strategie evolutive

ciò che non ci uccide ci lascia storpi e sanguinanti

Dialoghi

5 commenti

OK, l’avete visto in giro, probabilmente ne avete sentito parlare in rete: Amazon si appresta ad attivare una funzione che permetterà di commentare le recensioni.

Io ho già detto la mia altrove, e la riassumo qui: no.
Le recensioni esistono per chi legge, non per chi scrive.
Quando ci si riesce, si ringrazia sempre pubblicamente chi ci recensisce – anche quando è ostile – ma non si commentano le recensioni.
Vi piacciono le regole della scrittura?
Beh, questa è una regola1: non si commentano le recensioni.

La discussione sul nuovo servizio Amazon ha tuttavia portato in luce un’altra faccenda complicata.
Molti autori infatti hanno visto nella possibilità di commentare le recensioni una opportunità per avviare un dialogo con i miei lettori2.

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Davvero?

Vediamo…
Un mio lettore, sopravvissuto alla lettura di Avventurieri sul Crocevia del Mondo, gli ha appioppato cinque stelline su Amazon e ha scritto…

Una girandola di aneddoti e resoconti che dimostrano come la realtà superi l’immaginazione, raccontati con gusto e con la giusta dose di informazioni su luoghi, tempi e personaggi incredibili, ma veri.

Mi fa piacere?
Diamine, certo!
Al punto che lo uso per farmi promozione in giro per la rete (qui sopra, ad esempio).

Ma cosa diavolo posso commentare, per instaurare un dialogo con questo lettore soddisfatto?

Grazie! Mi fa piacere che il mio saggio ti sia piaciuto!
Quali altri libri ti piacciono? Mi consiglieresti qualcosa da leggere?
Hai voglia di raccontare al mondo quali sono le parti migliori del mio libro?

442533572b2218a8750d4a7de5e738eePer cortesia.
E poi chi lo dice, che questo lettore sia interessato a dialogare?
E se mi rispondesse…

Piantala di perder tempo e vedi di finire **Avventurieri delle Profondità Marine**!

Potrebbe succedere.
Succede, in effetti.
No, non succede molto spesso a me, ma conosco autori ai quali i lettori stressano (sì, stressano) per avere alla svelta il prossimo volume della serie.
E non parlo solo di George R.R. Martin.

E ora, prima che qualcuno si metta a piangere, non confondiamoci – i lettori sono importanti, perché sono quelli che ci pagano i conti.
Costruire un rapporto è importante – di più, è indispensabile.

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La base di questo rapporto non dev’essere una forma di cultismo3, ma dev’essere una semplice sicurezza – i miei lettori devono essere sicuri che ciò che darò loro in futuro li divertirà e li sorprenderà, e io devo essere (ragionevolmente) sicuro che loro scuciranno i soldi del biglietto d’ingresso, e spenderanno il loro prezioso tempo libero per leggere le mie storie.
E magari poi spargere la voce.
Il rapporto autore/lettore è tutto qui.

Poi, al di là di questo, esiste una varietà di strumenti con i quali chi scrive può comunicare e scambiare idee con i propri lettori.
C’è Facebook, c’è Twitter, c’è G+ (per chi lo usa), ci sono forum e social network specializzati.
Ci sono i blog.

Ecco, io coi miei lettori ci dialogo, al limite, nei commenti del mio blog.
Fermo restando che non devo spiegazioni o giustificazioni a nessuno, per ciò che ho scritto e per ciò che scriverò.
E comunque ho già un editor. O quattro.
Però, sì, ok, facciamo due chiacchiere, volentieri…

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Io però, onestamente, cerco un dialogo come blogger, non come scrittore.
Ciò che ho da dire ai miei lettori, quando scrivo, è scritto nel libro.
Vi piace? Mi fa davvero piacere.
Non vi piace? Succede, non si può piacere a tutti. Magari vi piacerà di più il prossimo.
Sono assolutamente certo che il prossimo vi piacerà di più. Voi no?

Il blog è una cosa diversa – è uno strumento interattivo, ha poco senso (a mio parere, naturalmente) senza uno scambio di idee.
E capisco che possa esserci una certa confusione, perché si tratta – nel mio caso come per molti altri – di uno strumento che uso anche per promuovere ciò che scrivo.

