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ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

A Shanghai con Nyarlathotep e Olga Greenlaw, o come diventai un “vero” autore di pulp

12 commenti

[questo post è comparso originariamente sul blog Caponata Meccanica – viene riproposto qui in forma leggermente ampliata, come pura operazione post-situazionista]

Ora, ammetto di non aver mai trovato particolarmente simpatici quegli autori che parlando del proprio lavoro lo presentano come il dono di Dio all’umanità, come qualcosa che doveva essere scritto, spinto ed alimentato da una forza della natura, frutto di una Ispirazione eccelsa accrocchiata su un talento innato.
Sono balle, si tratta se va bene di presunzione, o di scarsa consapevolezza di ciò che si fa, o peggio dell’orrido tentativo di vendere una mitologia e un personaggio anziché una storia.

Per me, che sono uno scribacchino(hack, nella lingua del Bardo), le cose di solito vanno diversamente.
Volete sapere del mio romanzo, The Ministry of Thunder, recentemente pubblicato dai gentiluomini di Acheron Books?
(lo avete saputo, vero, che ho pubblicato un romanzo – il mio primo, in effetti, romanzo? Ah, ok)
Allora, accomodatevi – è andata più o meno così…

La colpa, naturalmente, è di Cthulhu.
O, per essere più precisi, la colpa è di Nyarlathotep.masks
A metà anni ’90 ereditai una campagna di Call of Cthulhu – il mio amico Marco si trasferiva in Australia, lasciando a metà Le Maschere di Nyarlathotep.
Per chi se lo fosse perso, Masks of Nyarlathotep è un autentico colossal de Il Richiamo di Cthulhu, una sequenza di avventure complesse e spettacolari, che trascinano i personaggi in ogni angolo possibile del mondo – da New York a Londra, dall’Egitto al Kenya, da Shanghai al deserto australiano.
Io ereditai le Maschere di Nyarlathotep a partire dal Kenya.

I puristi, a dirla tutta, non amano granché Masks – è troppo “alla Indiana Jones”, come avventura, per soddisfare il loro gusto strettamente lovecraftiano. Ma se è per questo, i puristi non amano neanche Callof Cthulhu, quindi direi che si tratta di una considerazione abbastanza oziosa.

monc-bloody-tongue-edOra, come tutte le grandi campagne per CoC, Masks of Nyarlathotep usa al meglio l’ambientazione storica, e il manualone della campagna conteneva una quantità di informazioni – ampiamente integrate da un Masks of Nyarlathotep Companion, 550 pagine di materiale aggiuntivo che alcuni appassionati avevano messo insieme e distribuito via internet1.
Per un appassionato di storia – e quasi tutti i giocatori di ruolo una scheggia di passione per la storia da qualche parte ce l’hanno – Il Richiamo di Cthulhu e Le Maschere di Nyarlathotep possono essere una vera maledizione 2.
E così io, per prepararmi al mio gravoso dovere di rimpiazzare un master straordinario in una campagna colossale, cominciai a informarmi.
A cercare.
A leggere.
E scoprii Shanghai3.

114939No, ok, ci ero già stato – con infiniti film di spionaggio di serie Z, con Orson Welles e Rita Hayworth, con Tin Tin e il Drago Blu, con Josef von Sternberg e Marlene Dietrich, con Harry Flashman… ma leggere a fondo la storia reale della città fu una scoperta.
Negli anni ’20 e ’30 Shanghai era la Parigi d’Oriente, capitale globale del commercio, della bella vita, dell’intrigo, del crimine, della depravazione.
Shanghai era non solo Parigi, ma anche Baghdad delle Mille e Una Notte, era Lankhmar, era Shadizar.
Gangster con mire politiche, missionari che contrabbandavano armi, dame dell’alta società marinate nell’oppio, scimpanzé come animali da compagnia, spie giapponesi, orchestre jazz composte da esuli ebrei polacchi, il sindacato per la tutela dei diritti dei cosacchi gestito dall’ex socio del Barone Pazzo Roman von Hungern Sternberg

Da allora4 – cos’era, il 1996? – non ho mai smesso di leggere libri su Shanghai, di raccogliere informazioni, fatti, sciocchezze. Esiste, per la gioia e la dannazione del lettore, un catalogo immeso di libri straordinari. E che meravigliosa ambientazione per delle storie – o delle avventure per giochi di ruolo!

