strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti


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Il meglio di Roger Zelazny

Oggi è il compleanno di Roger Zelazny, che nacque in un posto che si chiama Euclid, in Ohio, il 13 di maggio del 1937. Da Wikipedia scopro che ad Euclid, Ohio, venne inventata la lampada ad arco, nel 1876, ed il telefono cordless nel 1967.
E ci nacque Roger Zelazny, nel ’37.

Ci doveva essere qualcosa nell’acqua dell’Ohio, negli anni trenta – Harlan Ellison era nato a Cleveland, Ohio, quasi esattamente tre anni prima di Zelazny, il 27 di maggio del 1934.

Discutevo pochi minuti fa (sì, questo è un instant post) con alcuni contatti in giro per il pianeta, di come Zelazny sia oggi un autore sottovalutato e dimenticato dai più.
Si stava brindando alla memoria dell’autore, e la questione è emersa quasi automaticamente – perché Roger Zalazny non è più famoso?
I giovani lettori di fantascienza, mi diceva un’amica, non sono più interessati alla vecchia fantascienza.
Già, il “giovane e ambizioso Zelazny”, “un nuovo tipo di scrittore che ha l’effetto di un terremoto”, è vecchia fantascienza.
È un altro chiaro segno della mia vecchiaia.

Zelazny è un autore che andrebbe studiato per imparare a scrivere – sì, lo so, credo di averlo già detto in passato – con la consapevolezza dolorosa che tanto, in gamba come Zelazny non lo saremo mai.

C’è un volume – che uscirà in digitale ad agosto – che è praticamente un corso di scrittura tascabile, se si ha la pazienza di leggerlo e rileggerlo, prendendo appunti, smontando i racconti per capirne i meccanismi, ricopiandone delle pagineper vedere in che modo le parole cascano sulla pagina una dopo l’altra, eperché in quell’esatto ordine, e cosa ne deriva in termini di ritmo, si potenza….
Il libro si intitola The Best of Roger Zelazny – vi metto il link, sapete come funziona – è parte della collana SF Masterworks della Gollancz/Gateway (una sussidiaris di Hachette) ed io avrei dovuto riceverne una copia cartacea a inizio aprile, avendola prenotata su Amazon il giorno stesso in cui ne venne annunciata l’uscita.
Ma aprile è arrivato ed è passato, e ha portato solo la notizia che la Hachette ha deciso di cancellare il cartaceo.
Volete il meglio di Roger Zelazny?
Aspettate il 31 di agosto e sciroppatevelo in digitale.

È probabilmente una questione di costi e rischi – i costi per la stampa in cartaceo si sono fatti proibitivi, nell’ultimo anno, e gli editori, nella loro infinita saggezza, nojn stampano più i libri che rischiano di non vendere oltre una certa soglia minima.
E Zelazny è un vecchio autore.

Che orrore.

Il libro non è che mi sia assolutamente indispensabile – ho diverse collezioni della narrativa breve di Roger ZXelazny, e forse un giorno riuscirò a completare la serie in sei volumi che riunisce TUTTA la sua narrativa breve, in ordine cronologico e annotata.
Mi mancano solo due volumi, ma per il momento – ammesso che riesca a trovarli – non me li posso permettere.

Roger Zelazny era stato, prima di diventare un narratore di fantascienza e fantasy, un poeta – e questo è forse il motivo per il suo controllo della prosa, per il suo stile.
Aveva dei temi ricorrenti – primo fra tutti quello della riscrittura in chiave fantascentifica di miti e leggende del passato.
I suoi romanzi ed i suoi racconti erano popolati di eroi iper-competenti, e c’è stato chi ha fatto notare che i suoipersonaggi femminili erano spesso deboli. Più che altro erano visti da lontano, e descritti sempre attraverso gli occhi di personaggi maschili.
Certe scelte hanno delle conseguenze.

Zelazny era anche convinto che l’immortalità fosse un’ottima idea – che il vecchio spauracchio dell’eternità come inesauribile tedio e sofferenza fosse una balla colossale, e che in realtà avendo l’eternità a disposizione ogni evento,ogni singolo istante diventa un’esperienza unica, di cui fare tesoro.
Nei miei giorni migliori condivido questa visione.

Negli ultimi anni,la TV ha scoperto Zelazny – e prima che gli sceneggiatori andassero (giustamente) in sciopero, c’era una serie basata su Roadmarks (che qui da noi credo si intitoli Ultima Uscita per Babilonia), e con George R.R. Martin fra gli sceneggiatori, ed una serie basata sul ciclo di Amber curata da Steven Colbert – che oltre ad essere un fanatico di Tolkien è anche capace di riconoscere la buona scrittura, evidentemente.

(posate quei lanciafiamme)

Non so se vedremo mai quelle due serie – e se dovesse succedere, cosa ci sentiremo dire?
Che Amber è un rip-off di Game of Thrones?
Che Roadmarks ha una struttura confusa e non è abbastanza immersivo (qualunque cosa il vostro guru di fiducia abbia deciso che quel termine possa sigtnificare)?

