strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

La crisi invisibile (dormendo nella casa in fiamme)

7 commenti

Su questo blog non dovrei parlare di bottega – ma avendo cancellato gli altri, mi rimane solo questo.
E poi, parlare del futuro, per chi si fiscalizza (anche) come scrittoredi fantascienza, non è poi così off-topic.
E poi, il titolo qui sopra dice strategie evolutive.
Quindi, vediamo…

Constatato che la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone, posso tranquillamente concordare che sia davvero in atto, aspetterò che passi.

E così ho incontrato un’altra persona che davanti all’ipotesi di una vasta crisi ecologica in atto a scala planetaria, risponde con una spallucciata ed una frase furbetta.
Una persona intelligente, badate bene, ben argomentata e con buone letture alle spalle.
Certo, esprime opinioni estremamente sciocche

Io non vedo nessuna “crisi ecologica”, una “crisi ecologica” è il meteorite che ammazza tutti quanti, non se sale la temperatura di un paio di gradi (sempre sia vero).

ma così facendo non fa che allinearsi con una quantità di persone là fuori.
Tutte persone per bene, col cuore al posto giusto, persone intelligenti e spesso ben argomentate.
Che non credono alla crisi ecologica in atto.
Che non la vedono.

E questa cosa mi lascia di sale, perché io su queste cose ci sto lavorando da un decennio.
I dati sono indiscutibili.
Non si tratta di “credere” – come non si crede alla gravità, ma se ne accetta la realtà sulla base dei dati, così dovrebbe essere per la crisi in corso.
Ma loro no, loro non la vedono.

Mettiamo un po’ d’ordine.
I sistemi naturali su questo pianeta (e presumibilmente sugli altri) seguono una ciclicità che può essere schematicamente rappresentata da quattro fasi molto generali, convenzionalmente indicate come, in successione
1 – crescita e sviluppo (fase r)
2 – stabilità e conservazione (fase K)
3 – collasso (fase omega)
4 – riorganizzazione (fase alpha).
E poi si ricomincia.

Questo ciclo è indipendente dallo spazio e dal tempo – nel senso che posso applicarli al mio acquario di casa o all’oceano Atlantico.
Per quanto la complessità di ciascuna fase cresca, e le scale temporali e spaziali considerate siano diversissime, alla fine potrò sempre riportare gli eventi a queste quattro fasi.

Il discorso della scala è importante, perché sulla scala lavora la nostra percezione.
Mi sarà molto facile capire che i duecento grammi di sale iodato che ho versato nei cento litri di acqua dell’acquario abbiano ammazzato tutti i pesci rossi in due ore.
Mi sarà molto meno facile osservare come l’accumulo di inquinanti attraverso decenni abbia intaccato le catene alimentari dell’Atlantico settentrionale.
Ciò che però ci aiuta è che possiamo scomporre gli eventi maggiori (per alloro scala troppo grandi per essere percepiti a colpo d’occhio) in cicli minori in essi annidati.
L’accumulo di inquinanti per decenni nell’Atlantico intacca intere catene alimentari, ma è in fondo la risultante di tanti piccoli accumuli locali, su tempi molto più brevi, che hanno intaccato catene alimentari o ecologie locali.
Per fare un altro esempio, una variazione di temperatura di un paio di gradi può influire sulla riproiduzione di alcuni organismi, modificando localmente la catena alimentare e, sulla lunga distanza, inducendo una riorganizzazione su scala molto più vasta, come per un effetto domino.

E ancora…
Una petroliera che si schianta sulla costa Bretone, insomma, se è vero che a breve termine stravolge “solo” l’ecosistema costiero di quella regione, a lungo termine contribuisce a stravolgere gli equilibrii ecologici dell’intero Atlantico.
Ma noi vediamo solo la petroliera, e la solita foto del cormorano inzaccherato, e dopo un paio di giorni la nostra attenzione è stata attratta da altro.
Vediamo gli attivisti di Greenpeace che puliscono la scogliera con gli spazzolini da denti e quando, fra due anni, qualcuno ci dirà che la costa Bretone è comunque morta, ci torneranno in mente, e ci diremo che quei fessi si danno un sacco di arie ma non concludono nulla.

