da fare accettare.
    In generale bisognerebbe vivere e lasciar vivere, ma gli altri (quelli assimilati) proprio non ce la fanno a farsi i razzi loro…

    Nicola

  6. Lottare contro il modello standard sembra un po’ una via obbligata, visto che non te lo offrono più…

  7. Il problema è che continuano a comportarsi come se il modello fosse funzionante e pronto all’uso.

  8. Secondo me qui si sbaglia l’approccio al problema. Se il 95% delle persone segue il MS è più facile per gli altri del 5% fare come cazzo gli pare. Se tutti facessero come gli pare, la società crollerebbe facilmente e il famoso 5% non potrebbe vivere free come vorrebbe. Quindi il trucco è farlo fare agli altri e non dire niente a nessuno, continuando a restare nel 5% degli svegli.
    Non bisogna lottare contro il MS.
    Bisogna fare “sì, sì” con la testa e continuare a farlo seguire a loro…

  9. Mauro, sei diabolico.
    In effetti sì, l’invisibilità garantita dall’essere fuori dal sistema ci ha consentito una certa mobilità e flessibilità (quella vera).
    Solo che ora sembra che il modello, sfaldandosi, stia alterando nettamente la catena alimentare – dobbiamo inventarci delle nuove nicchie.

  10. Il modello standard mi ricorda molto “Crocifuxus Etiam” di un certo W. jr. Miller. In versione estesa. Cedi la tua vita, il tuo corpo e i tuoi sogni (lì era idealmente per l’umanità, ma alla fine lo facevi per i soldi) e quel poco che ti resta lo vivi da invalido e precocemente invecchiato, senza sapere come spendere i soldi.
    Solo che non ricordo se il racconto in questione era sbilanciato da una parte o dall’altra, lo lessi molti anni fa, anche se qualche mese fa mi è capitato di parlarne.

    Per inciso, da neolaureato sono fuggito a un lavoro “standard”. Non so ancora se ho fatto bene. Nel frattempo, non ho ancora abbandonato il mio sogno nel cassetto: trovare l’Higgs, o il suo equivalente nel mondo “reale”.

  11. Completamente d’accordo. Soprattutto tenendo in mente che il Caro Modello Standard è ormai morto: ti vengono offerti tutti i doveri, ma senza i benefici (abbastanza soldi per vivere, e non per sopravvivere e basta) e senza il “premio” finale. La pensione io non la vedrò mai. La prospettiva di sgobbare per decenni e riuscire a malapena a pagare i conti ogni mese dovrebbe rendermi felice? Se questo è il meglio che possono offrirmi, devo anche fare finta di essere contento?

  12. Io non sono mai riuscito a vedermi dentro questo modello.
    Fin da bambino sapevo che non mi sarebbe piaciuto, ma c’è stato un periodo, sempre da piccolo, che pensavo di essere io a non essere normale.
    Fortunatamente sono cresciuto ^_^
    Ho solo un paio di amici del Liceo che hanno scelto di fare davvero quello che gli piace, oltre me.
    Il resto hanno scelto studi “sicuri” come Modello vuole.

  13. Ho avuto fortuna, credo, nella forma di una famiglia cui del modello standard non è mai importato granché. Ero ancora al Liceo quando mio padre cominciò a dirmi che per la mia generazione di pensioni non ce ne sarebbero state. “Per cui, scegliti qualcosa che ti piaccia davvero, e conta su quel che fai, non su quello che verrà dopo aver fatto.”
    E io ho zigzagato parecchio, dalla NATO all’azienda di famiglia, per finire a divulgare, editare, tradurre & scrivere.
    E ho una madre che, quando nei momenti di sconforto le annuncio l’intenzione di andare a fare la commessa da un fiorista, risponde “non dire idiozie. Hai solo bisogno di inziare un romanzo nuovo e dormire di più.”
    Quindi sì, sono stata e sono molto fortunata.
    Il che non impedisce che il futuro mi sembri molto malcerto.
    Il che non significa che veda chissà quali folli prospettive – qui e adesso.
    Il che non comporta che non mi si consideri irreparabilmente eccentrica.
    Quando va bene, ci si limita a “Eh, ma lei scrive…” Cosa che, in qualche arcana maniera, sembra spiegare molte cose. 🙂
    Quando va male arriva l’anziana zia che, guardando con approvazione la mia amica madre di famiglia e impiegata all’anagrafe (con laurea in lettere classiche e master in didattica museale nel cassetto), mi chiede: ma guarda lei che brava – a te non piacerebbe?
    Eh…

  14. Il modello che è stato “inculcato” a me non vedeva però lo studio come perdita di tempo o modo per farsi mantenere, ma anzi la laurea era quasi un traguardo obbligato al quale puntare comunque e poi eventualmente fare anche un lavoro diverso da quello che si era studiato. Io che andavo al liceo dai preti, preti che per inciso durante l’ora di educazione sessuale mi avvisavano che presto sarebbe arrivata l’estate e frequentando ragazze in vacanza avrei fatto sesso per la prima volta (cosa avvenuta ahimé molto tempo dopo) alla faccia dello stereotipo dei cattolici – chiarisco che io non lo sono più da tempo – bigotti che vivono sulla luna.