Ma sto divagando.
A Shanghai passarono, alla fine degli anni ’30, le Tigri Volanti.
Erano una banda di giovani americani, ufficialmente designati First American Voluntary Group, arrivati in Cina per combattere come mercenari contro i giapponesi.
olgaboatNella mia ricerca per strani libri sulla storia dell’estremo oriente, scoprii per caso The Lady and the Tigers, il diario di Olga Greenlaw, l’unica donna a far parte delle Tigri Volanti, con mansioni amministrative e come “madre surrogata” per quella banda di allegri cialtroni.
Leggendo il diario della Greenlaw scoprii con non poca sorpresa che il governo cinese aveva assoldato il Primo AVG dopo aver rescisso malamente un contratto… col governo italiano!
I mercenari avremmo dovuto fornirli noi – nel 1935, diciotto caccia sperimentali italiani e gli uomini necessari per pilotarli contro gli Zero nipponici.
Fu una sorpresa – come la maggioranza degli italiani, non ne sapevo nulla.
Un po’ di ricerca (internet è potente) mi permise di scoprire la sordida verità – un aereo all’avanguardia rifiutato dalla Regia Aeronautica (troppo moderno) e rivenduto ai cinesi, un accordo fra Chiang Kai Shek e Mussolini, una quarantina fra piloti e meccanici spediti in Cina a combattere contro quelli che da lì a poco sarebbero diventati i nostri alleati.
Le difficoltà, la corruzione, solo undici aerei consegnati dei diciotto pagati (e gli altri sette? Il mistero permane – qualcuno si intascò i quattrini?), l’accordo che salta, i piloti che tornano a casa, i meccanici abbandonati a se stessi, che si pagano il biglietto di ritorno a casa con la liquidazione.

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Mi parve allora e mi pare oggi un ottimo punto di partenza per una storia5.
L’idea di un italiano abbandonato a se stesso, che decide di restare in Cina e tentare la sorte deve probabilmente anche qualcosa alla biografia di Leonard Clark, giovane di belle speranze, avventuriero, cacciatore di tesori, pilota, allevatore di cani da combattimento, agente sui generis dell’OSS; un personaggio ben reale ma assolutamente implausibile, che combatté in Cina contro i signori della guerra, sfuggì ai cacciatori di teste del borneo fingendo di possedere poteri sovrannaturali, invase il Tibet da solo (nel senso che la forza d’invasione erano lui e due suoi servitori indigeni) e che venne visto l’ultima volta mentre si addentrava nella foresta del Mato Grosso, in cerca dell’Eldorado sulla base di una mappa acquistata da un rigattiere.
A me piacciono, i personaggi così – e la storia ne è costellata.

The Ministry of thunder smallLa faccenda dei meccanici “naufraghi” in Cina, nel bel mezzo di una guerra, è perciò all’origine di The Ministry of Thunder – così come la Shanghai di Nyarlathotep e del sindacato dei cosacchi è l’ambientazione per la prima parte del romanzo, e Leonard Clark brillante, coraggioso, discontinuo e un po’ cialtrone è la base per il protagonista.

Una prova generale delle avventure di Sabatini era uscita anni prima, una novella oggi irreperibile che mescolava Atlantide, Lawrence d’Arabia e un po’ di lovecraftianerie sfuse.
Ma quel Felice Sabatini e il Felice Sabatini di The Ministry of Thunder non sono lo stesso personaggio – abitano universi contigui, ma hanno poco a che vedere l’uno con l’altro.