Una seconda importante caratteristica dei cicli annidati sopra descritti è che capitano.
Sono parte integrante del funzionamento del motore della Terra.
Noi non possiamo controllarli o pilotarli.
Ma, paradossalmente, possiamo variarne l’intensità e la scala.
In altre parole, qualsiasi tentativo di controllo probabilmente, ci scoppierà in faccia.
Ed a maggior ragione, qualsiasi interferenza non ponderata, ci scoppierà in faccia.
L’unica soluzione è accettare il flusso dell’energia, assecondandolo.
Molto taoista.
È per questo che, se da una parte la civiltà occidentale del ventesimo secolo è probabilmente almeno parzialmente responsabile della crisi in corso, dall’altra c’è ben poco che possiamo fare per riportare le cose allo stato iniziale. Le promesse di certi eco-politici sono vuote.
Possiamo però fare i passi necessari per adeguarci al cambiamento in atto – questo è la “crisi”, un passaggio da uno stato stabile ad uno di riorganizzazione – cercando di minimizzare i danni.

Interrompere certi atteggiamenti (riversare idrocarburi in mare o anidride carbonica nell’atmosfera, ad esempio), non riporterà quindi le cose alla normalità.
Ma potrebbe evitare che la crisi sia così acuta da non lasciarci spazio per adattarci.

E, qui viene il bello, il sistema dei cicli appena descritto si applica anche alle attività umane in rapporto ai cambiamenti climatici.

Ma era già accaduto prima, diranno alcuni.
Vero, sacrosanto – obiezione perfettamente legittima.
Il ciclo è continuo e inarrestabile, e lo è stato per milioni di anni, miliardi.
E ce la siamo cavata! Voglio dire, glaciazioni, vulcani, catastrofi ambientali…
Certo – ma eravamo duecento milioni, su questo pianeta, non settemiliardi.
Era facile trovare una scappatoia per un pugnodi disperati.
E vincereuna volta alla roulette non significa che si vincerà sempre.

Ma, e qui comincia tutto un altro tipo di problema, c’è quella fetta della popolazione che sembra convinta che

la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone

Chi sarà a pensarla così?
Probabilmente non quelle trentamila famiglie europee che hanno perduto un congiunto nell’ondata di caldo anomala dell’estate del 2003.
Probabilmente non le 139 famiglie californiane che hanno subito la stessa perdita, per lo stesso motivo, nel 2006.
Per costoro, si spera, gli effetti del riscaldamento globale non sono solo un numero.

Ma naturalmente, c’era chi, nell’estate del 2003 aveva un condizionatore, un barattolo di gelato ed una fontana in cui tuffarsi con gli amici.

E certo opinione forte sul cambiamento climatico potrebbero averla gli abitanti del Darfur, se solo la guerra lasciasse loro il tempo di pensare a qualcosa di diverso della sussistenza.
Perché se le piogge non si fossero ridotte drasticamente e la desertificazione non fosse avanzata, le tribù settentrionali di pastori non si sarebbero dovute spostare a sud in cerca di pascoli, trovandosi a contendere i territori con i loro originari occupanti.
E questa guerra ha altre ripercussioni – come la gran quantità di persone in fuga, che intasano le economie e i territori degli stati confinanti, in una sequenza di anelli sempre più ampi, fino alle panchine della stazione della nostra città…

Ma naturalmente ci sono persone per cui Darfur è una famosa marca di caramelle.
Ed anche ammesso che possa essere un paese, è un paese dannatamente lontano, dove la guerra l’hanno sempre fatta.
E gli extracomunitari comunque qui noi non ce li vogliamo.

E i cinquecento milioni di uomini e donne lungo il corso del Gange, che con la riduzione progressiva dei giacciai Himalayani, vedono le risorse di acqua potabile diminuire progressivamente, cosa ne penseranno del fatto che la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone?

Ma certo, anche quello è qualcosa di lontano, nello spazio e nel tempo.
E poi, non si sono sempre lamentati, nel delta del Gange, in Bangladesh, delle inondazioni?

