strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Modello comportamentale

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È un po’ di tempo che lo vado dicendo.
Io non sarò mai in gamba come Fritz Leiber o come Michael Moorcock.
Come David Zindell o Gene Wolfe.
Che diavolo – non sarò mai in gamba come Massimo Citi, che oltretutto lo conosco di persona.
Ma essere consci dei propri limiti è un punto di forza.
Quindi io, ben conscio dei miei limiti, mi accontenterei di essere come Lyon Sprague de Camp.
https://i0.wp.com/upload.wikimedia.org/wikipedia/en/1/1a/The_Day_of_the_Dinosaur.jpg
Nell’ultimo anno, colto da una sorta di febbre decampiana – essenzialmente l’esigenza di leggere della narrativa brillante (nel senso di umoristica) scritta in maniera brillante (nel senso di proprio bene), ho raccattato tutto il materiale disponibile partorito dalla penna di Lyon Sprague de Camp.
The Carnelian Cube – fantasy onirico scritto a quattro mani col suo sodale Fletcher Pratt.
The Day of the Dinosaur – dotto saggio paleontologico, che se è vero rimane fermo alla grande revisione di Gaylors Simpson, è anche più leggibile e piacevole dei lavori dello stesso Gaylord Simpson.
I suoi vari lavori di archeologia e critica letteraria.

Oggi il postino, con espressione sempre più perplessa, mi ha consegnato lo scatolone in cui riposava una copia ancora imballata di Time & Chance, l’autobiografia di de Camp che il mio nuovo role model scrisse e pubblicò nel 1996 su sollicitazione della moglie.
E che vinse un premio Hugo nel 1997.

https://i0.wp.com/upload.wikimedia.org/wikipedia/en/5/55/Time_and_Chance.jpgSi tratta di un volume pubblicato dalla small-press di Donald M. Grant – stampato su carta di qualità superlativa, rilegato a mano con tecniche dimenticate dai tempi di Beniamino Franklin; solo l’odore delle pagine è un’esperienza mistica.
Cinque pagine oltre la copertina, e già de Camp – assalito da un’azienda che si propone di tracciare il suo albero genealogico e disegnargli un’insegna araldica – ricostruisce la propria linea ancestrale fino al massacro della notte di San Bartolomeo, scopre con non poca sorpresa personale (e del lettore) di essere cugino di quinto grado di H.P. Lovecraft (“il noto autore di letteratura soprannaturale la cui biografia pubblicai anni addietro”) salvo poi concludere di discendere da unalunga schiatta di contadini.
Il volume è di 440pagine.
Se tanto mi dà tanto…

Molto popolare fino agli anni ’80, Lyon Sprague de Camp è caduto nel dimenticatoio – per lo meno nel nostro paese – sotto l’avanzata degli hard fantasist: gente capace di disquisire per tre pagine sul giunto dello spallaccio della corazza del protagonista, e che si trovano in imbarazzo – o così pare – a trattare di cose frivole come magia ed immaginazione.
Il che è curioso, se consideriamo che proprio de Camp fu un pedante insopportabile su questioni del tipo se la sella di Conan fosse dotata o meno di staffe o altre simili sciocchezze.
Ciò che ha fatto tramontare la stella di de Camp è probabilmente da una parte la sua tendenza a non aderire ad un modello tolkienoide di fantasy, e dall’altra la leggerezza con la quale l’autore era solito affrontare i temi del fantastico.
C’è poco di melodrammatico in de Camp che non si risolva con un capitombolo, una cialtronata o una fuga precipitosa.
Specializzato in eroi competenti ma molto molto prudenti, in un sovrannaturale governato da una logica ferrea e crudele e da una vena di sano e onesto cinismo (“Fai agli altri ciò che gli altri vogliono fare a te, e possiboilmente faglielo prima”) de Camp ha scritto di futuri in cui il Brasile è una superpotenza interplanetaria, ha narrato le storie di una banda di robot accattoni, ha creato un bar dove capitano cose che non dovrebbero capitare, ha immaginato l’improbabile ritorno del Barbarossa durante la Battaglia d’Inghilterra, ha tracciato le regole della matematica della magia.
Come curatore ed antologista ha mantenuto in vita e visibili romanzi ed autori che sarebbero stati altrimenti dimenticati.
Come saggista ha parlato di dinosauri, di letteratura, di archeologia e di Atlantide.
Ed ha ancora trovato il tempo per essere inseguito da un ippopotamo.

Poi ti capita di inciampare su una cosa come questa in rete…

Back in the days when I was trying to get my feet wet as a writer, I
would say to my friends, “I want to be L. Sprague de Camp when I grow
up.” That was more than half a lifetime ago; I realize now, as I didn’t
then, how foolish I was. There was, and could be, only one of Sprague.
Even so, in another sense I wasn’t so far wrong after all. I could have
picked a great many worse models, and very few better ones.”

È di Harry Turtledove.

È bello avere degli eroi.
Specie se mantengono le promesse che hanno fatto.

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

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