strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Cose morte

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Ai tempi dell’università avevo un’amica che credeva che This is Spinal Tap, il rockumentary diretto da Rob Reiner, fosse un vero documentario su una vera band.
Un giorno o l’altro dovremo parlarne.

E io in questi giorni mi sono ritrovato a pensare spesso agli Spinal Tap, e in particolare al loro secondo batterista, Eric “Stumpy Joe” Childs, che suonò con la band fra il 1966 ed il 1967, e poì morì soffocato nel vomito di qualcuno.
Non sappiamo con precisione di chi.
Probabilmente non il suo.
Il problema naturalmente è che non si possono prendere le impronte digitali, sul vomito.

Io mi sento un po’ come Stumpy Joe Childs ogni volta che esce una nuova stagione di Stranger Things.
(ma non è diverso quando compare un nuovo prodotto di un altro franchise, che sia Star Wars, Star Trek o qualche serie a fumetti)
Mi sento come se qualcuno avesse consumato in maniera bulimica il mio passato, ed ora me lo stesse rigurgitando addosso, con l’intento di affogarmi.

Scopro, in questi giorni, che nella poltiglia acida e maleodorante nella quale rischiamo di sprofondare a questo giro ci sono, tra gli altri, Kate Bush (“una cantante dimenticata, tornata in classifica grazie a Stranger Things”) e il mio vecchio amico Vecna.

Beh, OK, forse “amico” non è la parola giusta, per Vecna.

“Ma non lo avevamo già ammazzato una volta, ‘sto tizio?”
“Sì… a Ravenloft, mi pare.”
“Persistente figlio d’una monaca.”

E qui potrei perdermi nei meandri della memoria, andare a tirar fuori la cassa coi supplementi di Planescape, e ricordare su quale semipiano dimenticato abbandonammo i resti bruciati di Vecna (“Tanto prima o poi ce lo ritroveremo fra i piedi”), ma non intendo farlo – sono gli effetti psichedelici dell’ondata di rigurgito. Se vogliamo evitare di affogarci come il povero Stumpy Joe, dobbiamo restare lucidi.

Certo, io non sono il target di questa marea di rigurgito multicolore.
Io quegli anni li ho vissuti, ho giocato quei giochi, e decine di altri, ascoltato quelle canzoni, e migliaia di altre.
That was then, this is now.

Ma ciò non significa che gli spruzzi di rigurgito non possano raggiungermi, e inzaccherarmi le scarpe, se non tapparmi l’esofago e la trachea.
E sono stanco che il mio passato mi venga riproposto, opportunamente editato, semplificato, edulcorato e drammatizzato, al fine di vendermi magliette, pupazzi della Funko e altri gadget inutili. Sono stanco di sentirmi spiegare da sconosciuti con metà dei miei anni chi fosse Kate Bush, quali fossero i poteri e le caratteristiche esatte di Vecna, come si gioca “nel modo giusto” a D&D, quanto strani e meravigliosi fossero gli anni ’80.

Non è una novità, questa pratica di riciclare il passato per farne qualcosa di nuovo – è in effetti ciò che un sacco di artisti hanno fatto nel passato, ciò che l’Homo sapiens fa da tempo immemore, probabilmente da prima di essere sapiens.
Ma ci mettevano qualcosa di loro, qualcosa di diverso.
Vecna, in effetti, è un ottimo esempio di ciò che sta accadendo: una nota a margine in un manuale degli anni ’70 che iterazione dopo iterazione evolve, ritorna, cambia, si ripresenta, viene abbattuto e risorge in qualche forma diversa, ma restando sempre uguale a se stesso.
Vecna, naturalmente, è una incarnazione del male.
Uno che trafficava in cose morte.
Non è orribile, che l’attuale stile di produzione dell’intrattenimento ne ricalchi i modi e le dinamiche?