L’elenco potrebbe continuare a lungo.
Di gente morta per via della crisi ecologica.
Di esperienze, e di possibilità, perdute per via del cambiamento in atto.
Si tratta di un mosaico, di un puzzle di tessere interconnesse, di minuscoli cicli locali che vanno a combinarsi in un unico ciclo avasta scala di cambiamento e riorganizzazione.
La riorganizzazione è in corso, e tocca tutti.
E tocca anche voi, sicuri nella vostra casetta col vostro condizionatore d’aria e la vostra scorta d’acqua potabile.
Le bollete di luce e gas aumentano, fare il pieno alla macchina costa caro.
Nel vostro freezer ci sono filetti di merluzzo che in realtà sono di merluzzide (diciamo un cugino di bassa qualità del merluzzo – il merlano, ad esempio) perché la pesca intensiva e l’acidificazione della acque oceaniche hanno portato il merluzzo sull’orlo dell’estinzione.
La legge non impone ancora di distinguere tra merluzzi e merluzzidi, e Capitan Findus continua perciò a gabbarvi, ma credetemi, quello che mangiate non è merluzzo-merluzzo.
L’articolo originale è ormai una rarità – e voi non potreste permettervelo.
Ma voi state tranquilli, perché la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone.

Bello sognare, eh?

E in fondo è meglio, no?
Nessun problema, nessuna responsabilità.
È questo il ragionamento vincente, giusto?
Non c’è, non esiste, non sta avvenendo e non avverrà mai, ed anche se fosse, non è a causa nostra, noi non sapevamo nulla ed eravamo in buona fede.
Sono gli scienziati, che da cinquant’anni ne parlano e non ci hanno fatto nulla.
È colpa loro, di quelli a cui non abbiamo mai dato retta ed ai quali abbiamno tagliato i fondi, se tutto sta andando all’inferno in un secchio..
Oppure è colpa dei politici, di quei politici che noi abbiamo eletto e che non hanno fatto nulla di ciò che noi comunque non gli abbiamo mai chiesto.
Oppure… oppure è comunque colpa di qualcun’altro.
Noi stavamo solo dormendo, mentre la casa andava in fiamme.

Davvero, come sostengono alcuni, se non sei parte della soluzione sei parte del problema.
È troppo tardi per frenare?
Non lo sappiamo.
Ma provarci non è certo un crimine.
Meglio che continuare a dormire, mentre la casa va a fuoco.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

7 thoughts on “La crisi invisibile (dormendo nella casa in fiamme)

  1. Soltanto un’osservazione, molto personale e un po’ patetica.
    Chi ha in vita un parente scampato ai bomabardamenti della seconda guerra mondiale provi a chiedergli notizie sui razionamenti, lo sciacallaggio, la barbarie quotidiana che si scatena quando le risorse diventato DAVVERO insufficienti per tutti.
    La barbarie non è affatto pittoresca e nella crisi delle strutture collettive vengono a mancare anche i presidi sanitari (epidemie), sociali (forze dell’ordine) ed economici (la proprietà DIVENTA ipso facto furto).
    C’è stata gente che è sopravvissuta nel 44 / 45 perché è andata a letto con un tedesco o con un americano – ma in questo caso temo mancherà anche questa possibilità.
    Altro che secoli bui… Il problema è che c’è gente che non è capace o non riesce a focalizzare la propria attenzione sui fenomeni collettivi. Vive sulla scala del proprio condominio e ha una visione del mondo basata sull’exemplum aristotelico (“Il mio vicino è stato rapinato da un rom = tutti i rom sono ladri”).
    Non sono ottimista, sinceramente.

