Tanto per dimostrare che la fantascienza sta bene e vi saluta tutti…
Siamo in un futuro che non è più né remoto né prossimo – da qualche parte nel ventunesimo secolo, infatti, una manciata di invenzioni straordinarie ha portato ad un radicale paradigm shift, tramutando radicalmente la Terra ed il Sistema Solare.
L’umanità è a tutti gli effetti immortale, l’energia è illimitata, la materia è programmabile, la comunicazione istantanea include la possibilità di faxare copie di se stessi in ogni angolo del sistema.
La più importante delle scoperte al nucleo di questa trasformazione radicale è il Collapsium, una struttura cristallina che ha ai vertici del proprio reticolo dei micro-buchi neri semi-sicuri (sono troppo piccoli per ingoiarsi qualcosa di pericoloso), e che distorce radicalmente lo spaziotempo al proprio interno.
Ed è proprio quello il bello.
Il collapsium è stato inventato da Bruno de Towangi, uno scienziato catalano che è diventato colossalmente ricco, e vive da recluso su un piccolo pianeta privato che si è costruito oltre la Fascia di Kuiper.
Quando tuttavia un esperimento che coinvolge un uso massiccio di collapsium minaccia di andare molto male (del tipo, annientare la vita come noi la conosciamo), Bruno viene richiamato alla corte della Regina Vergine che domina sull’umanità, ed incaricato di metterci una pezza (del tipo, preservare la vita come noi la conosciamo).
Poi le cose si complicano.
Avevo The Collapsium, di Wil McCarthy, sulla mia lista di lettura da cinque o sei anni.
Nomination al nebula, primo di una tetralogia molto quotata, consigliato come lettura indispensabile da autori che rispetto, e quasi introvabile se non a prezzi osceni.
Poi, qualcosa è cambiato, ed ai primi di agosto, mi si è presentata l’opportunità di arpionarne una copia in hardback, prima edizione, per un euro.
È un po’ storto e un po’ ingiallito, ma non sta peggio di molti miei libri di lusso attaccati come ogni estate dalle muffe tossiche.
Ed avevo appena detto, quest’estate, solo fantascienza hard!
Impossibile rinunciare.
E si è trattato di un euro speso benissimo.
McCarthy accoppia alla fantascienza hard “alla Clarke”, informata dalla sua esperienza di ingegnere aerospaziale, una felicità inventiva che è stata variamente paragonata ai lavori di Jack Vance o alla serie de I Danzatori alla Fine del Tempo, di Moorcock.
McCarthy è così al contempo intellettualmente stimolante e ferocemente satirico.
Si macchia, è vero, del crimine terminale di infodump – ma lo fa in maniera elegante, aggiungendo quaranta pagine di appendici scientifiche scritte nello stile dell’epoca che descrive, per familiarizzare i lettori più curiosi con la natura del collapsium, della materia-sorgente delle wellstones, del Vero Vuoto…
La sindrome da Come sai, Bob…, viene astutamente evitata.
Ai dialoghi, scritti benissimo, ed alle descrizioni, minuziose e affascinanti, resta il compito di dipanare l’intrigo, e descriverci un futuro nel quale il tempo ha poca importanza, nel quale l’umanità ha votato per diventare una monarchia ed ha eletto la propria Regina Vergine (non che a lei la cosa sia piaciuta), nel quale si può essere interrogati dalla polizia riguardo al (plurimo) omicidio di noi stessi, e nel quale forze tanto oscure quanto futili si apprestano a salire in scena.
E tuttavia il tono rimane lievissimo – anche quando milioni muoiono in maniera orribile, McCarthy mantiene un tono studiatamente elegante e distaccato, che fa pensare a certe vecchie cose di P.G. Woodeouse.
Con la sua corte bizantina, le sue rivalità fra scienziati, il suo protocollo sociale e le sue meraviglie tecnologiche, il mondo di The Collapsium riesce ad essere fantascienza hi-tech senza essere arido, e si arrischia a riportare in scena le strutture colossali ed improbabili della fantascienza dell’età dell’oro, tenendole in piedi con una plausibilità scientifica all’epoca impossibile.
Ora dovrò procurarmi i tre volumi successivi.
E continuare a tener d’occhio l’autore.
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6 settembre 2011 alle 10:15 AM
Figo…
6 settembre 2011 alle 10:20 AM
Alquanto.
6 settembre 2011 alle 10:28 AM
Penso di sapere chi è il Giuseppe qua sopra.
Quindi il romanzo è leggibile anche da uno antiscientifico come me saltando le appendici? O esse sono un’espansione dell’infodump presente nel romanzo? Mi intriga che possa essere definito fantascienza hard un libro con premesse tanto incredibili (e mi chiedo perché la Regina della Terra debba essere vergine).
6 settembre 2011 alle 10:29 AM
Qui si propala il verbo (con parecchi aggettivi al seguito, immagino) dell’infodump, eh? Kattivo, kattivissimo, non si fanno queste cose! 🙂
Scherzi a parte, la sinossi che fai è la miglior risposta a chi sostiene che non si può inventare più nulla nel settore SF. Guardare avanti. L’unica vera mossa da fare se si vuole scrivere fantascienza.
6 settembre 2011 alle 11:00 AM
Sembra bello pure a me, che la fantascienza hard la digerisco poco…
6 settembre 2011 alle 11:01 AM
@Andrea
Il libro è leggibilissimo.
Le appendici le puoi ignorare, ma sono troppo divertenti.
La regina della Terra deve essere vergine in modo che i rotocalchi scandalistici possano scrivere tutto quel che gli pare – perché in fondo è per quello che l’umaità vuole una monarchia, per avere delle icone sulle quali spetegolare.
Comunque per sicurezza, grazie ai prodigi della medicina, la regina È vergine, sempre e comunque…
@Angelo
In effetti di fantascienza costruita su idee storte… anche hard sf, eh… ce n’è parecchia.
E spesso è molto divertente.
Guardare avanti è davvero l’unica ricetta per scrivere buona SF, io credo.
Quato all’infodump, come ben sai, Bob…. 😀
6 settembre 2011 alle 11:07 AM
@Mcnab
Come dicevo, manca di quella freddezza che a volte rovina il divertimento nella sf hard classica (penso a Vernor Vinge, che pure come autore mi piace… o a Greg Bear, idem).
Qui il tono e l’impostazione sono da vecchia fantascienza avventurosa – pianeti privati, artefatti colossali che rischiano di cascare nel sole, eserciti di robot…
È in gamba, McCarthy.
7 settembre 2011 alle 10:46 AM
La trama è davvero intrigante. Ma la copertina proprio brutta… : )
7 settembre 2011 alle 10:49 AM
Non si può avere tutto… 😉