Roadmarks ha solo dei capitoli 1 e dei capitoli 2,alternati.
Mentre i capitoli uno seguono una narrativa lineare, i capitoli due sono fuori sequenza – una volta finito il romanzo, Zelazny mescolò i capitoli due e li distribuì in una sequenza casuale, alternandoli ai capitoli uno.
Ha perfettamente senso, essendo Roadmarks un romanzo su un’autostrada che attragversa il tempo, per cui è possibile uscire a Babilonia per un boccone all’autogrille poi proseguire verso il futuro o verso il passato.

La lista dei titoli indispensabili usciti dalla macchina per scrivere di Roger Zelazny è lunga.
C’è anche un romanzo scritto a quattro mani con Philip K. Dick, che l’editore italiano ha pensato bene di pubblicare col nome di Zelazny un po’ più picolo e defilato sulla copertina.
Perché hey, Philip K. fucking Dick, baby.
Una vergogna.
Zelazny collaborò anche con Robert Sheckley e con vari altri autori
È agli atti che autori diversi come samuel Delany, Stephen Brust, Neil Gaiman hanno ammesso il proprio debito verso Roger Zelazny. E poi Geworge R.R. martin e Walter Jon Williams.
Persino quella vecchia volpe di di AndrzejSepkovski ha definito Zelazny “maestro spirituale.”

Roger Zelazny morì a Santa Fe, il 14 di giugno 1995, all’età di cinquantotto anni, per le conseguenze di un cancro legato, probabilmente, alla sua dipendenza da nicotina. I suoi protagonisti fumano come ciminiere, fino ai primi anni ’80, quando Zelazny smise di fumare, e lo stessero fecero i suoi personaggi.

I suoi romanzi e racconti, nel nostro paese, sono ragionevolmente reperibili – nonostante per anni sia circolata questa voce che Zelazny era “troppo bravo e te lo faceva pesare”.
Urania li ristampa con una certa frequenza, sulle bancarelle a volte si acquista ancora qualche vecchio Cosmo Oro o Cosmo Argento, e non è troppo difficile rintracciare e leggere una buona versione di A Night in the Lonesome October.
Ne abbiamo parlato – il romanzo scritto per scommessa e narrato dal punto di vista del cane di Jack lo Squartatore.
Non vi metto neanche il link.
Cercateli, leggeteli.

Oggi Roger Zelazny avrebbe compiuto ottantasei anni.
Non pochi, ma non un traguardo irraggiungibile. Ironico, per un autore che aveva fatto dell’immortalità uno dei suoi temi portanti.
L’immortalità, i cicli mitologici, e cosa può significare essere (o diventare) un dio.
Almeno su quest’ultimo punto, Zelazny ce l’ha fatta.
Un dio rimane tale anche se viene dimenticato da molti.


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Tre riviste

La regola è sempre stata una sola – se volete sapere dove sta andando un genere, dovete leggere la narrativa breve.
La narrativa breve è sempre stata il posto in cui vengono messe alla prova le nuove idee, e dove i nuovi scrittori muovono i loro primi passi, e i vecchi scrittori possono fare qualcosa di diverso.
E, nelle riviste moderne, si trova di solito un mix di narrativa, saggistica e recensioni – si vede cosa sta succedendo di nuovo, si sente cosa si dice a riguardo, si scoprono nuovi modi per (sigh) spendere altri soldi.

Complice un bundle di beneficenza e un buono di Amazon (il primo da che strategie è stato bloccato e i link commerciali hanno perso trazione), nell’ultimo mese ho fatto un carico piuttosto interessante di riviste di sword & sorcery e di narrativa pulp – generi che stanno vivendo una sorta di rinascimento.
E a me piace la sword & sorcery, così come mi piacciono i pulp.
Quelle che seguono sono note assolutamente superficiali sul bottino portato a casa.
Neanche a farlo apposta sono tre produzioni americane – il che mi dice che dovrò fare un secondo post per parlare di titoli britannici.
Ma per ora, cominciamo con questi…

1 . Tales from the Magician’s Skull

Questa è probabilmente LA moderna rivista di sword & sorcery per antonomasia – prodotta da Goodman Games (un editore di giochi) e diretta da Howard Andrew Jones, eccellente autore di s&s e curatore dell’edizione in otto volumi della narrativa breve di Harold Lamb pubblicata dall’Università del Nebraska.
La rivista venne finanziata, nel 2017, da un Kickstarter di un certo successo, e al momento si prepara a uscire col suo ottavo numero. Non quindi una rivista ad elevata cadenza di pubblicazione.
I punti di interesse sono certamente i racconti dei contributors abituali Howard Andrew Jones, James Enge e John C. Hocking – tre autori con stili molto diversi e un ampo e interessante catalogo.
La rivista si concentra prevalentemente sulla narrativa, con forse un 10% delle circa 100 pagine dedicate ad aricoli – spesso orientati al mondo del gioco di ruolo.