Nella storia di Thunder entrano decine di altri elementi e idee, ispirazioni rubate qua e là – e l’azione da Shanghai finisce col trasferirsi proprio in quei territori Himalayani che Clark invase in solitaria (e sopravvisse per raccontarlo, nel divertentissimo The Marching Wind). Non c’è dubbio che il lavoro fatto per mettere insieme Avventurieri sul Crocevia del Mondo sia servito abbondantemente come ricerca per documentare il mio romanzo.
C’è dentro anche la mia vecchia ossessione per il taoismo e per la magia taoista in particolare – quella miscela di misticismo, buon senso e comune cialtronaggine che nel corso degli anni si è presa uno scaffale della mia libreria.

E The Ministry of Thunder è così una storia avventurosa, con un vago sentore lovecraftiano (si parla di Leng, dopotutto), il frutto di troppi anni spesi a leggere riviste pulp come Adventure o Oriental Stories, e a giocare a giochi come Call of Cthulhu e Savage Worlds.
Gloriosi risultati di una gioventù buttata6.
Ma buttata bene, io credo.

cover sabatini special final smallInutile dire che sono particolarmente legato ai personaggi di Ministry – ho qui un buon piano per un secondo romanzo, e nel frattempo, a grande richiesta, come dicevano una volta, ho scritto un prequel – una novelette di diecimila parole intitolata Cynical Little Angels, che è distribuita gratuitamente attraverso la piattaforma Gumroad7.
Così, perché mi pareva una buona idea dare qualcosa ai miei lettori, come ringraziamento.

E questo è più o meno tutto, credo, sulla genesi del mio primo romanzo, pubblicato da un “editore vero” (e pure di qualità) – non che serva a nulla, naturalmente: scribacchino senza né arte né parte ero, scribacchino senza né arte né parte rimango.
Ma si tratta di una condizione che non mi sta particolarmente stretta.


  1. successivamente stampato e venduto, oggi un Kickstarter di successo. 
  2. o una vera manna, a seconda di come la volete vedere. 
  3. cominciando da Shanghai, the Rise and Fall of a Decadent City, di Stella Dong, che ho visto criticare, su Amazon, perché scritto da una persona che non ha vissuto gli eventi che descrive, e quindi “più mitologia che storia”, ma a parte queste assurdità, è una miniera di informazioni divertenti. 
  4. per la cronaca, la squadra arrivò a Shanghai come John Wayne che entra a El Paso, e morirono tutti in maniera orribile. Ripetutamente. Perché era, dopotutto, Il Richiamo di Cthulhu. 
  5. e sì, pensai anche di farne una campagna per un gioco di ruolo – probabilmente Savage Worlds con i due Pulp Toolkit
  6. Scrissi la prima stesura in otto giorni, postando qui su strategie il progress report – mi avevano detto che non ce l’avrei fatta, che non ero allenato.
    Avere ora qui sulla mia scrivania una copia in paperback del libro che non ero abbastanza allenato per scrivere è una gran bella soddisfazione.
    Quasi quanto postare su questo blog. 
  7. il sistema di Gumroad chiede l’inserimento della mail per inviarvi i file in scarico – non per rubarvi l’anima o inondarvi di spam. Nel caso, grazie per la fiducia. 

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

12 thoughts on “A Shanghai con Nyarlathotep e Olga Greenlaw, o come diventai un “vero” autore di pulp

  1. Sempre bello leggerti in italiano…. Ciao!

  2. Concordo, è un piacere alzarsi e iniziare la giornata leggendo un tuo post. Mi mancava.

  3. Adesso pare proprio ufficiale, non un caso quindi bentornato.

  4. Sono felice di leggerti qui 😉

  5. Che serate quelle a Shanghai, inseguiti dagli adepti di Nyarlathotep

  6. Ti ho fatto i complimenti in un altro post. Ne meriti anche nel post giusto. Bella storia avvincente e piacevole. Grazie anche per i suggerimenti di lettura sulle raccolte pulp in inglese e soprattutto per Lazarus Gray.

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