Molto dipende dal carattere delle persone, ovviamente.
Persone diverse, comportamenti diversi, diverse necessità.
Una cosa che ho scoperto qualche anno addietro, riguardo al mio modo di scrivere, è che avere dei traguardi e delle “metriche” come le chiamano alcuni, mi aiuta a restare a fuoco durante il levoro di scrittura. Scrivere di più, se non necessariamente meglio (anche se ci si prova).

Questo è uno dei motivi per cui può sembrare, ai più rilassati fra i miei lettori, che io abbia una specie di ossessione per il numero delle parole, e nello specifico il numero di parole all’ora, o al giorno.
Un commentatore, molti anni addietro, si domandava – immagino in senso retorico – se la mia fosse scrittura o un lassativo.
E no, anch’io non ho idea di cosa volesse dire, o in che modo fosse in relazione con la sua scelta (lecitissima, e molto strombazzata) di scrivere “solo una buona pagina di prosa al giorno”.
E potrei aggiungere, contento lui…
Il numero di parole per me è importante perché gli editori anglosassoni – che sono quelli che pagano per il mio lavoro – misurano (e pagano) le storie sulla base del numero di parole.
In Italia si preferiscono le cartelle o le battute.
È solo una questione di diverse unità di misura.
“Una buona pagina di prosa la giorno” sarebbero circa 450 parole, o 2000 battute.
Misurare e tabulare il volume della propria produzione non è mero feticismo, ma aiuta a capire certi aspetti del nostro modo di scrivere.
Scriviamo di più, in termini di parole all’ora (ad esempio) se scriviamo di sera o durante il giorno?
Scriviamo di più, su base oraria, se affrontiamo una singola sessione, o se facciamo delle pause?
E quante pause? Ogni quanti minuti?
Potrebbero essere dettagli importanti da conoscere.
Un altro aspetto della mia produzione che ho iniziato – per necessità – a tabulare, a partire dal 2018, è il numero di proposte spedite agli editori.
Storie, articoli, traduzioni… una misura del mio output, anno per anno.
La necessità nasce dal fatto che le storie spedite vengono rifiutate, e tocca spedirle altrove – e dopo un certo tempo ci si scorda se quella specifica storia l’abbiamo già spedita a quella specifica rivista.
Serve un registro, perché non è bello spedire due volte la stessa storia allo stesso editor.
Terribilmente poco professionale.
E a questo punto, se tengo un registro per i racconti, tanto vale mettere a registro tutto il resto.
Gli articoli, che di solito vengono scritti su richiesta e quindi non verranno (si spera) rifiutati, le traduzioni, ecc.
Guardando questi numeri, vedo che nel periodo 2018-19 ho spedito via 72 lavori.
92 nel 2020.
88 nel 2021.
E ad oggi, nel 2022, 39.
Nel 2020 mi ero ripromesso di arrivare a 100 per l’anno successivo – non ce l’ho fatta.
Ed è estremamente improbabile che io ci riesca quest’anno.
Ma allora, guardiamo una misura diversa – e no, non sto parlando delle storie accettate rispetto a quelle spedite – diciamo che da quattro anni viaggio su un 25-35% di storie accettate, e va benissimo così.
No, guardiamo il numero totale delle parole spedite via, anno per anno.
- 2019 – 205528
- 2020 – 290470
- 2021 – 330528
- 2022 – 383180 (ad oggi)
Cosa è cambiato?
Nel 2022 ho consegnato due romanzi, ed una lunga campagna per un gioco di ruolo, a tre diversi editori – e quello conta per quasi 200.000 parole.
Per cui no, non arriverò a 100 proposte agli editori, ma mi posso dire ragionevolmente soddisfatto di come la mia produttività stia evolvendo.
E notate che quei numeri si riferiscono al numero di parole in storie, articoli o traduzioni proposti agli editori, non scritti durante l’anno – ci sono cose spedite nel 2022 che erano state scritte nel 2021 ecc.
E non sono naturalmente le parole pubblicate.
