Ho recuperato dal mio scaffale la mia copia di The Emperor of Dreams, la monumentale collezione di racconti di Clark Ashton Smith pubblicata da Gollancz.
Di Smith ho talvolta l’impressione di aver letto tutto – in una dozzina di edizioni differenti.
Dallo Zothique della Nord a quello della Necronomicon Press, dalle decine di volumetti pubblicati da Fanucci e Newton alle antologie della Chaosium.
Il volume Gollancz ha il vantaggio di avere tutto in un solo posto, in 580 pagine, tutto l’essenziale di Klarkash-Ton.
Una specie di breviario.
Smith ebbe una strana carriera – poeta apprezzatissimo, decise di dedicarsi alla narrativa fantastica su suggerimento di Lovecraft, come modo per sbarcare il lunario, e dopo la morte di Lovecraft cessò quasi completamente le pubblicazioni.
Al momento ho una manciata di storie in vario stato di avanzamento, e ho improvvisamente sentito la necessità di rileggerni un po’ di Smith in originale, per cercare di scoprire i suoi segreti, di vedere come riusciva a fare tanto bene ciò che faceva.
Per fare un po’ di messa a paunto delle mie storie.
Ci sono per lo meno tre elementi fondamentali, nella narrativa di Smith, che ne rendono indispensabile la lettura.
In primo luogo, certamente, la prosa. Smith non ha solo un’ottima mano, e la sensibilità di un poeta nell’affrontare la costruzione delle frasi. A differenza dei suoi contemporanei Lovecraft e Howard, Smith può contare su una cultura letteraria più articolata e meno idiosincratica. Smith conosce e apprezza i decadentisti francesi e ha una frequentazione piuttosto vasta di autori “colti”. La sua scrittura è densa, elegante, e al contempo può avere una leggerezza assolutamente unica. Se esistono esempi di ottimi racconti nei quali Smith imita Lovecraft, o Dunsany, è certamente nelle storie completamente sue che si rasenta l’eccellenza assoluta. Forse solo Fritz Leiber, dall’alto della sua cultura shakespeariana, riuscirà a superare il controllo e la disciplina di Smith.
Il secondo fattore che rende C.A. Smith indispensabile è l’esotismo delle sue ambientazioni, e la varietà delle sue fonti d’ispirazione. Dai classici latini alle novelle arabe delle Mille e Una Notte, al romanzo cavalleresco europeo alle leggende indiane, Smith saccheggia senza ritegno la letteratura per creare un proprio universo narrativo. Il risultato è meravigliosamente rinfrescante – ed è strano rendersi conto di quanto ampia fosse la varietà negli anni ’30, e quanto il genere si sia incuneato sull’imitazione di solo un paio di modelli negli ultimi anni1. Smith disinnesca e si fa beffe di qualunque affermazione sulle radici norrene del fantasy, e dimostra (se ci fosse bisogno di dimostrarlo) che per scrivere il genere è indispensabile leggere al di fuori del genere.
E per finire c’è l’umorismo.
Molti si sono concentrati sulla crudeltà che traspare da molte delle storie di Smith, che di fatto non era esattamente timido quando si trattava di mettere in scena l’orrore. È difficile trovare un autore, nel catalogo dei vecchi pup, che avesse meno remore nello sbattere sulla pagine immagini e situazioni tanto spiacevoli 2.E tuttavia c’è sempre, intessuto nella trama, un umorismo sottile e feroce, un senso di intellettuale distacco. Se Smith condivide il nichilismo di fondo di Howard e la visione pessimista di Lovecraft, da parte sua è troppo elegante e raffinato per offrire al Nulla qualcosa di meno di un sorriso ironico.
Non c’è nulla di truce o di greve, in Smith, proprio grazie alla sua eleganza – che resta certamente l’elemento più difficile da emulare, più sfuggente, e più caratteristico.
Ed ora sarebbe facile sostenere che non ne fanno più, di autori come C.A. Smith, e perdersi nella nostalgia dei bei vecchi tempi.
ma non è esattamente così, grazie al cielo.
E se è vero – come sostene tra gli altri Gene Wolfe – che nessuno potrà mai eguagliare Smith e batterlo al suo gioco, d’altra parte è anche vero che le opere di Smith sono lì per essere studiate ed usate come fonte di ispirazione.
Ci sono autori che stanno portando avanti la poetica di Smith – penso ad esempio a Darrell Schweitzer – e se il pubblico sembra in generale refrattario a qualunque cosa che non sia facile facile e possibilmente già sentito, talvolta qualcuno riesce ancora a sorprendersi.
C’è ancorta speranza, per quanto vaga.
Il Nulla non ha ancora vinto.
- sì, sto pensando a un sacco di ciò che si spaccia come “fantastico” sui nostri scaffali in questi giorni. ↩
- così come nessuno, su Weird tales, riusciva ad arrivare al livello di classe e sensualità nel descrivere avvenenti lamie e seducenti vampire – Smith sapeva gestire l’orrore e la bellezza con uguale eleganza. ↩
21 aprile 2015 alle 5:55 AM
Splendido recupero. Concordo in toto e mi cruccio di avere un inglese ancora troppo povero per riuscire ad apprezzarlo in lingua originale
21 aprile 2015 alle 9:00 AM
Fortunatamente è stato ampiamente tradotto, spesso molto bene. In originale non è uno degli autori più facili da leggere, ma vale decisamente la pena.
22 aprile 2015 alle 1:58 PM
Smith è uno di cui ho sempre letto troppo poco, nel migliore dei casi ho trovato dei vecchi volumi Fanucci in 3×2 ( comprati asap, ovvio)… in libreria (fisica) non trovo mai nulla. Ma visto che dopo lunghi sforzi, sono riuscito a leggere qualcosa di Chambers, sono ottimista sul riuscire a trovare anche qualcosa di Klarkash-ton. 🙂
Grazie di avermi ricordato che esiste 😀
22 aprile 2015 alle 2:16 PM
Se sei sopravvissuto a Chambers, Smith non dovrebbe darti problemi.
Buona lettura.
22 aprile 2015 alle 3:39 PM
Dal poco che ho letto di Smith, lo ricordo scorrevole. Chambers è più altalenante, ma il vero problema è stato trovarlo, il Re in Giallo. Credo che avere in giro una serie come True Detective abbia facilitato la sua riapparizione in libreria…
22 aprile 2015 alle 4:35 PM
Decisamente.
Per quanto mi pare che l’edizione Wordsworth fosse comunque disponibile anche prima della serie.