Parliamo di qualcosa di completamente diverso.
In queste afose e soffocanti notti d’estate, ho trovato un poco di respiro guardando una cosa intitolata Detectorists.
La BBC la fiscalizza come situation comedy, ma … beh, giudicate voi.
La trama in tre parole: Lance e Andy sono due sfigati, uno fa il carrellista ai mercati generali e l’altro fa l’uomo di fatica per il comune di Danebury per pagarsi l’università. Entrambi condividono l’hobby della ricerca col metal detector, e trascorrono il tempo libero per i campi dell’Essex, in cerca di fantomatiche sepolture sassoni.
Ed è più o meno tutto qui.
Certo, Lance è stato lasciato dalla moglie, e Andy ha una fidanzata che non si cura del suo hobby, e poi ci sono gli altri membri del Danebury Metal Detecting Club, e gli odiosi membri del club rivale. E il contadino sciroccato coi cani invisibili che forse ha sepolto la moglie in uno dei suoi campi.
È una serie piccola.
Piccola perché breve – due stagioni, per il momento, da sei episodi ciascuna, più un Christmas Special. La terza stagione è in lavorazione, e poi basta, finisce lì.
Piccola perché ambientata in unpaesotto della provincia.
Ma piccola anche per la storia, che è quotidiana, domestica, tranquilla – anche quando i cani invisibili scompaiono.
È estremamente inglese, e mi sono reso conto, pochi minuti fa, mentre mettevo giù queste righe, che questa è una serie su dei nerd, o se preferite dei geek.
Ma quelli veri.
Persone con delle vite piccole e delle passioni strane, che prendono sul serio. Storie un po’ ridicole e un po’ tristi, senza risate registrate in sottofondo, senza l’odioso effetto da freakshow di certe situation comedies americane, senza citazionismi e strizzate d’occhio al pubblico.
Uno spettacolo di classe, fatto con pochissimi soldi e un cast meraviglioso.
Si rimane impressionati, nel guardare queste puntate, dalle capacità narrative di Mackenzie Crook, che alcuni riconosceranno come un comprimario nei film della serie dei Pirati dei Caraibi, e che qui fa da autore e regista, oltre a interpretare lo stralunato Andy.
Andy che però nel corso delle due brevi stagioni riesce a prendersi una laurea, e ad andare avanti. Perché questi personaggi, che provano con una canzone folk a riconquistare la moglie che di essere riconquistata non ha nessuna voglia, che si trovano al pub e che passeggiano per i prati col loro metal detector, sono comunque reali. Non macchiette, non stereotipi, non sagome di cartone.
Hanno una vita, ed è una vita della quale, attraverso questi pochi episodi da trenta minuti, scopriamo ci importa.
Così come ci importa dei cani invisibili, e dell’oro di re Sexred e dei suoi sassoni.
Lance e Andy e i membri del Danebury Metal Detecting Club non hanno vinto.
Ma sono vivi, e sono veri.
È così che si fa.
(e avendo parlato di geek, non può mancare un pezzo dei They Might be Giants)
27 giugno 2017 alle 9:30 AM
Una cosa che ho notato io, infatti, è che i personaggi sono scritti così bene, e interpretati in maniera eccelsa, che non si necessitano 40 episodi da 60 minuti per conoscerli e affezzionarsi a loro.
Sarebbe una serie da studiare prima di voler fare una commedia. Sempre se la si vuol fare intelligente…
27 giugno 2017 alle 11:47 AM
Sì, la scrittura e la caratterizzazione sono straordinarie.
È davero un modello da imitare – ma noncredo che qui si corra il rischio che qualcuno lo imiti.
27 giugno 2017 alle 3:35 PM
Ma neppure gli Yankee, che preferiscono le risate registrate e le battute a doppio senso
27 giugno 2017 alle 4:15 PM
Quella delle risate registrate è una delle cose più snervanti della TV americana – e ci fu un tempo in cui nel doppiaggio da noi le cancellavano, ora invece niente.
Così non ci sbagliamo e non ridiamo nel momento sbagliato.
Che orrore.
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