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La strada verso le stelle

13 commenti

Qualche giorno fa mi è stato segnalato un articolo scritto da Alastair Reynolds, e pubblicato sul sito della reuters.
Lo trovate qui.
Leggetelo.

Fatto?
Bene.

Il pezzo di Reynolds è una equilibrata – anche se un po’ freddina – analisi delle implicazioni della Teoria della Relatività per il viaggio spaziale.
L’iperspazio non esiste – questo sembra confermato da ogni nuovo esperimento.

Dreams of warp drives and hyperspace are just that — dreams.

Arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima richiede un sacco di tempo.
E chi ha la voglia, i soldi e la motivazione per spenderlo, tutto quel tempo?

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L’articolo di Alastair Reynolds si intitola Will Humanity Ever Reach the Stars?

E io sarei quasi tentato di rispondere, Define Humanity.

Perché forse stiamo guardando la cosa dal lato sbagliato.
Forse non è tanto questione di viaggiare più veloci, ma di durare più a lungo.
E posso immaginare, così sui due piedi, una mezza dozzina di modi più o meno realistici in cui potremmo arrivare alle stelle semplicemente durando più a lungo.
Si tratta di fantascienza, certo.
Ma fantascienza è ciò che scrivo per pagarmi le bollette, quindi, bah…

Ed è importante notare che la strada verso le stelle – e verso lo sviluppo di una civiltà spaziale, o interstellare – non è una cosa che proceda a grandi balzi.
Le stelle sono maledettamente lontane.
Ma L5 è vicino.
La Luna è vicina.
Marte, è vicino.
Europa e Titano sono vicini.
Possiamo arrivarci in tempi brevi, pur se intrappolati nel pozzo eisteiniano delle velocità relativistiche.

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Ma la questione chiave non è la durata, non è la velocità.
La questione chiave, e su questo Reynolds è fin troppo delicato, resta quella della motivazione.
Creare una civiltà spaziale – la Spacefaring Civilization di cui parla Zubrin, ad esempio – richiede un investimento di denaro tutt’altro che indifferente.
E l’investimento di denaro è possibile solo dove esista una volontà politica.
E la volontà politica è, o dovrebbe essere, una espressione della cultura dominante.

E alla cultura dominante, in questo momento, dello spazio non importa nulla.
Il numero di addetti alla ricerca nei settori che incidono sull’esplorazione spaziale è inferiore al numero di addetti alla ricerca, per dire, nel settore cosmetici.

E sì, lo sappiamo, è il mercato baby!
Ma il fatto che sia bene per il mercato non necessariamente significa che sia bene per noi.
Pensiero agghiacciante, vero?
Però potrebbe essere.
Pensateci – magari il fatto che qualcuno faccia un sacco di soldi non è significativo ai fini della nostra civiltà.
Il fatto che qualcuno stia diventando incommensurabilmente ricco non rende migliore la mia esistenza – a meno che io non sia quel qualcuno, il che, statisticamente, è abbastanza improbabile.

astronaut-with-for-sale-signLa faccenda del diventare incommensurabilmente ricchi non è citata a caso, badate.
Se si trovasse il modo di diventare incommensurabilmente ricchi con l’esplorazione spaziale, voi sareste tutti ansiosi di diventare astronauti.

Il che è poi ciò che mi porta a riporre qualche speranza nello sviluppo economico dello spazio da parte di privati.
Vedere gente che fa soldi a palate con lo spazio potrebbe portare a un rinnovato interesse da parte del pubblico.

E quindi, la risposta alla domanda (retorica, ovviamente) di Alastair Reynolds è, per quel che mi riguarda, sì, a patto che si riesca a dare una scossa alla nostra civiltà.

Noi siamo una specie di esploratori e di solutori di problemi.
Potete negarlo fin che vi pare, ma i fatti lo dimostrano.
Il successo delle parole incrociate, del cubo di Rubik, del sudoku e della Playstation dimostrano ineluttabilmente che il vostro cervello vuole problemi da risolvere.
sapete perchè anadavate così male a scuola, quando vi davano dei problemi di matematica?
Perchè non vi avevano dato la possibilità di esplorarne le soluzioni.
Vi avevano insegnato un metodo, e si aspettavano che voi lo applicaste supinamente, senza pensare.
Chiedetelo ai matematici, se non è così.
Noi siamo esploratori e risolutori di problemi.
Quando ci impediscono di esplorare o affrontare problemi, di solito i diventiamo pazzi, o sprofondiamo nell’ennui.

L’esplorazione e la colonizzazione dello spazio sono esattamente ciò di cui il nostro cervello ha bisogno.
E un guizzo c’è.
Minimo, vago, scoordinato.
Ma c’è.