    Credo che non esista un vero modello standard ma tanti modelli più o meno di maggioranza a seconda delle zone geografiche, dei genitori e dell’estrazione culturale, e costruiti e tenuti in piedi da molti preconcetti. Anche tu sei intellettuale, sei colto, sei tollerante, ami trasmettere agli altri le tue sensazioni… scava un po’ e troverai che esistono tante persone simili a te che che la critica dello status quo è tutto sommato una componente imprescindibile del modello nel quale ti sei inserito tu.

    E io penso che tutto sommato sia normale: la natura cerca un metodo per sopravvivere, e ricopiare azioni seguite con successo da altri è un sistema per non crepare dopo 10 minuti. Ancora, se tutti seguono un dato comportamento diventa importante che qualcun altro se ne distanzi, così da preservare la sopravvivenza della specie nel caso che il modello di maggioranza si riveli improvvisamente inadatto alla sopravvivenza.

    Non lo so, ma di che sono finito a parlare? Troppe pippe mentali, io ormai sono un rozzo praticone e se inizio ad arrovellarmi per discorsi strani forse perdo un po’ la brocca. Scusa se sono sembrato offensivo (nel caso così sembri, certamente non volevo esserlo) e complimenti per l’articolo interessantissimo.

    Simone – odio gravatar e wordpress – http://www.simonenavarra.net

  15. Io sono troppo giovane per questo ho la certezza quasi assoluta che non vedrò mai la pensione. Non importa. O, meglio, importa, ma bisogna pur farsene una ragione. Per questo sto lottando per poter fare almeno uno dei lavori che mi renderebbero lavorare una gioia talmente grande da non farmi desiderare la pensione. Nessuno però regala niente al giorno d’oggi e combattere per i propri sogni può rivelarsi un grande fallimento e questo può portare anche a rimpiangere il non essersi adeguati alla massa e ai suoi modelli. Insomma, grandi sacrifici e poche possibilità, grandi rischi di pentimento e tante paure… ecco quanto costa sognare! Eppure io non posso rassegnarmi a smettere… sarò un caso grave?

    Questo post mi è piaciuto davvero molto!

  16. Al “caro” MS ormai gli possiamo fare ciao, del resto non era altro che l’ennesimo derivato del modello sociale della prima rivoluzione industriale e si può dire che abbia fatto il suo tempo da un pezzo. Il problema credo risieda nella necessità del branco di sentirsi al sicuro, di poter essere ricondotto all’ovile e sentirsi in qualche modo accudito dal percepirsi come massa.
    Questo presente e il prossimo futuro sono/saranno difficili per tutti e letali per chi non riesce a capire che i modelli di ieri sono morti come le ideologie del ‘900.

  17. Ora mi contraddico – anche i miei genitori hanno sempre appoggiato le mie decisioni e favorito le mie scelte, salvo sperare in cuor loro che io facessi le scelte giuste, che invece temo di aver sempre disatteso.
    Come quando – avevo quattordici anni, credo – mia madre mi disse “quest’estate durante le vacanze non sarebbe il caso che andassi ad imparare un mestiere?”
    Ed io andai ad imparare a fare il prestigiatore (non lo metto in curriculum perché non l’ho mai fatto per mestiere).
    Lei avrebbe preferito se fossi andato a fare il garzone dell’idraulico, o qualcosa di ugualmente “dignitoso”.

    Eppure non è stata una brutta corsa, fin qui, e credo che il resto della corsa sarà comunque divertente.
    Forse non piacevole, ma interessante.

  18. La citazione di Cat Stevens è perfetta, tra l’altro. Una canzone che mi sembra, almeno da quello che ho evinto dal testo, rispecchi molto del pensiero del tuo post e di ciò che abbiamo parlato ieri. Sbaglio? Il tuo post è ottimo e lo condivido subito, sperando che altri ragazzi ne facciano tesoro.

