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Le storie della politica

Image.ashxIl sottotitolo di Cracking the Code è How to Win Hearts, Change Minds, and Restore America’s Original Vision.
Il che lo fa suonare un po’ come certi manualini furbetti su come farsi degli amici o come rimorchiare a colpo sicuro.
Una certa diffidenza, quindi, è abbastanza giustificata.
Ma è un libro di Thom Hartmann, e Thom Hartmann è l’autore vivente che in questi ultimi due anni mi ha venduto più libri.
E ne ho parlato spesso.

Cracking the Code è un libro che parla di comunicazione, di narrativa e di politica.

Da tempo Hartmann è uno dei sostenitori di quella teoria – che possiamo ormai tranquillamente considerare verificata – secondo la quale, a partire dalla fine degli anni ’70, una certa politica, ed una certa fazione politica in particolare, ha imparato a manipolare il consenso, utilizzando una scatola degli attrezzi che pesca nella psicologia, nel marketing e nella linguistica*.

Thom Hartmann sostiene che le idee politiche siano al loro nucleo delle storie – macchine, costrutti che noi usiamo per spiegarci la realtà, e che al contempo riassumono una visione del mondo, e diffondono, una visione del mondo.
Concentrandosi sugli USA, l’autore illustra come le due narrative – quella conservatrice e quella liberale, risalgano a Hobbes e Locke, certo, ma abbiano preso una strana piega negli ultimi trentacinque anni.

Ed è analizzando il linguaggio della narrativa – e i discorsi pubblici e i testi di personaggi quali Thomas Jefferson, Newt Gingrich, John F. Kennedy, Ronald Reagan, George Bush Sr., F. D. Roosevelt e molti altri, Hartmann illustra come tecniche ben precise di comunicazione siano entrate poco per volta nel linguaggio della politica, e come sfruttando questi sistemi, a partire dall’era Reagan, i conservatori americani abbiano prima modificato la propria narrativa basilare, e poi l’abbiano diffusa, rimpiazzando quella che era la narrativa dei Padri Fondatori.

È stato portando gli americani a pensare in maniera diversa alla propria natura di cittadini, sostiene Hartmann, che certe idee sono diventate accettabili, certi risultati elettorali si sono realizzati, e la storia recente ha preso una certa piega.

Il libro si propone quindi di ripristinare alcuni dati di partenza – recuperando le due originali narrative, conservatrice e liberale; e poi fornendo al lettore ed al cittadino gli strumenti per riconoscere la propaganda e la manipolazione, e rispondere ad essa.
In questo senso, il sottotitolo perde il suo sospetto di farloccaggine, e diventa quasi un elemento programmatico – l’idea è di ripristinare lo spirito costituzionale originario alla politica americana.
Mica robetta.

Dall’analisi dei testi di riferimento, si passa allora all’analisi delle strategie di comunicazione, dei meccanismi neurologici, dei trucchi del mestiere di narratori di strada, di vecchi pellirosse, e di altri personaggi improbabili.

In questa carrellata – di poco più che 270 pagine – entrano la storia, la letteratura, le scienze sociali e mediche, e non mancano gli aneddoti personali dell’autore.
Il testo è chiaramente schierato ma – come al solito – essendo schierato dalla mia parte, alla fine non è che mi infastidisca troppo.
Il tono di voce di Thom Hartmann riesce comunque a rendere la lettura piacevole e divertente.

Non so esattamente cosa mi aspettassi nell’acquistare questo volume – Hartmann mi ha finora venduto due testi di divulgazione scientifica, uno studio sugli effetti terapeutici del camminare, e una storia dell’economia americana dal dopoguerra a oggi… ma nel complesso, è stata una bella sorpresa.

Applicare le osservazioni sempre piuttosto americanocentriche di Hartmann alla realtà nazionale non è troppo difficile – e se cambiano le date, i nomi e la numerazione delle leggi, il succo della faccenda è sinistramente riconoscibile.

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* Annoto qui che su questo argomento la BBC fece un bellissimo ciclo di documentari intitolato The Century of Self, che trovate tutto su YouTube e che è criminale ignorare.