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I Draghi non bastano

14 commenti

Questo è un post del piano bar del fantastico – ed ha una marginale attinenza col post che la settimana passata ha tanto scaldato gli animi dei lettori là fuori.
Non credo che questo farà altrettanto, ma chi lo può dire?

Vediamo di inquadrare il fenomeno.
Anne McCaffrey è stata una delle più popolari autrici di fantascienza e fantasy del secolo scorso.
La McCaffrey esordì con alcuni racconti negli anni ’50, ma fu con i suoi due racconti lunghi pubblicati su Analog, Weyr Search (che vinse l’Hugo) e Dragonrider, poi riuniti in Dragonflight, nel 1967, che l’autrice si collocò solidamente al centro del genere*.

E sul quale genere, potrebbe ruotare tutta la questione.

AnneMcCaffrey_DragonflightSul mondo di Pern, una civiltà grossomodo medioevale conduce i propri giochi politici e la propria esistenza senza eccessivi scrolloni da molti secoli, arroccata in castelli di pietra che sono il centro delle principali attività umane sul pianeta.
Un tempo ogni castello era equipaggiato con un contingente di draghi, usati come cavalcature e armi da una classe di individui legati empaticamente e telepaticamente con essi.
Antiche ballate sembrano indicare che la presenza dei draghi sia indispensabile per la sopravvivenza degli uomini, ma pochi badano a certe storie.
I tempi dei draghi sono passati.
Dragonflight, il primo romanzo della serie di Pern, segue le peripezie della protagonista (che sfortunatamente per noi italiani, si chiama Lessa), nel suo tentativo di decodificare le leggende e di ricreare la rete di Weyr, i nidi dei draghi e dei loro cavalieri. La ragazza – ultima erede di una famiglia nobiliare caduta in disgrazia – dovrà abbandonare le proprie terre, allearsi con una popolazione di guerrieri che, ultimi, restano leali ai draghi, e trovare il modo di manipolarne il leader per essere accettata**.

Ci sono i draghi, ci sono i cavalieri, ci sono i castelli e i nomi pseudoceltici.
Ma Dragonflight non è fantasy.
Dragonflight è un planetary romance.

buk00016Pern, scopriremo mano a mano che la serie si dipana, è un mondo colonizzato dai terrestri, e spazzato periodicamente da pioge di spore che portano sulla superficie una fungosità capace di consumare qualsiasi cosa fuorché la pietra.
Unica arma contro la minaccia aliena – il fuoco.
I sopravvissuti alla prima catastrofe hanno perciò ristrutturato la propria società per la sopravvivenza – modificando il DNA di alcunecreature indigene, al fine di creare dei draghi sputafuoco, e di alcuni coloni, in modo da creare i cavalieri telepatici dei draghi.

Quando l’azione si avvia, il passato tecnologico è dimenticato, e i “dragonriders” sono quella che si definisce una pariah elité – un gruppo che preserva competenze superiori, ma per questo motivo è disprezzato dalla maggioranza.
I romanzi della serie descriveranno la progressiva riscoperta del passato, e le nuove sfide che i coloni di Pern dovranno affrontare.
La scrittura è sempre piuttosto economica, e il lavoro della McCaffrey rimane un eccellente entry-level per chi volesse avvicinarsi ad una narrativa un po’ più sofisticata, provenendo da letture giovanili.

E infatti il ciclo di Pern ha avuto un successo colossale – del primo romanzo esistono una quarantina di edizioni solo in lingua inglese, e la serie include oramai due dozzine di titoli.

Il ciclo è stato sfottuto selvaggiamente – come al solito – da Terry Pratchett, e molti elementi sono percolati nel gioco di ruolo (i draghi di D&D sono codificati a colori come quelli di Pern), e in molta narrativa derivativa.
La popolare serie di fantasy per ragazzi composta da Eragon e titoli successivi, ha una quantità di somiglianze notevoli con il lavoro della McCaffrey.

203tuttavia, il successo di Pern non ha portato ad una deriva catastrofica.
Chiaro, chiunque abbia intenzione di scrivere una storia in cui compaiono dei draghi sarebbe suicida a non leggersi per lo meno i primi tre volumi della serie, ma misteriosamente non siamo stati stramazzati di cloni, di imitazioni patetiche e di prodotti furbetti.
Beh – per lo meno fino ad Eragon.

Per quale motivo?
Io credo, sostanzialmente, perché la McCaffrey ha avuto una produzione tanto voluminosa, frequente e costante, che semplicemente nessun editore sano di mente avrebbe pensato di pubblicare un clone di Pern quando ogni anno usciva regolarmente un nuovo titolo della serie, o un nuovo lavoro dell’autrice.
I cloni si generano nel vuoto per soddisfare la brama dei fan – lo sapeva bene Lester del Rey, che presentò La Spada di Shannara con la famosa fascetta “Da decenni i fan di Tolkien cercavano unmodo per replicare la magia…”
Anne McCaffrey non lasciò mai un vuoto sullo scaffale, per oltre quarant’anni.

