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Mappe mentali

10 commenti

Mi è capitato in questi giorni di andare a sbattere contro una conseguenza piuttosto negativa (a mio parere) dell’uso delle mappe mentali.
Visto che lo strumento del mind mapping sta prendendo piede in parecchi ambiti diversi (lo utilizzo ormai sia per il lavoro che per le attività non-professionali), mi pare il caso di rifletterci un po’ sù.

Cominciamo dalle basi: cos’è una mappa mentale – è uno schema fortemente grafico sul quale riporto tutti gli elementi che compongono il mio progetto, disponendoli secondo ramificazioni gerarchiche a partire dal nucleo.
Il nucleo può essere l’high concept della mia sceneggiatura (per high concept si intende la singola frase che da sola incapsula tutto il film – tipo, “Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito sono fratelli gemelli in cerca della loro mamma”), il tema del mio racconto o il fuoco della mia ricerca, il tema della mia serata in birreria o la traccia della prossima partita a D&D.
Da questo punto di partenza si dipartiranno diversi percorsi, ciascuno dei quali traccerà uno degli aspetti del progetto.
Per una storia, dovrò mappare personaggi, situazioni, scene, location, idee sfuse…
Per un progetto di ricerca dovrò definire materiali, metodi, tempistiche, bibliografia, collaborazioni esterne e quant’altro.
Posso incrociare i rami, conenttere elementi molto lontani.
In poche parole posso trasformare le mie idee in oggetti quasi-materiali, e manipolarne le relazioni spaziali/concettuali.

Wow.
Con uno strimento per la mappatura mentale posso farmi il curriculum, o delineare una ricetta, o impostare la tesi di dottorato.

I software (per chi non si accontenta di carta e bloc-notes) sono parecchi.
Restando al dominio  del free/open source, FreeMind è considerato lo standard, scritto in Java e quindi multiplatform; su Linux, VYM (View your Mind) è una solida alternativa, con la possibilità di esportare le mappe in formato web-friendly.
On-line c’è Mindmeister, che gira nel browser senza bisogno di plugin; in alternativa, Mindomo è un altro tool on-line.
Varie altre opzioni, opinioni e prove su strada sono disponibili sul sito di Lifehacker, oltre che sulla solita Wikipedia.

Detto tutto ciò – cosa potrebbe andar male?

In primo luogo, c’è il solito problema di voler introdurre uno strumento nuovo in un ambiente in cui ancora il computer lo chiamano calcolatore e lo guardano con sospetto.
Trattare con i neofili, che adottano ogni novità essenzialmente è molto cool, potrebbe addirittura essere peggio – perché la linea che separa atteggiamento ipercritico ed atteggiamento acritico è sottilissima.
Ma questo non è un problema delle mappe di per se.

Inerente invece la mappa mentale, ed estremamente insidioso, è il rischio di farsi prendere la mano.
Tracciare troppi rami, scendere troppo nel dettaglio, creare troppe connessioni, per cui alla fine, anziché semplificarmi il lavoro, me lo complico.
I dettagli veramente importanti si perdono nella quantità di minuzie inutili.
I percorsi possibili diventano troppi, e prendere una decisione sul percorso da seguire diventa impossibile.

Connesso a questo primo problema c’è quello di cedere alla tentazione di confondere la mappa col territorio – e spendere lunghe ore a riarrangiare i concetti sulla carta invece di cominciare a lavorare davvero.
Un po’ come certe ricerche vengono soffocate dalla raccolta della bibliografia, alcuni progetti possono incepparsi per eccessivo lavoro di mappatura.

Legato invece all’inesperienza dell’operatore è il rischio di confondere i livelli – e dare perciò pari peso e importanza a fattori diversi e non paragonabili.
Il rischio si moltiplica quando la mappa passa di mano in mano, fino ad arrivare a qualcuno che non ha tuttele informazioni necessarie per valutare certi elementi personali del mappatore.