  2. Premessa prima. Quello che a me più stava a cuore era il problema se fosse o no giusto (per me no) giudicare un libro anche dalle “intenzioni”, oltre a quello scritto nero su bianco sulle pagine.
    Premessa seconda. Non mi hai convinta, ma pazienza, questo è un problema mio.
    Ciò detto non entro nel merito delle argomentazioni, perché essendo ignorante in materia non voglio parlare a vanvera. Tuttavia qualche nota sul metodo che hai usato per esporle mi sembra doverosa.
    La pappardella sul “non tocca le nostre vite, pensa a quelli che sono morti!” è fondo del barile. 139 famiglie uccise in California, uccise dagli effetti dei cambiamenti climatici, dunque c’è una vasta crisi in atto che influisce sulle nostre vite.
    Per la stessa ragione c’è in atto una guerra di civiltà, chi non ci crede sogna, e ci vogliono leggi speciali e appena possibile bombardare a tappeto anche l’Iran. O non è lo stesso tipo di “argomentazione”, che parte da un fatto insignificante su scala globale ma emotivamente coinvolgente per correlare eventi che non hanno niente in comune?
    E in generale, se tiri in ballo i morti dovresti spiegare come mai la popolazione mondiale continua ad aumentare, se la crisi fosse tanto tragica la gente appunto morirebbe!
    Non mi piace essere manipolata in questo modo, mi sarebbe piaciuto invece avere dimostrazione scientifica ad affermazioni che suonano molto più filosofico/religiose che non appunto scientifiche, tipo:
    “Una seconda importante caratteristica dei cicli annidati sopra descritti è che capitano. Sono parte integrante del funzionamento del motore della Terra. Noi non possiamo controllarli o pilotarli.” I cicli “capitano”?! Se vuoi che ti prenda sul serio non puoi dire “capitano” devi dare previsione accurata di quando capiteranno e quali saranno gli effetti. Così come una minima differenza nell’orbita di Mercurio (stiamo parlando di un evento a decine di milioni di chilometri di distanza) corroborò le tesi di Einstein.
    E sei sicuro che non possiamo controllarli? Anche qui si possono dare dimostrazioni matematiche se un problema è irrisolvibile o no. Non è il caso di fornirle? (parlo per le eventuali persone interessate alla faccenda)

  3. Gamberetta, passi l’ignoranza, ma l’arroganza no.

    Primo.
    La pappadrella come tu la definisci, è riportata per confutare l’affermazione che
    la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone.
    L’affermazione è falsa perché ci sono persone la cui vita è stata toccata dagli effetti di un cambiamento repentino e catastrofico delle condizioni ambientali.
    Non la tua? Me ne rallegro.
    Ma l’affermazione è falsa: la vita delle persone ha subito conseguenze.
    Nessuna manipolazione.

    E nessuna posizione religiosa.
    Il fatto (cito a titolo di esempio) che trentamila persone siano morte in Europa in più rispetto alla media annua dello stesso periodo dei quaranta/cinquanta anni precedenti a causa di un’ondata di calore anomala nell’estate del 2003 non è un atto di fede.
    È un dato scientifico su una crisi ambientale in corso.
    Piangere i caduti non è ciò che mi interessa, a questo punto.
    Ciò che mi interessa è sottolineare che l’affermazione “la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone” è una sciocchezza.

    Secondo.
    Le crisi ambientali capitano, nel senso che non possiamo pilotarle o controllarle.
    Mi pare ci sia scritto così, vero?
    Mai parlato di prevederle.

    Anche perché, con buonapace di Einstein e dell’orbita di Mercurio, il numero di fattori in gioco nell’evolvere di un sistema ambientale è enormemente superiore a quello dei fattori in gioco nel calcolo di un’orbita, ed è in effetti tale che non è possibile eseguire un calcolo esatto.
    Il fatto che si debba ricorrere alla statistica, calcolando la probabilità degli eventi sulla base di un numero di fattori noti, non è in sé un fallimento o una limitazione così grave.
    Le dinamiche non sono lineari – dato uno stato di partenza del sistema, non se ne puù prevedere l’evoluzione.
    Una certa dimestichezza con testi quali “Vita Meravigliosa” di Stephen Jay Gould (Feltrinelli) o “Il Racconto dell’Antenato”, di Richard Dawkins (Mondadori) potrebbero forse darti un paio di idee sulla natura non lineare degli eventi geologici e paleontologici.
    Cito questi perché da geologo e paleontologo, sono i più vicini al mio linguaggio, e quindi quelli che ho trovato meno pesanti.
    Anche l’eccellente “Complessità”, di Waldorp (InstarLibri) è una lettura consigliatissima.