Perché questo riciclaggio dell’immaginario del passato – ma solo l’immaginario vendibile, mi raccomando, solo l’immaginario che è “dimenticato” solo sulla carta, solo l’immaginario di cui possiamo proporre una ristampa, un poster, un pupazzo – è un’operazione talmente cinica e spudorata, che l’anima di questi oggetti che vengono isolati e riproposti viene strappata e distrutta, annientata e consumata.
Non si genera nulla di nuovo, non si impone alcuna nuova direzione a qualcosa di già vistoe già fatto.
Si riduce tuitto a un nome, a una lista di nomi che si possa sgranare come un rosario per dimostrare di essere quelli giusti (sì, sto guardando te, Ready Player One, inutile e sopravvalutato spreco di carta e inchiostro).
Il futuro è un eterno presente popolato di consumatori che rimpiangono un passato che non è mai esistito, e acquistano prodotti per validare la propria identità.

Una fine che neppure quel vecchio bastardo di Vecna ha mai meritato.

Un mainstream che si crede nicchia, perché le nicchie sono infinitamente più cool del mainstream.

E questo è più o meno il punto in cui un arrogante imbecille mi dice “OK, boomer!” e poi mi spiega che lui ha tutti i 45 giri dei New Originals, che era il vecchio nome degli Spinal Tap.
Li ha comprati dal sito ufficiale della band, dove ha anche comprato le action figures.

E di chi è la colpa di tutto questo?
Non lo sappiamo.
Non si possono prendere le impronte digitali sul vomito.
Ma possiamo farci un paio di idee usando altri metodi di analisi.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

11 thoughts on “Cose morte

  1. Dodicenne residente in casa che rimpiange i tempi “di quando aveva il walkman”.

    Altro che Vecna, per ‘sti maledetti anni ottanta servono acqua santa e paletti di frassino.

  2. C’è chi sostiene che sia un modo per far conoscere quegli anni a chi non li ha vissuti. Ma, a mio avviso, chi è nato vent’anni dopo gli ’80 (per fare un esempio) manca completamente della sensibilità per apprezzarli per quello che erano, per non dire dei limiti che avevamo all’epoca (soprattutto tecnologici e di informazione), limiti che ci costringevano a vivere tutto come un’esperienza e non come un film guardato da fuori. Perché qui non si tratta di “studiare” gli anni ’80, ma di un “riviverli”, cosa impossibile per la generazione iperconnessa e virtuale, che, secondo me, manca delle basi necessaria per “vivere” quasi qualsiasi cosa.
    Lo so, probabilmente sono troppo snob e rigido, ma che volete farci… sono di due mesi più vecchio di Star Wars 4 🙂

    • È un meccanismo perverso.
      Per me il problema cruciale è la mancanza di scelte. Il pubblico alla fine può solo fruire di ciò che viene offerto, e se il 75% di ciò che si vede offrire è costruito su questa nostalgia ammaestrata, non è che abbia grandi scelte.

  3. Purtroppo non conosco Vecna, probabilmente è un problema di età… Viceversa ho tutti di dischi di Kate Bush, compresi video e altri impedimenta e l’ascolto tuttora. Anche questo è un problema di età. Quanto alla tendenza a rifiriggere gli avanzi direi che non è una novità di questi tempi. Si vive fingendo di ricordare, senza più birividi ma con la paura di qualcosa di nuovo.

  4. ghostbusters legacy stanno parlando di te

  5. Devo dire che quando, durante la prima stagione di ST, ho visto la pagina del Monster Manual col Mind Flayer, sono andato aprendere il manuale nella libreria, per farlo vedere a mio figlio.
    (Say it loud, I’m boomer and proud)
    Ma è stata la partita all’inizio della IV stagione…
    …perché io una partita così, con l’ultimo personaggio vivo che tira 1d20 e salva la buccia a tutti (e stava a 1 HP) l’ho VISSUTA. Para para. Ed ero master. Ed ero metallaro.
    E quando il DM dice “That’s why we play”, mi son venute le lacrime. Perché era proprio così.
    (Una sensazione del genere l’ho avuta solo guardando la Contea nel film di Jackson: “Come hai fatto a tirare queste immagini fuori dalla MIA testa?”)
    Il fatto è che il capitalismo sussume (e mette a profitto) QUALSIASI espressione della creatività umana. Prima durante il periodo in cui matura e si sviluppa, e poi con periodici remake, “riscoperte” ecc.
    E allora?
    Allora, in attesa dell’abbattimento del capitalismo (sic!), mi godo la partita a AD&D in Stranger Thngs.
    Perché io c’ero, e non c’è coglioncello XYZ-gen che possa falsificare questo fatto.

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