Layout e grafica ricordano cose come Dragon Magazine o White Dwarf (prima dell’abbuffata di miniature) o – indubbiamente – le vecchie riviste pulp, e tutti i racconti sono illustrati.
la qualità delle storie è molto buona, l’impostazione molto tradizionale.

La rivista è pensata per essere fruita in cartaceo (ogni numero include un elenco dei rivenditori dove è possibnile acquistarla, in giro per il mondo), ma è anche disponibile in pdf – ed in effetti, grazie a un recente Bundle of Holding, per poco più del prezzo di un Urania mi sono accaparrato la “Starter Collection” – i primi sette numeri, più due numeri speciali a suo tempo arrivati solo ai supporter su Kickstarter, in versione digitale.

Magician’s Skull è una rivista che studierò da vicino durante le vacanze – perché pubblicare con loro nel 2023 è uno dei miei buoni propositi per l’anno nuovo. Posterò delle recensioni numero per numero sul mio blog in inglese mentre faccio i compiti.

2 . The New Edge

The New Edge è l’ultima arrivata sulla scena per ciò che riguarda la sword & sorcery – ed al momento esiste solo un Numero Zero, disponibile su amazon per poco più di 4 euro, o scaricabile gratis in PDF o EPUB dal sito dell’editore.

In questo caso il mix è molto più equilibrato – 50/50 fra narrativa e saggistica – e la rivista può vantare una nuova stroria di Dariel Quiogue, un autore eccellente di sword & sorcery di taglio orientale, alla maniera di autori come Lamb o Howard. Sul fronte della saggistica abbiamo un pezzo sullo stato del genere del solito Howard Andrew Jones, e un interessante articolo su C.L. Moore e Jirel di Joiry, di Cora Buhlert.
La rivista viaggia sulle ottanta pagine ed è ampiamente illustrata, ma soprattutto è impaginata su tre colonne, come un vecchio giornale, e contiene quindi l’equivalente di quasi 200 pagine di testo.

Avrà un futuro, The New Edge?
In un mondo che volesse premiare la qualità, non ci sarebbero dubbi – ma allo stato attuale il destino della rivista è in forse – motivo per il quale vi metto il link commerciale: voglio che venda un sacco di copie per arrivare alla pubblicazione regolare.
Merita di avere una lunga vita.

3 . Thrilling Adventure Yarns

Questa è una “falsa rivista”, nel senso che si configura come antologia mono-volume con cadenza attuale. Il volume del 2021 è l’ultima uscita, e come si può facilmente intuire dal titolo, Thrilling Adventure Yarns si ispira ai vecchi pulp, nel formato, nel layout, e nei contenuti – che vengono suddivisi per categorie – Avventura, Sword & Sorcery, Fantascienza, Terrore, Romance, Western… ci sono almeno un paio di racconti per ciascuna sotto-categoria.

A meno di quattro euro in cartaceo per oltre 370 pagine e 27 storie, Thrilling Adventure Yarns 2021 (sì, questo è un link commerciale – sapete come funziona) è il classico acquisto obbligato – il fatto che includa lavori di nomi storici come Jody Linn Nye, Jonathan Maberry e David Mack (più un inedito del creatore di Doc Savage!) lo rende un’eccellente aggiunta allo scaffale della narrativa popolare.
È anche il regalo perfetto per controbilanciare i soliti titoli Adelphi che regalate per darvi un tono.

Ci saranno altri numeri?
Ancora una volta possiamo solo sperarlo – di sicuro si tratta di un eccellente termometro della vitalità della narrativa popolare di oltre oceano.

E tutto questo significa – per me – un sacco di roba da leggere per le vacanze.
Ma d’altra parte, fuori nevica, e dopo otto ore passate a scrivere, ci si può rilassare con una rivista e una tazza di té bollente.


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Greg Bear (1951-2022)

È di ieri la notizia che lo scrittore americano Greg Bear è entrato in coma irreversibile in seguito a un colpo apoplettico, e come da sue precedenti istruzioni, la famiglia ha deciso di staccare i supporti vitali.
.

Dei tre “Killer Bees” della fantascienza (Bear, Benford e Brin), Bear è quello che ho sempre trovato più difficile.
Scoperto con Blood Music (che qui da noi si intitola L’Ultima Fase), lessi successivamente Queen of Angels e Slant, trovando che la densità di idee e lo stile si facevano sempre più pesanti.
Eon mi lasciò molto stanco, ed abbastanza depresso.
Darwin’s Radio fu il romanzo dopo ilq uale decisi che Bear non faceva per me.
Forse – ma questa è un’ipotesi che vale quanto la carta su cui è scritta – il problema deriva dal fatto che Bear considerava Bradbury l’autore che più lo aveva ispirato. Ed io con Bradbury ho sempre avuto un rapporto conflittuale.

Ma al di là delle preferenze personali, Greg Bear ha fatto la storia di quel settore della fantascienza chiamato Hard SF.