Per quelle, il traguardo resta quello di Walter B. Gibson, che in media pubblicava un milione di parole l’anno. Ma erano altri tempi, e lui era Walter B. Gibson.
Certo, resta il problema del lassativo, ma credo che non lo risolverò mai.
7 agosto 2022 alle 4:09 PM
Non voglio dare troppo contro ai tuoi critici e/o eventuali detrattori ma è palese la differenza tra chi ha un atteggiamento del tutto professionale nei confronti dell’attività di scrittura a chi vive nella dimensione della medesima ma senza l’esigenza di mangiare tramite essa!
7 agosto 2022 alle 4:38 PM
Magari è anche solo l’incapacità di accettare che ci possono essere persone che fanno le cose diversamente da noi.
È un atteggiamento che porta a un sacco di problemi.
8 agosto 2022 alle 2:16 PM
Forse è solo per parteggiare, ma non vedo niente di grave nel tenere traccia del proprio lavoro, e misurarlo.
“La buona pagina di prosa” è per caso la versione letteraria del self-made man con l’attico a Dubai?
8 agosto 2022 alle 4:34 PM
Non lo so, credo sia roba da scrittore che scrive di notte, in locali fumosi, mentre un quartetto jazz suona Mingus, e donne bellissime si rotolano ai suoi piedi, ma lui le ignora perché arde del sacro fuoco.
Ma potrei sbagliare, eh…
8 agosto 2022 alle 6:30 PM
Povere donne bellissime, costrette a rotolare ignorate tra gli spazi angusti tra i tavolini dei locali fumosi.
8 agosto 2022 alle 6:42 PM
È uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve fare.
8 agosto 2022 alle 7:09 PM
Infatti. Sai i pavimenti lerci.
8 agosto 2022 alle 7:18 PM
La cenere di tutte quelle sigarette.
Le cicche.
Le birre rovesciate sul pavimento…
8 agosto 2022 alle 7:21 PM
Pagine e pagine di prosa non abbastanza eccelsa e strappate, appallottolate da una mano mai doma…
8 agosto 2022 alle 7:24 PM
Cartucce usate di vecchie penne stilografiche Aurora.
8 agosto 2022 alle 9:39 PM
Mi scuserai, ma non posso rendere l’onore di una Aurora tra le mani del nostro: al massimo una biro mangiucchiata di qualche salumeria, così vecchia che non c’è il prefisso del numero di telefono.
Piuttosto, guardando bene nell’angolo sotto le sedute in fondo, dove nessuna scopa dei garzoni arriva mai, si potrebbero riconoscere le tracce dell’ultimo spettacolo (con annessa retata) di Lenny Bruce, prima che diventasse il suo sosia cattivo: un’ancia spezzata di sassofono e l’innesto metallico di una vecchia siringa di vetro.
8 agosto 2022 alle 5:29 PM
Io credo che controllare e valutare il lavoro fatto, o il percorso fatto, sia sempre utile, in tutti i campi. A me non sempre riesce, perché sono (sempre stata) piuttosto discontinua, ma quando lo faccio, mi serve. Buon lavoro!
9 agosto 2022 alle 12:32 AM
Io faccio ricerca all’università e mi sono accorto (anche grazie a questo blog) che la scrittura di un articolo ha molti punti di contatto con la scrittura di narrativa. In particolare le fasi di accumulo, flusso e rilascio. Da quando me ne sono accorto non mi faccio il sangue cattivo nelle fasi di rilascio perché non sto producendo, anzi magari ne approfitto per riposarmi un po’, mentre nella fase di flusso cerco di lavorare il più possibile perché so che non durerà a lungo.
Ora lavoro meglio, produco di più e ho lasciato alle spalle il senso di colpa delle giornate in cui non riesco a buttare giù una parola, per dire quanto sia importante conoscere i propri ritimi.
Ben vengano i numeri! 🙂
9 agosto 2022 alle 2:23 PM
Questo è il genere di feedback che vorrei avere se io tenessi un corso di scrittura.
Ma io non tengo un corso di scrittura.
Grazie comunque!