Se Anne McCaffrey ha influenzato il genere – e lo ha influenzato certamente – lo ha fatto contribuendo ad ampliare le opportunità per altre scrittrici,che certamente erano nate come fan dela McCaffrey e di Andre Norton, ma che pur traendo ispirazione dal loro lavoro puntarono fin da subito a produrre lavori originali.
Anche perché, unclone della McCaffrey non avrebbe mai avuto una speranza all’inferno confrontandosi con l’originale.

E poi, certo, il mercato era diverso.
Meno codificato, probabilmente.
Gli editor avevano ancora un peso maggiore rispetto ai ragazzi del marketing.
Il pubblico era più vasto ma non tanto vasto quanto può essere oggi il pubblico televisivo, ed era probabilmente più selettivo.

Di sicuro, per lo meno i primi tre romanzi del ciclo sono da leggere.
Tutti e tre assieme credo non arrivino a 600 pagine.
Pare incredibile, eh?

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* E prima che qualche sciocco venga a frignare nei commenti perché qui ci occupiamo solo del passato bla bla bla… potrei portare una mezza dozzina di esempi di lavori usciti negli ultimi cinque anni che sono altrettanto influenti nell’ampliare il linguaggio del genere, e non genereranno orde di fan ignoranti, urlanti e isterici, desiderosi di leggere copie carbone dei loro beniamini.
Ma mi è stato chiesto di parlare di Pern, e si tratta di un esempio che, forte della sua prospettiva storica, ci permette di fare un discorso più ampio e argomentato.

** Deja-vù?

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

14 thoughts on “I Draghi non bastano

  1. La cosa assurda è che in libreria non l’ho mai trovata -troppo piena di Eragorn e delle uscite lampo- ma una delle sue copertine ha attirato la mia attenzione dai bancali itineranti di un vecchietto che lasciava tutti i suoi libri a 1 euro, serie ‘oro’ delle edizioni nord. Così l’ho preso al volo proprio perché la “genesi” del mondo non era solo un fantasy pseudomedievaleggiante come ormai capita sempre più spesso.

  2. Porca boia, serie oro a 1 euro?!?!? Che fortuna!

    Io della McCaffrey ho in montagna un Urania, credo degli anni ’90, intitolato “Il talento di Lyon”, ma sospetto non faccia parte della saga di Pern. Confermate?

  3. Ho ricordi contrastanti del ciclo dei Dragonieri di Pern, letto (almeno i primi libri) una marea di anni fa… Ricordo alcune buone idee, come la contaminazione fantascientica, eppure mi sembra di ricordare che li avevo trovati tremendamente noiosi.
    Certo la loro importanza storica è innegabile.

  4. Pingback: I Draghi non bastano | Giro di News

  5. Confessione: immagino di poter biasimare la mia semfobica avversione alla fantascienza e in particolare alle storie postapocalittiche per questo, ma il fatto è che ho sempre detestato scoprire che il mondo immaginario e medievaleggiante di cui leggevo era in realtà un altro pianeta con gli alieni/un lontano futuro postatomico della Terra/un lontano futuro postatomico di un altro pianeta con gli alieni…
    Ma come! Mettevo ogni cura nell’evitare come la peste altri pianeti, alieni e futuri postatomici – e me li contrabbandavano nascosti sotto uno strato di draghi, maghi & spade? Orrore e tradimento! Era come trovare un r. vivo in una tazza di fragolette di bosco, non so se mi spiego.
    Then again, immagino che non siamo in tantissimi a provare una semifobica avversione eccetera…

    • In effetti, conosco una sola persona che abbia iniziato a leggere fantascienza, in tenera età, e con Chelsea Quinn Yarbro.
      Io credo sarebbe necessaria una terapia riabilitativa, a questo punto.

  6. “un gruppo che preserva competenze superiori, ma per questo motivo è disprezzato dalla maggioranza.”. In pratica è la storia dei dottori di ricerca italiani.

  7. “… gli editor avevano un peso maggiore rispetto ai ragazzi del marketing …” ( i vampiri erano creature immortali ma poi arrivarono i (ragazzi del marketing …).

  8. Purtroppo non l’ho mai letto, anche se nomi come McCaffrey e Pern non sono nomi sconosciuti. Ma se una volta iniziare saghe infinite mi pareva la cosa migliore che, da lettore, potessi fare, adesso confesso che l’idea di storie in più volumi mi rimane un pò indigesta (senza un reale motivo, meglio una sola storia lunga ma buona che tante corte e dimenticabili). Tanto per dire, ho ancora a metà sia il ciclo di Hyperion che quello di Dune (ebbene sì, anche Dune).
    Visto che indichi come indispensabili i primi tre, però potrei anche cercare di scovarli e incastrarli da qualche parte.

  9. Ho i primi sei romanzi nell’edizione Fanucci, quindi con la traduzione della Rambelli. L’ultimo fu pubblicato nell’82 (il primo nel 1975, e credo di averlo avuto in regalo uno/due anni dopo).

    Un ottimo lavoro di world building, e un Hugo sicuramente meritato (iirc, ex-aequo con Riders of the purple wage di PJF)

    Alcuni personaggi decisamente memorabili. Ormai non ricordo più i nomi dei draghi, ma quello di F’nor era un marrone 🙂

  10. Lessi i Delfini di Pern e mi piacque molto, forse sono scemo mio ma adoro la loro pignoleria nel definirsi Mam’feri e non pesci.

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