E comunque, c’è un singolo romanzo di Bear che resta per me fra le cose migliori che mi sia capitato di leggere – Hegira, uscito nel 1979 e scoperto ai tempi del liceo nell’edizione Dell, illustrata da Stephen Fabian.

Un romanzo “alla maniera di Vance”, ma poi completamente capovolto e sovvertito in un finale che anticipa molti dei temi che Bear avrebbe poi sviluppato per tutta la sua carriera.
In italia uscì suUrania, immagino senza le illustrazioni.

Per Hegira, e per Blood Music (dei quali cinicamente vi metto il link commerciale – consideratevi avvisati) credo di avere motivi sufficienti per ricordare con affetto Greg Bear, e piangerne la scomparsa.


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See you, space cowboy…

E parlando di giochi di ruolo, e di giochi da poche pagine…

Da circa una settimana vengo perseguitato da una serie di sponsorizzate su Facebook che vogliono convincermi a sostenere su Kickstarter l’uscita del manuale ufficiale del gioco di ruolo di Cowboy Bebop. E non confondiamoci, a me piaceva Cowboy Bebop, e sono certo che si tratti di un universo particolarmente adatto ad ambientarci un gioco di ruolo.
Ma…

Un gioco di ruolo di Cowboy Bebop esiste già, è un gioco indipendente e non ha assolutamente nulla di ufficiale. Costa 10 euro a stampa (con pdf incluso) oppure meno di cinque in pdf via DriveThruRPG – che è dove l’ho comprato io.
E ho in programma di prendere anche la versione cartacea appena possibile (al momento trovo fastidioso pagare dodici euro di spese di spedizione su un volume da nove euro – ma troverò un modo).
Il gioco si intitola See you space cowboy… (sì, coi tre puntini di sospensione), ed è un manuale della bellezza di 36 pagine, pubblicato da Tidal Wave Games, che lo ha finanziato con un Kickstarter piccolo piccolo due anni or sono.
Ed è francamente eccellente.

See you space cowboy… – SciFi Space Bounty Hunter Jazz Fusion Roleplaying Game è essenzialmente Cowboy Bebop con le targhe cambiate (ed una spruzzata di elementi “soffiati” a Trigun e Outlaw Star).
Il fatto che il gioco riesca in 36 pagine a condensare tutto ciò che serve per giocare, dando intanto un’impronta fortemente caratteristica all’insieme – nel tono, nella grafica – è una dimostrazione che le persone coinvolte nel progetto sono perfettamente in sintonia con il genere, con il setting, e con la filosofia generale dell’universo.

I giocatori interpretano dei cacciatori di taglie in un sistema solare del futuro prossimo, molto opportunamente noir, con elementi che permettono di passare abbastanza facilmente da un tono leggero al melodramma, e ritorno.
Le meccaniche sono costruite per simulare uno stile di gioco ispirato al jazz – e se suona scemo così sulla pagina, all’atto pratico funziona, ed è divertente.
La creazione dei personaggi – che tecnicamente appartengono tutti alla stessa classe, sono cacciatori di taglie e lì finisce la faccenda – è intelligente, con un sacco di piccoli tocchi che aiutano a caratterizzare a fondo e a diversificare i vari personaggi (dai vizi individuali alle rate da pagare per l’astronave, all’equipaggiamento personale), evitando il rischio di avere un team indifferenziato e “qualunque”.
Il sistema solare è descritto in maniera succinta ma soddisfacente, e anche qui ci sono un sacco di piccoli dettagli molto gustosi.
E poi, che diamine, la storia è nota – ci sono dei ricercati da catturare, delle taglie da incassare.

E il manualino di trentasei pagine riesce, senza apparentemente sforzarsi troppo, a far venire voglia di giocare – per il setting, e le situazioni, certo, ma anche perché le regole, così come vengono presentate, sembrano davvero divertenti.
E sono 36 pagine, ed è tutto lì, o quasi. Nel caso, è possibile scaricare da DriveThruRPG solo la sezione dedicata ai giocatori – 16 pagine, come Pay-what-you-want.
Si legge in un’ora, e poi si gioca.
Non è una cosa da poco.

E riescono a farci stare anche un po’ di suggerimenti per master e giocatori, ed una serie di accorgimenti per creare una “cultura del tavolo da gioco”.
E tutto senza usare neanche un D20.

Attualmente, i ragazzi e le ragazze di Tidal Wave Games hanno in preordine un secondo manuale – 40 ricche pagine su Cerere, cuore dell’universo di See you space cowboy… con 36 locations, 18 criminali da inseguire, fazioni e personaggi non giocanti, e ratti … orde di ratti.
Molto promettente – è molto probabile che all’uscita di Ceres io faccia quell’ordine di cui dicevo – approfittando per ammortizzare le spese di spedizione assassine.

Il risultato di tutto ciò è che no, non credo sosterrò il nuovo Kickstarter che Facebook continua a spiaccicarmi in faccia ogni tre per due. I ragazzi di Tidal Wave Games mi hanno agganciato dal momento in cui hanno scritto jazz fusion sulla copertina. Io sono una persona semplice.