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Abbiamo trovato dei pianeti extrasolari.
Alcuni sono molto simili alla terra – e se questo potrebbe essere un fattore demotivante, come osserva Reynolds (perché buttare del tempo per andare a vedere un posto uguale a quello da cui sono partito?), a me vengono in mente due ottimi motivi che potrebbero portarci a volerli visitare.
Il primo, è che potremmo vedere non un posto uguale a quello da cui veniamo, ma una variante alternativa ad esso. Potremmo vedere l’elemento aleatorio dell’evoluzione all’opera. Potremmo visitare un mondo non come è il nostro ma come forse era il nostro o, ancora più interessante, come l nostro mondo avrebbe potuto essere.
Ma questo è il genere di cosa che probabilmente eccita solo gli scienziati.
Il secondo motivo è che stiamo parlando di migliaia di ettari di terreni edificabili incontaminati.
Il genere di cosa che eccita gli immobiliaristi e i palazzinari.
Aspettate che se ne accorgano, e comiceranno a costruire le navi generazionali.
È il mercato, baby! ci diranno.
E tutti ammetteranno che sì, se è il mercato che lo vuole, dev’essere davvero una figata…

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

13 thoughts on “La strada verso le stelle

  1. Mercato come mezzo e non come fine in un certo senso. Interessante

  2. Che poi quelli a cui non interressa il cosmo sono gli stessi che stanno succhiando le risorse vitali della Terra come un chupa chups

  3. oddìo, il pensiero di riuscire a arrivarci e consegnare nuovi mondi a immobiliaristi e palazzinari è terrificante e fa venire voglia di estinzione di massa

  4. Secondo me si tratta solo di attendere che arrivi il problema e allora ci muoveremo. Così come adesso sembra che finalmente ci si muova per risolvere il problema di “come continuare a crescere come conigli senza ritrovarci tra un secolo a scannarci fra noi per l’ultima latta di ananas in scatola?” un giorno lontano il problema dei continenti che avranno cambiato forma, della necessitò di riedificare praticamente tutto e, più avanti ancora, la prospettiva che il Sole un giorno decida di schiattare e diventare una ustionante bolla di gas (ma non prima di aver reso la vita sul pianeta impossibile per tutti se non, forse, per gli scarafaggi*) porteranno i nostri discendenti a riscoprirsi appassionati di colonizzazione spaziale e ci trasferiremo tutti nello spazio nel giro di un secolo o due 😀

    *che è uno dei motivi per cui odio gli insetti, tutti. Da qualsiasi punto li si guardi si deve ammettere che sono loro l’apice dell’evoluzione della vita sulla Terra. Odiosi.

    • Se dobbiamo giudicare dall’esperienza, la presenza di un problema impellente non è più uno stimolo sufficiente.
      Un esempio pratico – la crisi energetica.
      Le risorse petrolifere hanno iniziato a contrasi ( = esaurirsi) a fine anni ’70.
      La situazione si è fatta inequivocabile negli anni ’90.
      Come abbiamo reagito?
      Abbiamo creato i SUV, che consumano il triplo – ma psicologicamente ci segnalano che noi non siamo preoccupati.
      I problemi non bastano, come stimolo, perché siamo diventati troppo bravi ad ignorarli.

  5. Sentivo la mancanza di un bel post a tema spaziale su questo blog. Nulla da aggiungere: tutto vero. In questa fase, lo spazio interessa a pochissimi. Possiamo solo sperare nello scorrere della storia, che porta sempre al mutare delle priorità umane. Parafrasando, the stars our destination.
    PS il motivo due-bis che potrebbe eccitare gli affaristi terrestri: RISORSE ENERGETICHE E MINERARIE. A volontà.

  6. Certo l’idea dell’esplorazione spaziale per soddisfare l’esigenza di vedere un bel panorama esotico potrebbe non bastare a gustificare spese improbabili per la ricerca. Ma magari, qualche scoperta in altri ambiti, potrebbe rendere meno costosa la costruzione di dispositivi adatti ad andare chissà dove.
    E magari salterà fuori che il viaggio warp è in realtà possibile ma che ti costringe a viaggiare in mezzo all’Inferno o al paese delle fate, vai a saperlo (trovo queste possibilità meno assurde e fantasy dell’esistenza di certi nostri governanti e dell’impossibilità di disfarcene 😛 )

    • Sulla base di questo principio, anche creare un telescopio per vedere da vicino le stelle, o un microscopio per osservare da vicino l’incredibilmente piccolo, in fondo chissenefrega.
      “in fondo chissenefrega” potrebbe essere il nostro epitaffio, in effetti.

      • A me, i panorami spettacolari piacciono un sacco: avessi i miliardi, preferirei farmi una villa con mega-telescopio (e libreria esagerata) che una coi pavimenti in oro in stile rapper ^__^
        Preparazione fisica (e denaro) a parte, anche un viaggetto nello spazio sarebbe interessante. Mi posso “accontentare” della luna 😀

        Sul costo di un viaggetto ad Alpha Centauri – tecnologia permettendo – anche se non è scontato, magari un progresso del genere potrebbe portarsi dietro la soluzione dei problemi di energia o di altre rogne che ci affliggono… per allora, è più probabile che sarò cenere da un bel pezzo, resta solo da vedere se la specie umana si sarà estinta – o se sarà diventata qualcosa di differente (a Van Vogt piaceva di più quest’ultima, da che ricordo).

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