    E no, ribadisco, noi non possiamo controllare gli eventi naturali – non possiamo cioé assumerne il controllo e dirigerne l’evoluzione, se non ad una scala talmente minima da essere insignificante.
    Non si tratta di cercare dimostrazioni matematiche.
    Il fatto è che, essendo le variabili un numero tanto elevato, e le loro interazioni tanto complesse, non potremo mai averle tutte sotto controllo.
    Al massimo possiamo sperare di limitare i danni.
    Ti rimando all’eccellente “Il Controllo della Natura” di John McPhee (Edizioni Adelphi) per tre casi studio che illustrano in termini semplici e senza matematica la natura illusoria del controllo esercitato dall’uomo sulla natura. “The Axemaker’s Gift” di Burke & Ornstein è un’altro testo eccellente, su un aspetto diverso del problema del controllo, ma non è mai stato tradotto qui da noi, ed anche in inglese è spesso di difficile reperimento.

    E qui chiudo, invitandoti ad abbandonare le tue attuali posizioni scientiste.
    Non solo lo scientismo è squalificato ormai da quasi cinquant’anni.
    Molto più importante, la realtà non è un laboratorio di fisica newtoniana.

  4. @ Massimo!
    Si, la crisi delle risorse tira fuori il peggio dalle persone.
    Possiamo già assistere ad una galleria degli orrori in quelle regioni – ancora abbastanza lontane da noi, in cui i sistemi ecologici ed i sistemi sociali sono collassati.
    E siamo tutti sulla stessa barca.
    A meno che non si cambi rotta alla svelta, non credo che saremo così fortunati da avere un futuro alla Mad Max.
    Sarà peggio. Infinitamente peggio.

  5. Perché ovviamente interpretare la “vasta crisi ecologica in atto” non ha nessuna conseguenza sulla vita delle persone. come non ha nessuna conseguenza sulla vita di nessuna persona, è la giusta interpretazione, non è un’interpretazione così faziosa da essere questa sì disonesta?
    Ma seguiamo la tua di interpretazione, a questo punto mi sembra lecito affermare che qualunque fenomeno, per quanto insignificante “ha conseguenze sulla vita delle persone”, perché è molto probabile che avrà conseguenze sulla vita di almeno una persona, che per te è equivalente all’avere conseguenze sulla vita di tutte o la maggior parte delle persone.
    Ma non ho voglia di arrabbiarmi per un argomento del quale appunto non mi frega niente. Tu continua a dire che la complessità è tale da non poter essere gestita e poi essere sicuro che i morti sono dovuti all’aumento della temperatura. Ti do io un’interpretazione non lineare: i vecchietti sono schiattati d’infarto per la paura dopo aver letto articoli come il tuo.
    E con questo io ho chiuso, della crisi ecologica in atto o no non me ne frega un tubo e continuo a pensare che definire “turpe” un romanzo, un romanzo, per le idee che da esso traspaiono sia scorretto.
    Ciao.

  6. Sì, Davide, hai ragione. La crisi ecologica c’è. E fermarla non sarà facile. E’ cominciata moltissimo tempo fa, ma troppi interessi economici hanno impedito l’attuarsi da subito di invenzioni che forse avrebbero l’impatto odierno (falso merluzzo a parte, tutti ingeriamo plastica di provenienza marina a ogni finto merluzzo o tonno, o salmone) sul clima. L’auto elettrica, il riscaldamento ad acqua bollente, erano già idee presenti nella mente di molti sapienti. Nessuno le ha prese in considerazione per via dei troppi interessi in gioco. Adesso occorrerà invertire la rotta. Perché c’è la legge di Malthus: la popolazione aumenta in numero superiore alle risorse. Quindi, sì al riciclo e sì al ricorso all’energia pulita. Ma ci vogliono cambi di gestione dei trasporti e del riscaldamento (quindi potenziare il trasporto pubblico e passare ai pannelli solari). E che dire delle casette dell’acqua? Andrebbero diffuse in modo capillare (proprio per ridurre il consumo di plastica e passare al vetro o alla ceramica per evitare intasamenti da bottigliette). E’ una politica ancora agli inizi, e ora c’è stato il virus. Speriamo in bene.

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