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Perversioni regali

C’è un sacco di baccano, in questo momento, per un episodio di una serie televisiva che non seguo, e quindi sulla quale non ho il diritto di esprimermi. Lo fa però il mio complice in Chiodi Rossi sul suo blog – e il post lo trovate qui.

Come dicevo, non conosco e non seguo la serie, e non ho quindi visto l’episodio incriminato, ma il post di Germano passa dal particolare al generale, e giunge a delle conclusioni chenon condivido completamente – forseperché parte da premesse che condivido solo in parte.

La tesi (cerco di farla breve): il fantasy è sempre stato piuttosto sterile per ciò che riguarda il sesso, e quindi inserire una sana scena di depravazione (magari una ogni ventisette pagine) non può che fare bene al genere, aiutandolo a portare in scena personaggi più reali ep iù tridimensionali.

Vediamo la prima parte – il fantasy è sempre stato scarso nel rappresentare la sessualità.
Sì, ma…
È noto che le vecchie riviste come Weird Tales – sulle quali ha preso forma la sword & sorcery – spesso ricevevano lettere di lettori indignati per l’eccessiva scollacciatura (negli anni ’30) di certe storie.
“Leggo questo genere di storie proprio per evitare certe porcherie”.
Questo, nonostante le copertine dei pulp fossero spesso molto suggestive.

Io imputo questa strana contraddizione al puritanesimo tipico degli americani, specie negli anni ’30 – e all’opera di alcuni editor specifici.
E come facevo notare proprio in Chiodi Rossi durante una divagazione, c’è questo strano fenomeno per cui gli “spicy pulps” (le riviste pulp più scollacciate) esistevano per qualunque genere – dal western al poliziesco, passando per l’avventura esotica – ma non per fantascienza e fantasy.

È d’altra parte indubbio che già negli anni ’30 le riviste pulp proponessero un fantasy (e una fantascienza – e più in generale un fantastico) che metteva sulla pagina se non la sessualità esplicita (impossibile, per le leggi dell’epoca, pena il sequestro della pubblicazione), di sensualità molto palese, e anche aspetti non eccessivamente mainstream della sfera sessuale.
Nel giugno 1924, copie di Weird Tales che contenevano The Loved Dead di C.M. Eddy Jr – una storia di ordinaria necrofilia – vennero ritirate e mandate al macero in alcuni stati degli USA.

Ma mio primo pensiero va a certe storie di C.L. Moore, come Shambleau – ma anche molte altre storie di Northwast Smith – che non causarono mai la distruzione delle riviste su cui venivano pubblicati, ma che sono interamente costruite su quella che può solo essere descritta come tensione sessuale.

È anche vero che già nel 1920 un tribunale aveva fatto sequestrare Jurgen, a Comedy of Justice, di J.B. Cabell, per “indecenza”. Il processo si protrasse per due anni, ed alla fine Cabell fu capace di ribaltare l’accusa sui suoi accusatori – oltre a chiarire che ciò che li aveva fatti davvero infuriare non erano i moltissimi doppisensi a sfondo sessuale, ma una singola battuta che si faceva beffe dell’infallibilità papale.
Jurgen, che è uno dei migliori fantasy del ventesimo secolo, è ricolmo di doppi sensi, situazioni scollacciate e ribalderie assortite, in quello che è – anche – un feroce assalto alle leggende arturiane che a cavallo del secolo avevano avuto un ritorno di popolarità grazie ai Pre-Raffaelliti e a tutta quella gente lì.
Che Cabell odiava, e ci costruì sopra una eicosipentalogia – un ciclo di 25 romanzi – nei quali lo sberleffo e le situazioni sessualmente compromettenti si sprecano – segnaliamo titoli come The High Place e Something about Eve.
È da notarsi che l’intento di Cabell è (anche) lo stesso di Martin – demistificare i bei vecchi tempi delle dame e dei cavalieri.
Autori diversi come Howard, Lovecraft, Heinlein e Leiber conoscevano bene l’opera di Cabell, che all’epoca fu una specie di caso letterario, per poi scomparire successivamente (e oggi ce lo ricordiamo in pochi).

Poi sì, è vero – il sesso nelle storie di R.E. Howard era spesso adolescenziale, e Lovecraft era chiaramente terrorizzato dalal sola idea, ma in compenso C.A. Smith aveva un gusto molto “continentale” nell’inserrire elementi scollacciati nei suoi racconti.
Puro sensazionalismo? O erano elementi funzionali alla trama?
In un caso o nell’altro, il limite pareva essere solo la censura vigente – e il rischio di fare la fine del povero C.M. Eddy Jr.

E dopo?
Dopo, certo, Tolkien (che secondo alcuni “ha inventato il fantasy” – come se non bastasse ciò che ha fatto per davvero) creò un mondo sostanzialmente privo di pulsioni carnali – un po’ perché era un vecchio cattolico, un po’ perché si ispirava a modelli letterari nei quali certe cose non venivano discusse se non in maniera altamente metaforica, un po’ perché il suo romanzo parla di spirito e di ideali, e non di corpi sudati e imperativi biologici.
E se non ha inventato il genere, certo gli ha dato una impronta difficile da cancellare.