Perché, e qui forse sta il vero problema, è pressocché impossibile standardizzare le mappe, e ciascun operatore creerà una mappa diversa – apartire dallo stesso progetto – a seconda del proprio approccio al lavoro, della propria percezione delle priorità, e del proprio senso artistico.
Poiché come ci ha detto Tony Buzan (l’avete guardato il video?), inventore delle mappe, la mappa rappresenta ciò che sta capitando nella nostra testa…

E per chiudere, un video in italiano…

Compito a casa, confrontare i 6 minuti in italiano con i 5 in inglese.
Porsi una domanda.
Darsi una risposta.

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Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

10 thoughts on “Mappe mentali

  1. L’argomento è interessante :).

    Le mappe mentali mi sono sempre sembrate uno strumento utile ed effettivamente non avevo badato finora alle critiche che hai delineato in quest’articolo.

    Dimmi se ho capito bene, stai dicendo che l’implementazione delle mappe mentali (in ambiti vari) può venire snaturata da determinati metodi (come farsi prendere troppo la mano).
    Ma stai dicendo che questo è un problema insito nelle mappe mentali o è un problema che potrebbe generare la mappa mentale nelle mani sbagliate?

    Mi interessa capire meglio se tu sei pro o contro alle mappe mentali in sé e perché.
    Ciaus ;).

  2. Io le uso e le trovo comode e utili.
    Non so se sarei in grado di utilizzarle per prendere appunti durante una lezione (io sono per il vecchio sistema di liste e annotazioni), ma come primo passo nello sviluppo di un progetto, sono preziose.

    Il rischio è in parte insito nella mappa – che ti facilita nello spaccare il capello in quattro, scendendo nel dettaglio all’infinito – ma richiede una certa predisposizione.
    Insomma, un personaggio che già normalmente tende ad esagerare nel raccogliere dati e annotare minuzie, con le mappementali rischia di perdersi completamente.

    Se poi la mappa arriva nelle mani di uno che non ha idea di come filtrare l’informazione, è la fine.
    Questo è importante da tener presente quando si collabora.

    Quindi, come al solito, gli strumenti sono neutri ma possono favorire cattive abitudini.
    E vanno usati perciò con una certa cautela.

  3. La questione dello “scendere troppo nel dettaglio” mi fa pensare a Prezi: http://prezi.com/ dove per l’appunto si rischia di cadere nella trappola dello zoom e di annidare concetti dentro concetti ecc., con elementi che al livello di zoomata di partenza sono del tutto invisibili (la visione d’insieme diventa inutile).

    Guardando il video italiano mi sono posto la domanda: dove sono le immagini alle quali fa riferimento la persona che parla?

  4. Non conoscevo Prezi – sarà da esplorare, perché l’idea è buona, se affrontata con autocontrollo…

    Quella delle immagini è già una bella domanda.
    Il fatto poi che in 6 minuti dica un ventesimo di ciò che Buzan dice in cinque dà molto da pensare.

  5. Come la signorina italiana del video insomma… Che parla parla ma solo per vendere il suo corso 😉

  6. Il video italiano non dice niente: parte dal presupposto che la mappa è la soluzione, mentre per Buzan la soluzione è il cervello.
    Il problema che sollevi è insito nelle mappe mentali: l’ho riscontrato con i miei alunni quando ho cercato di far fare loro le mappe mentali.

  7. Bentrovato, Alessandro.
    È un piacere scoprire che qualcuno sta almeno provando ad introdurre il metodo nel nostro sistema scolastico.
    Certo, il rischio di farsi prendere la mano è forte.
    Molto forte.

  8. Uh, come nota assolutamente personale, aggiungo che Buzan, in quei cinque minuti, si dimostra un asso nella comunicazione.
    Spiega benissimo.
    Se le mappe mentali fanno questo effetto, dovrò farne di più.
    Però ho come il dubbio che sia inventare le mappe, a fare questo effetto… 😛

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