  19. Sì, Cat Stevens la pensa più o meno come me.
    O viceversa 😀

  20. Nuovamente, Davide, riesci ad analizzare con puntigliosità e leggera profondità il malessere che sta attraversando diagonalmente le generazioni del nostro scellerato paese. Non mi spenderò in quotazioni varie e plausi alle tue posizioni. E’ sottinteso! Aggiungerei alcune cose a riguardo, dal punto di vista di un presunto privilegiato: ho un contratto a tempo indeterminato presso un’azienda della Grande Distribuzione Organizzata (leggasi supermercati) appartengo forse alla categoria degli ultimi che sono riusciti a blindarsi dentro quel-mondo-nel-mondo-del-lavoro che viene ancora tutelato dall’articolo 18 e, almeno per il breve termine, non ci sono ombre di precarietà. Guadagno quel che basta a malapena per pagare mutuo e spese varie e riusciamo a far quadrare il bilancio perchè sono sposato e mia moglie lavora. Una situazione standard. Parzialmente. Il modello in realtà, come abbiamo visto, è scardinato da tempo ma i governi stanno semplicemente facendo finta che tutto continuerà com’è previsto. Il MS è il nuovo oppio dei popoli, secondo me ma non è questa la tragedia, la tragedia consiste nel fatto che non esistono alternative decenti. Il futuro che si sta prefigurando non prevede un Welfare degno di questo nome e chi ci sta dentro è il pollo da spennare. Un precario, oggi non può accedere a prestiti o mutui, la famiglia è una sfida da costruire e chi ha fatto ancora in tempo, non sa come andare avanti. Eppure… Eppure io sospetto ancora uno spiraglio, nonostante il mio pessimismo. E lo spiraglio è la reazione a volte sana a volte sconsiderata davanti agli stati di crisi. Crisis in greco se non ricordo male vuol dire anche “opportunità” le vecchie generazioni non colgono minimamente tutto ciò, le nuove, sì. A questo punto acceleriamo lo sfacelo, l’annichilimento del sistema. Che l’evolversi degli eventi cancelli le specie sociali che non si adattano e magari un po’ più poveri, un po’ più disastrati ma sani e creativi, ripartiamo. P.s. comunque, a 44 anni e un lavoro fisso, da grande voglio fare lo scrittore e questo sogno me lo tengo ben stretto e vivo.

  21. Mah, come Clarina anche io ho avuto la fortuna di avere una famiglia che ha sempre appoggiato le mie scelte anche se a volte quando parto per la tangente con i miei millemila progetti che nulla hanno a che fare con qualcosa di “tradizionale” un pò strana mi considerano. Forse dipende anche dal fatto che abito in una grande città, dove ministeri e terziario sono la risorsa maggiore e quindi non viene così glorificato il lavoro di fabbrica. Quello che non mi spiego e non riuscirò mai a spiegarmi è perchè negli anni 60/70 le generazioni prima della nostra (i miei genitori per esempio, no vabbè mio padre no che è della generazione ancora prima…ma è complicato…) volevano distruggere e l’hanno in parte fatto il modello patriarcale-casa-chiesa-famiglia-convenzioni borghesi-conformismo per poi ritrovarci tutti ingabbiati in un sistema che ricalca in maniera deforme quello stesso sistema. Ragazzi che inneggiavano al libero amore, libera canna, lavorare meno lavorare tutti e tutti i mezzi di produzione ai lavoratori sono poi finiti a comportarsi peggio dei loro padri a livello di perbenismo ipocrita e ladro. E sono dei ladri schifosi, hanno rubato tutto: la responsabilità, il lavoro, la speranza, il futuro e la dignità.

  22. Non ho letto tutto, ma posso dire che anch’io odio il modello standard. E faccio parte di un’altra generazione, quella tra i 50 e i 60 anni, ma dentro di me c’è ancora l’anima di una ragazzina.
    Ho rinunciato al modello standard 10 anni fa, non ce la facevo più a lavorare e seguire la famiglia, mi sono licenziata. Poi ho inseguito il mio sogno, aprire una merceria. Ho capito però che stare dentro un negozio è un po’ come avere le sbarre alle finestre: non puoi uscire quando vuoi.
    Adesso mi sento libera quando sto in rete, e disegno al computer oppure a mano. Non ho ancora trovato la mia strada, alla mia età!
    Però sono viva, e molti miei coetanei sono defunti, degli zombie. Io sono ancora curiosa, ho imparato linux, varie distro, ho imparato vari programmi di grafica, cucio, ricamo e faccio tante altre cose, forse sono un po’ dispersiva. Amo anche scrivere, riuscirò mai a scrivere un romanzo?
    Purtroppo la nostra generazione ha fallito, pensavamo di cambiare il mondo e l’abbiamo complicato. Guardo mia figlia di 26 anni e vedo che si è anche lei incasellata, accettando il modello standard, anche se ama un extracomunitario, ma fa lo stesso è sempre la stessa vita.
    Riusciremo a liberarci, nelle generazioni? Speriamo!

  23. Quoto ogni-fottuta-parola.
    Peccato che dalle mie parti il Modello Standard sia radicato non solo nella generazione precedente, ma anche in quella attuale. Sono francamente stufo di sentirmi guardato male da miei coetanei perchè non lavoro tredici ore al giorno con le mani nella calce. Vadano tutti a fare in cXXX.
    Il punto è che io fatico ad arrivare alla fine del mese, mentre intorno a me sembra che tutti possano permettersi macchine belle e vacanze tutti gli anni. Allora chi ha ragione? E’ possibile che io sia solo pigro e debba mettermi in testa che per poter mettere su famiglia debba trovarmi un lavoro che mi fa schifo? Mah.
    Quanto alla pensione, alle favole ormai non credono più neanche i bambini.
    Il Moro

  24. Il problema è che è una lotta sul modello Davide Vs. Golia.

    E di soluzioni concrete, di strategie funzionanti, si fatica a vederne.

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