Eppure, eppure…
In The Well of the Unicorn, pubblicato nel 1948, Fletcher Pratt (frequente collaboratore di L. Sprague De Camp) infila tutto – ma veramente tutto – quello che trovate nei romanzi di George R.R. Martin.
La differenza è che il romanzo di Pratt è solo 350 pagine – ed è finito, naturalmente – e tutte le situazioni “delicate” accadono fuori scena, e poi vengono discusse in maniera estremamente ellittica.
ma ci sono, e sono innegabili, e servono a costruire la storia.

Ora, io sono strano, e quindi prima di leggere Tolkien, da ragazzo ho letto Leiber, Pratt, Moorcock e tanith Lee. Per cui questa assenza sistemica dei temi legati alla sessualità nel fantasy non l’ho mai sentita davvero.

In quello che è uno dei miei romanzi preferiti di Michael Moorcock, Gloriana or the Unfulfilled Queen, il rapporto fra potere e sessualità è al centro della trama, è il motore dell’intera azione – ed essendo il romanzo del 1978, Moorcock non ha le remore – o i vincoli – che potevano causare problemi a Cabell, a Moore o a Pratt. Ancora una volta, ci sono cose in Gloriana che fanno sembrare certi episodi di Martin una faccenda per educande – ma sono scritte con classe ed eleganza, e Gloriana è un volume di sole 350 pagine – e naturalmente è finito.

Quindi, com’è che il fantasy viene percepito come un genere asessuato, al punto che un paio di scene soft-porn in un telefilm fanno gridare allo scandalo – o al miracolo, a seconda delle vostre inclinazioni?

Io credo dipenda dal fatto che è passata – da qualche parte nella seconda metà del ventesimo secolo – l’equazione narrativa fantastica = narrativa per ragazzi.
Questa idea profondamente asinina è a tal punto radicata, che se doveste farvi un giro su Amazon italia, potreste scoprire che un sacco di fantasy, e quasi tutta la fantascienza sono classificati come “narrativa per bambini e ragazzi”.
Dhalgren, di Samuel Delany – che certamente contiene più stupri di tutti i libri di Martin messi assieme – è al momento alla posizione 3046 nella classifica “Fantascienza per bambini e ragazzi” (che contiene anche Mattatoio 5 di Vonnegut in ventiduesima posizione).
Book of the New Sun, la pentalogia completa di Gene Wolfe, è al 299° posto “Fantascienza per bambini & ragazzi”.
Ma d’altra parte, su Amazon Italia, il cofanettone extralusso con Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli si vende per 100 euro ed è al 189° posto in Umorismo & Satira.

Quindi, è solo un problema di convenzioni?
Convenzioni, oltretutto, disattese?
Perché non facciamoci illusioni, al primo posto nella classifica “Fantascienza per bambini e ragazzi” c’è proprio Game of Thrones, di George R.R. Martin.

Io credo che sia una miscela di errate aspettative e bacchettonaggine del pubblico.
Il “leggo questo genere perché non voglio leggere certe porcherie” è valido oggi per una buona fetta del pubblico quanto lo era per la pagina della posta di Weird Tales.
Per questo il fantasy è percepito come “asettico” – perché ce lo vendono come qualcosa che dovrebbe esserlo, anche quando non lo è.

Ma veniamo alla seconda parte, che è poi quella di cui volevo parlare davvero (ma io ho questa tendenza a divagare, come tutti i vecchi – o così mi dicono).

Farà bene metterci un po’ di (mal)sana sessualità, in un prodotto televisivo come House of the Dragon?
Germano ipotizza che possa essere così.
Io ipotizzo il contrario.
Questo perché ciò che abbiamo visto fin qui sembra dimostrarci che gli imitatori – dalla fanfiction al prodotto creato a tavolino per cavalcare una certa onda a ciò che arriva sugli scaffali perché “è quello che la gente vuole” – hanno la tendenza a concentrarsi sugli aspetti esteriori e superficiali e non sui significati degli elementi che vannoa imitare.
Per quanto io possa onestamente detestare gli elfi di Tolkien, devo riconoscere loro una coerenza ed una profondità – ed una funzionalità alla trama ed all’universo narrativo – che raramente sono stati emulati successivamente da chi ha scritto fantasy “alla tolkien”.
Oppure pensiamo a come la narrazione estremamente umana e brutale di Glen Cook abbia aperto le porte a un’ondata di storie di sociopatici, scritte da sociopatici per un pubblico di sociopatici.
“Però scritte benissimo.”
Perciò sì, è possibile che il successo di questa serie televisiva, e la sua ossessione per ciò che autori migliori hanno fatto succedere fuori scena per decenni, porti una ventata di sesso e violenza nel genere.
Ma temo sarà una vuota fotocopia, che sposterà il genere di un paio di passi più vicino all’exploitation, ma non farà nulla per le qualità letterarie delle storie.