Il vero problema, e me ne rendo conto, è quello dell’asimmetria.
Voi siete tanti, io sono solo – ma sono io ad avere il controllo.
Io decido cosa scrivere, dove e come pubblicarlo. Io decido i temi dei miei post4, io approvo i commenti, rispondo quando posso e a chi voglio, e mi assumo la responsabilità di bannare chi mi pare.
È terribilmente antidemocratico, tutto ciò?
5.

Ma davvero rispondere a una recensione mi permetterebbe di avviare uno scambio costruttivo con i miei lettori?


  1. una regola che tutti hanno infranto almeno una volta – e tutti hanno avuto modo di pentirsene. 
  2. idea che probabilmente nasce da quelle scene che si vedono ne La Signora in Giallo, con la Signora Fletcher che tiene dotte conferenze davanti ad un pubblico estasiato, e poi firma copie e chiacchiera amabilmente con i lettori. 
  3. in tanti, là fuori, hanno scoperto a proprie spese che i cultisti fanno un sacco di baccano, ma di solito non comprano i libri. 
  4. ma c’è sempre, naturalmente, il Piano Bar del Fantastico. 
  5. È per questo, tra l’altro, che a partire dal 2013 (non chiedetemi perché dal 2013) una fetta dei commentatori, su una quantità di blog, sono scomparsi, portando ad un generale calo nei commenti: si sono aperti il loro blog, dove sono loro a prendere le decisioni. 

Autore: Davide Mana

Paleontologist. By day, researcher, teacher and ecological statistics guru. By night, pulp fantasy author-publisher, translator and blogger. In the spare time, Orientalist Anonymous, guerilla cook.

5 thoughts on “Dialoghi

  1. Pingback: Ti recensisco la recensione | Book and Negative

  2. Per non parlare di quello che succede se la recensione è negativa. Anche lo scrittore più rilassato e sicuro di sè si sente in dovere di difendere il proprio lavoro dalle critiche, specialmente se le ritiene infondate. E – guarda un po’ – siccome ha scritto quello che ha scritto come lo ha scritto, è ovvio che è convinto di aver fatto bene, quindi la critica è infondata per forza. Bisogna domostrare che il recensore si sbaglia. Ne nasce un botta e risposta che presto prende la piega della polemica. Del tutto sterile. E pallosa per chiunque non siano i diretti interessati, aggiungerei.
    Le critiche (positive o negative) vanno accolte in silenzio, messe lì in un angolo e quando si raffreddano un po’ e non scottano più tanto, si comincia a rigirarsele per le mani, chissà che ne esca qualcosa di buono.

  3. Articolo interessante, come sempre. Una cosa che Martin&c non dicono mai, è che se lo sono andati a cercare! Un libro non auto conclusivo, ma che allunga il brodo per svariati volumi, ogni volta piazzando un cliff-hanger per invogliare, se non obbligare, il lettore ad attendere e leggere il volume successivo, automaticamente genera aspettative, a volte anche qualcosa di più.
    Aggiungamo, come nel caso di Martin, che uno scrittore possa essere parecchio sovrappeso e di una certa età.. e si hanno dei fan iniziano sulle spine.
    Tutto questo dando per scontato che in generale il fandom è un male, e i fan-atici tendon ad avere torto per principio 🙂

    Detto questo, la maggior parte degli scrittori di professione, nel senso di scrittori la cui unica fonte di reddito fosse la scrittura di romanzi, ai bei tempi non si potevano permettere di scrivere un libro ogni 5 anni, ma spesso dovevano produrre più libri all’anno(*), pensiamo a Simenon, per cui fa sorridere che uno scrittore inizi a sentire la pressione quandi i fan dopo un paio d’anni chiedono un nuovo libro. Meglio i fan, o le bollette? 😀

    (*) A discapito della qualità, in certi casi. Come accadde a Palahniuk, incrementando la frequenza ha fatto affossare la qualità. Forse ogni autore può pubblicare un buon libro con una frequenza massima, variabile da autore ad autore. Pubblicando a frequenza maggiore inevitabilmente non si fa altro che inserire libri brutti fra un libro buono ed un altro.

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