Intanto, forse, lontano dai riflettori, bravi autori continueranno a scrivere buone storie, per poi venire dimenticati.

E io a tre di questi libri dimenticati ci ho messo il link commerciale – sapete cosa succede se lo cliccate, ma consideratevi avvisati.


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Viva Forever

Facciamo una cosa che non facciamo mai, qui su strategie evolutive – consigliamo un libro da leggere.
No, no, non fate quella faccia…
Un libro di un gruppo di autrici italiane – questo è il genere di cosa che non facciamo mai, qui su strategie evolutive.
È un suggerimento appropriato, tuttavia, quello di oggi perché siamo a Ottobre, il mese in cui tutti parlano di horror, e questa è una antologia di racconti horror. E non è solo questo.

Cominciamo con la copertina

Il volume si intitola Viva Forever, e come potete leggere anche voi sulal copertina, allinea storie di Francesca Fichera, Kara Lafayette, Lucia Patrizi, Francesca V.F., Vera Bonacini e Marina Belli.

E di cosa parlano queste storie ve lo dice la quarta…

Chiedete a sei persone quali immagini e idee associno a parole come “horror” o “paura” e vi daranno sei risposte diverse. Chiedete a sei scrittrici di contribuire a un’antologia di racconti dell’orrore incentrati sulla violenza contro le donne, e state certi che vi troverete per le mani sei storie con sei punti di vista ben distinti.
In quest’antologia troverete vite distrutte dalla violenza e corpi feriti, il sovrannaturale e la mondanissima misoginia di tutti i giorni. Famiglie che cadono in pezzi e famiglie che si riformano. Visiterete eleganti condomini e periferie degradate, ospedali da cui si dice non si esca vivi e la provincia profonda. Viaggerete tra il presente, il passato e il futuro distopico. Incontrerete l’orrore che si aggira con la protezione della notte e quello che non teme la luce del giorno.
Quelle che avete tra le mani sono storie che urlano la loro rabbia e il desiderio di vendetta, storie che ti inquietano lentamente e storie che ti prendono a calci sin dalla prima riga. Storie su un mondo senza speranza e storie che non accettano di perdere la speranza, nonostante tutto.
Viva Forever è quel che succede quando sei amiche decidono di collaborare e perseverano in barba a tutto, anche al lutto.
“Everlasting, like the sun”.
Tutti i ricavati dalla vendita di questa antologia saranno devoluti in beneficienza a un’associazione che si occupa di aiutare le donne vittima di violenza.

Quindi eccolo qui.
Sei brave scrittrici, un tema interessante, un prezzo ridicolo, e il ricavato va in beneficenza.
Giusto in tempo per la notte di Halloween – o per qualunque altrra occasione.
Pensateci su – sapete che ci ho messo il link commerciale, per cui non devo stare a spiegarvi cosa succede…


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Limiti della memoria

È noto che seguo con piacere laproduzione – narrativa e saggistica – di Kim Newman dai tempi in cui curava la rubrica dei film di serie zeta su Empire Magazine.

Anno Dracula è probabilmente l’opera prioncipalenel catalogo di Newman, che è prolificissimo (come dichiara nelle interviste, se vuol continuare a pagare i conti, deve continuare a scrivere). Uscito nel 1992, è certamente il titpolo più popolare nell’opera di Newman, ed ha dato inizio ad una serie di romanzi, uno spin-off a fumetti, e da vent’anni si parla di farne una serie TV.

Come credo di aver già raccontato, me ne procurai una copia nel 1993, ed ebbe su di me un effetto non comune: cominciai a sfogliarlo sul tram tornando a casa, e saltai la mia fermata, arrivando fino al capolinea. Un test semplice ma efficace, per quel che mi riguarda, della qualità di un libro.

Il romanzo è anche uscito in italiano (ma risulta ora fuori catalogo), così come i suoi seguiti – e successivamente Newman ne ha preparata una versione annotata, che spalanca ai lettori che non condividono la conoscenza enciclopedica del genere con l’autore (in altre parole, tutti) gli aspetti più metanarrativi del romanzo. E con quella spendida copertina che emula un manifesto pubblicitario vittoriano…

La settimana passata, Kim Newman ha postato sui propri profili social le immagine della nuova edizione Titan Books, l’edizione del trentennale – rilegatura rigida, margini colorati, annotazioni e appendici, sovracoperta patinata, segnalibro in seta, un racconto inedito e una nuova introduzione, ad opera del solito Neil Gaiman (ormai Gaiman scrive introduzioni per il fantasy come King scrive fascette per i libri horror).
Il tutto a un prezzo abbastanza abbordabile, e giusto in tempo per Halloween.
Per cui mi dico, ma dai, ho appena piazzato un nuovo romanzo, per festeggiare mi compro l’edizione extralusso di Anno Dracula.

Per cui mercoledì della settimana passata parto e vado nella bottega online di mastro Bezos, che vende libri e cancelleria e abbigliamento, e provviste, come certi empori che si vedevano nei film western. Ed arrivato al bancone vengo informato che l’edizione del trentennale di Anno Dracula io l’ho già acquistata.

Il 29 di Marzo di quest’anno.
Ho prenotato una copia proprio del libro che sono lì per acquistare, con il denaro stretto nella mia mano innocente. L’ho ordinata il giorno in cui l’autore ne ha annunciata la sua futura uscita e poi, come succede sempre più di frequente, me ne sono scordato. E, sorpresa delle sorprese, da quando l’ho prenotato a ora che è uscito, il prezzo è calato di una manciata di euro.
Ed io non credo che esista miglior esempio di come si debba evitare come la peste il pulsante “Acquista Ora”, e sempre fare un giro sulla pagina del prodotto, prima di cedere a certi impulsi, quando si naviga su Amazon.

Ed il volume è arrivato oggi, conforme alle aspettative.
Unica differenza – a parte i circa tre euro in meno rispetto alle attese – è che la prima pagina del volume risulta irrimediabilmente danneggiata, in quanto qualcuno ci ha scarabocchiato sopra il nome di Kim Newman, in quella che pare una buona imitazione della grafia di Kim Newman…

E su richiesta di mr Bezos, al quale le cose pare non stiano andando benissimo inq uesti tempi di crisi, ho incluso in questo post dei link commerciali, dei quali vi debbo debitamente informare, e così ho fatto.

E per chi fosse interessato, oltre 500 delle recensioni di film di bassa lega uscite su Empire per mano di Newman si trovano riuniti nell’eccellente, e voluminoso, Kim Newman’s Video Dungeon, che in questi giorni il signor Bezos vi lascia a prezzi popolari.


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Halloween a sorpresa al tavolo da gioco

Una delle poche costanti negli ultimi decenni, per ciò che mi riguarda, è stata la tradizionale partita di Halloween – una sessione di un qualche gioco di ruolo appropriato per la stagione.
The Call of Cthulhu è un classico, ma anche qualcosa come Rippers, o magari All for One.
Una partita a Solomon Kane?
Non importa. In fondo è una scusa per sedersi tutti attorno a un tavolo e farsi quattro risate.

Negli ultimi anni, le mie partite sono spesso state virtuali – una combinazione di videoconferenza, chat testuale e altre follie. Non ho una grande dimestichezza con i tavoli da gioco virtuali, e per il nostro stile di gioco – che tende ad essere più narrativo che simulazionista, se proprio vogliamo parlare di certe cose – una cosa come Roll20 diventa eccessiva.

Quest’anno non so se avrò modo di giocare – ci sonoun sacco di cose per aria – ma se dovessi riuscirci, il caso ha appena portato sul mio tavolo esattamente ciò di cui avevo bisogno.

Accennavo la settimana passata a come i gentiluomini e le gentildonne della Mottokrosh Machinations – produttori dell’eccellente Hypertellurians – abbiano la tendenza a infilare degli extra nel pacco che contiene la versdione rilegata rigida del loro gioco, che si può ordinare solo attraverso il loro sito.
Il corriere ha consegnato oggi il pacco con la mia copia del gioco – che rimpiazza così il pdf che era incluso nell’acquisto – e nell’imballo c’erano anche una copia di Bewilderment and Panic in the Land of Faulty Tors, una campagna tascabile per Hypertellurians, e un’edizione in paperback di A Bride for Dracula, che è esattamente ciò che il dottore ha ordinato per Halloween.

A Bride for Dracula è un’avventura in due parti, system agnostic – che vuol dire che la si può giocare con qualunque sistema.
Il volumetto, ben illustrato e piacevole a leggersi, contiene i profili dei personaggi – giocanti e non – e la delineatura degli eventi salienti. Poi il master ed i giocatori sono liberi di improvvisare.

Come si può facilmente dedurre dal titolo, la vicenda ruota attorno al desiderio del Conte Vampiro di aggiungere una donzella (o forse… più di una?!) al proprio harem. I giocatori interpretano le candidate, oppure i congiunti delle candidate, o anche persone che per caso si trovano a passare per Castel Dracula.
Da qui, tutto è possibile … o così sembra.

È possibile (o consigliabile) sfuggire al conte? È forse preferibile farsi vampirizzare e regnare in eterno sulle tenebre? Cosa c’entra il cervello sotto vetro? Perché il cocchiere sembra avere qualcosa da nascondere? Dove porta questa scala…?

Una bella avventura gotica, zeppa di intrighi, doppi giochi e segreti – che a seconda del sistema adottato e del mood della squadra può essere qualcosa di cupissimo o una valanga di risate. E si può risolvere in una serata – il che significa che dei normali giocatori di ruolo possono passarci dalle tre alle otto sessioni di gioco, senza neanche sforzarsi di tirarla per le lunghe.

È molto divertente. Era sulla mia lista dei desideri su DriveThruRPG – e invece mi è arrivata a sorpresa, e a costo zero. Difficile fare meglio di così.